CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2022, n. 26383
Tributi – IRPEF – Soggetto residente in Germania – TFR riferito ad attività svolta in Italia presso datore di lavoro italiano – Tassazione in Italia – Legittimità
Ritenuto in fatto
1. S.N. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa la cartella di pagamento con la quale veniva richiesto il pagamento dell’imposta Irpef dovuta sui redditi soggetti a tassazione separata per trattamento di fine rapporto erogato dalla società L.R. nell’anno 2006.
2. La CTP accoglieva il ricorso e la Commissione Regionale della Sicilia, sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate, rigettava l’appello, rilevando che il contribuente era già stato oggetto di accertamento fiscale, per il 2006, in Germania, nazione dove era residente dal 2004, e conseguentemente non poteva essere nuovamente soggetto a tassazione in Italia per il medesimo reddito di lavoro dipendente.
3. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi ad un unico motivo. Il contribuente non ha svolto difese.
Ritenuto in diritto
1. Con il motivo di impugnazione la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 23, comma 3, lett. a), del TUIR, in relazione all’art. 360, comma 1, nr. 3, c.p.c.; si sostiene che la CTR abbia errato nel non ritenere la prevalenza del criterio previsto dall’art. 23 del TUIR della residenza in Italia del datore di lavoro. Si lamenta, inoltre, la difesa erariale del fatto che l’impugnata sentenza non abbia tenuto conto della parte di trattamento di fine rapporto maturata nel periodo in cui S.N. ha prestato la propria attività di lavoratore dipendente in Italia, con la conseguente tassazione in Italia di tale porzione di indennità.
1.1. Il ricorso va accolto nei limiti di cui appresso. Recita l’art. 23, comma 2, lett. a), del TUIR: <<indipendentemente dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) e f) del comma 1, si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti:
a) le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto di cui alle lettere a), c), d), e) e f) del comma 1 dell’articolo 17>>.
La disciplina testè passata in rassegna, che prevede l’imponibilità in Italia del trattamento di fine rapporto corrisposto da datore di lavoro residente in Italia, deve essere coordinata con la regolamentazione pattizia prevista dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e può essere, quindi, derogata dalle disposizioni convenzionali.
In particolare, l’art. 15 della Convenzione Italia-Germania prevede che <<fatte salve le disposizioni degli articoli 16, 18 e 19, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato>>.
Alla luce di tale disposizione pattizia, per determinare il corretto regime fiscale della retribuzione e delle indennità corrisposte al lavoratore dipendente vanno utilizzati i criteri della residenza fiscale del percipiente al momento della corresponsione e del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa che ha dato causa alla erogazione degli emolumenti.
Ciò premesso, secondo i principi assolutamente prevalenti nella giurisprudenza di questa Corte, riconosciuti dalla stessa CTR, il trattamento di fine rapporto costituisce un diritto di credito a pagamento differito, il quale matura anno per anno in relazione al lavoro prestato ed all’ammontare della retribuzione, costituendo in sostanza retribuzione differita (Cass. Sez. U, n. 8625 del 23/11/1987; Cass. n. 4261 del 23/3/2001).
Il diritto all’indennità in questione, infatti, non nasce con la cessazione del rapporto di lavoro, ma costituisce un diritto che si concretizza quantitativamente anno per anno in modo progressivo, secondo il meccanismo di determinazione previsto dall’art. 2120 c.c., così come modificato dalla L. n. 297 del 1982, art. 1, con la conseguenza che, in tema di imposte sui redditi, il trattamento di fine rapporto relativo ad annualità di retribuzione corrisposte per lavoro prestato all’estero deve beneficiare dello stesso regime fiscale di non assoggettamento ad IRPEF previsto dal citato d.P.R. n. 917 del 1986, art. 3, comma 3, per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero.
Nella fattispecie in esame è pacifico che l’importo di € 485.703,00 corrisposto al contribuente si riferisce per una sua quota al trattamento di fine rapporto maturato dal dipendente per il periodo che va dal 1993 al 2006 e che S. N. solo nell’ultimo anno ha lavorato presso la sede della L.R. Srl in Germania dove era residente dal 2003, mentre per i rimanenti anni ha lavorato in Italia.
La CTR si è discostata dai suddetti principi, avendo escluso da ogni tassazione anche la quota di trattamento di fine rapporto maturato per il periodo in cui il contribuente ha prestato la propria opera di lavoratore dipendente in Italia.
3. Il ricorso va, quindi, accolto, con cassazione della sentenza e rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
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