CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2018, n. 14933
Tributi – Verifica della Guardia di Finanza – Omessa istituzione dei registri delle fatture e degli acquisti – Tardiva esibizione integrale – Assenza di pregiudizio per l’attività di controllo – Configurazione di violazione meramente formale – Esclusione delle sanzioni
la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle Entrate ha emesso, nei confronti della società S.A.T. di C.M. & C. s.n.c. l’atto di contestazione, relativo all’anno 2005, con il quale ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 6, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, di euro 34.054,00 per omessa registrazione di operazioni imponibili, nonché la sanzione pecuniaria di cui all’art. 9 del medesimo decreto legislativo, di euro 1.032,91 per omessa tenuta della contabilità, in quanto al momento dell’accesso della Guardia di Finanza non erano stati esibiti in forma cartacea i registri IVA; avverso il suddetto atto impositivo aveva proposto ricorso la società contribuente che aveva contestato che al momento della emissione del processo verbale di constatazione non erano ancora scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni annuali e che, comunque, per il periodo di imposta in questione era richiesto al contribuente che i supporti magnetici fossero aggiornati e che, su richiesta dei verificatori, il contribuente provvedesse a stampare i dati, come in effetti la società aveva fatto; la Commissione tributaria provinciale di Firenze aveva accolto il ricorso, ritenendo che, nonostante il comportamento omissivo della società contribuente, le violazioni contestate non potevano essere sanzionate, in quanto non era stato impedito il controllo da parte dei verificatori e non si era verificato alcun danno per l’Erario; l’Agenzia delle Entrate aveva proposto appello avverso la suddetta pronuncia, ritenendo che le violazioni contestate non potevano essere considerate meramente formali e perché la tardiva esibizione delle scritture (avvenuta trenta giorni dopo la richiesta) aveva costretto la Guardia di Finanza ad operare sulla base di documenti contabili la cui autenticità e certezza era pur sempre discutibile; si era costituita la società contribuente chiedendo la conferma della decisione impugnata;
la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello, confermando la sentenza impugnata, avendo ritenuto che la previsione di cui all’art. 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 non poteva trovare applicazione al caso di specie, considerato che l’inosservanza della disciplina della tenuta dei registri contabili con sistemi meccanografici e la mancata contestualità della stampa rispetto alla richiesta dei verificatori costitutiva una violazione meramente formale ove, come nel caso di specie, era risultato che le obbligazioni tributarie erano state correttamente assolte e che era avvenuta, sebbene tardivamente, l’esibizione delle scritture contabili prescritte; l’Agenzia delle entrate ricorre con unico motivo per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana in epigrafe;
la controricorrente si è costituita ed ha chiesto il rigetto del ricorso; ha inoltre depositato memoria in data 10 gennaio 2018; considerato che:
con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, dell’art. 7, comma 4-ter, del decreto-legge 6 giugno 1994, n. 357, nonché degli artt. 6 e 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., in quanto, differentemente da quanto ritenuto dal giudice di appello, l’omessa tenuta dei registri delle fatture e l’omessa registrazione di operazioni imponibili non potevano essere considerate violazioni meramente formali, pertanto le stesse dovevano essere necessariamente considerate automaticamente sanzionabili, indipendentemente da una valutazione concreta del caso specifico, proprio in quanto costituivano violazioni di obblighi che, per il fatto stesso di essere poste in essere determinavano, inevitabilmente, un pregiudizio per l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria sul corretto espletamento degli obblighi fiscali, non essendo sufficiente, alla luce della previsione normativa di riferimento, che il contribuente avesse comunque adempiuto alle obbligazioni tributarie; il ricorso è infondato;
la questione di fondo che il motivo di ricorso in esame richiede di verificare è se la previsione di cui all’art. 6, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 472/1997 trovi applicazione nel caso, come quello in esame, in cui, nonostante le accertate omessa presentazione delle dichiarazioni annuali e omessa istituzione dei registri delle fatture e degli acquisti, la contribuente abbia provveduto, anche se con ritardo, all’esibizione; ai sensi dell’art. 6, comma 5 bis, del decreto legislativo n. 472/1997, non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo;
pertanto, in tema di violazioni tributarie, l’art. 6, comma 5-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, ha definito la nozione di “mera violazione formale” non punibile ai sensi dell’art. 10, comma 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, stabilendo che essa sussiste allorché la violazione sia priva di incidenza sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo e sia inidonea ad arrecare pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo. Tali requisiti, peraltro, devono ricorrere congiuntamente ai fini della non sanzionabilità delle violazioni meramente formali;
facendo corretta applicazione della previsione in esame, la pronuncia impugnata ha ritenuto che, nel caso di specie è risultato sia che le obbligazioni tributarie erano state regolarmente adempiute sia che era avvenuta l’esibizione delle scritture contabili prescritte, ciò consentendo ai verificatori ogni più ampio controllo; si tratta di una valutazione su di una questione di merito (la sussistenza di un pregiudizio arrecato all’esercizio delle azoni di controllo dell’Amministrazione finanziaria) fatta oggetto di considerazione specifica da parte del giudice di secondo grado, non sindacabile in questa sede, se non sotto il profilo, non prospettato da parte ricorrente, dell’eventuale difetto di motivazione, censurabile ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ.;
sebbene, quindi, in astratto, l’omessa istituzione del registro delle fatture e l’omessa registrazione delle fatture costituisca condotta idonea a frapporre un ostacolo all’attività di controllo da parte della Amministrazione finanziaria, nella fattispecie concreta il giudice di appello ha escluso che il suddetto pregiudizio si sia verificato, come del resto desumibile dalla circostanza, desumibile dalla pronuncia di primo grado e non contestata dalla parte ricorrente, che gli accertatori hanno potuto effettuare un puntuale riscontro pervenendo alla determinazione analitica del volume di affari, del valore della produzione e del reddito d’impresa; pertanto, il ricorso non può trovare accoglimento, con conseguente rigetto del medesimo e condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite del presente giudizio, che si liquidano in complessive euro 4.100,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge, se dovuti.
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