CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 ottobre 2019, n. 24682
Tributi – Tributi doganali – Merci in transito comunitario esterno – Irregolarità – Sanzioni – Irrogazione – Competenza
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria, depositata rii aprile 2016, che, in accoglimento dell’appello proposto dalla C.S.I. s.r.l., ha annullato tre atti di contestazione con cui l’Ufficio, in relazione ad un’operazione di transito comunitario esterno, ha irrogato sanzioni per mancata corrispondenza della qualità e tipologia della merce spedita rispetto a quelle indicata nella relativa bolletta di cauzione.
2. Il giudice di appello ha rilevato, da un lato, che la difformità della merce dichiarata, descritta quali frigoriferi, rispetto a quella riscontrata al momento del controllo, rappresentata da condizionatori, fosse un mero errore di trascrizione, non incidente sulla esatta corresponsione di diritti doganali dovuti, dall’altro, che la competenza al recupero dei diritti doganali e all’irrogazione delle sanzioni spettasse all’ufficio doganale di destinazione (Piacenza) e non già a quello di partenza (Genova).
3. Il ricorso è affidato a tre motivi.
4. Resiste con controricorso la C.S.I. s.r.l., la quale deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente per violazione dell’art. 366, primo comma, nn. 3 e 6, c.p.c., atteso che il ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente contiene una chiara ed esauriente esposizione dei fatti di causa, comprensiva di tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo.
2. Occorre preliminarmente rammentare che la decisione del giudice di appello è sostenuta da due rationes decidendi, in quanto l’infondatezza del gravame è motivata sia con l’insussistenza della violazione tributaria oggetto della sanzione irrogata, sia con l’incompetenza dell’ufficio doganale che ha comminato tale sanzione.
2.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione dell’art. 6, comma 5 bis, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per aver la sentenza ritenuto che l’errore nella indicazione in bolletta delle merci spedite avesse carattere formale, in quanto tale e, in quanto tale, non punibile.
3. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 306, Testo unico 23 gennaio 1973, n. 43, per aver il giudice di appello escluso dall’ambito applicativo di tale norma il caso di errore nella qualità dichiarata della merce spedita non incidente sull’esatta corresponsione dei diritti doganali.
3.1. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati.
In tema di sanzioni tributarie, la violazione ha carattere meramente formale – e, in quanto tale, non è punibile ai sensi dell’art. 6, comma 5 bis, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – quando ricorrono due concorrenti requisiti, ovvero quello di non arrecare pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, di non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (cfr. Cass., ord., 23 gennaio 2019, n. 1830; Cass., ord., 6 ottobre 2017, n. 23352).
La decisione di appello non si è conformata al suesposto principio giurisprudenziale, avendo ritenuto applicabile la predetta esimente sul solo presupposto della assenza di danno all’Erario dello Stato, senza alcun esame in ordine all’idoneità della condotta della contribuente a pregiudicare l’esercizio dell’azione di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
4. Con l’ultimo motivo di ricorso l’Agenzia si duole della violazione degli artt. 145 e 306, T.U. n. 43 del 1973, e 356 e 361, Reg. CEE n. 2454/1993, per aver la sentenza impugnata escluso che competente a contestare la violazione tributaria e ad irrogare la relativa sanzione fosse l’ufficio doganale di partenza, ritenendo che una siffatta competenza spettasse all’ufficio di destinazione.
4.1. Il motivo è fondato.
Giova rammentare che, ai sensi delle disposizioni del codice doganale comunitario (Reg. n. 2913/1992), il regime di transito esterno consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte o alle misure di politica commerciale (art. 91).
Tale regime ha fine – e le obbligazioni del titolare del regime sono soddisfatte – quando, una volta che le merci vincolate a tale regime e i documenti richiesti sono presentati in dogana all’ufficio doganale di destinazione, l’ufficio di partenza constati, in base al confronto dei dati a sua disposizione con quelli trasmessi dall’ufficio di destinazione, che il regime sospensivo si è concluso in modo corretto, procedendo, conseguentemente, al relativo appuramento (art. 92).
Qualora, come nel caso in esame, l’ufficio di destinazione rileva differenze di qualità delle merci presentate con quelle indicate nella bolletta di cauzione, sospende il rilascio del certificato di scarico – e, dunque, non procede all’appuramento – e redige, ai sensi dell’art. 145, terzo comma, T.U. n. 43 del 1973, apposito processo verbale, anche ai fini dell’irrogazione della sanzione di cui al successivo art. 306.
Dal riferito quadro normativo emerge che la vigilanza sull’intera operazione di transito comunitario esterno e affidata all’ufficio doganale di partenza, mentre l’ufficio doganale di destinazione svolge solo una funzione di accertare la corrispondenza tra quanto dichiarato e lo stato di fatto delle merci giunte a destinazione, con la conseguenza che è il primo ufficio ad essere competente per il compimento degli adempimenti conseguenti alla presentazione della merce presso il secondo.
Non decisiva, in senso contrario, si presenta la disposizione di cui all’articolo 145, ultimo comma, Testo unico n. 43 del 1973, secondo cui qualora le merci spedite con la bolletta di cauzione non vengano presentate alla dogana di destinazione, la dogana di partenza procede al ricupero dei diritti dovuti e accerta la contravvenzione agli effetti dell’art. 305, primo comma.
Infatti, il contenuto di tale norma non consente di poter ritenere che la competenza dell’ufficio doganale di partenza si è circoscritta alla sulla fattispecie di mancata presentazione della merce in dogana, cui la norma espressamente fa riferimento, in quanto un’interpretazione a contrario non risulta coerente con i richiamati principi generali e non risulta essere sostenuta da alcun altro valido elemento ermeneutico.
A tal fine, privo di rilevanza è il dettato del terzo comma dell’art. 145, secondo cui, come già rilevato, quando si rilevano differenze in confronto della bolletta di cauzione od altre irregolarità, l’ufficio di destinazione sospende il rilascio del certificato di scarico o lo limita ai soli colli per i quali non sono state riscontrate irregolarità, redigendo apposito processo verbale, anche a fini sanzionatori.
Tale disposizione, lungi dall’attribuire la competenza all’irrogazione di sanzioni all’ufficio di destinazione, si pone all’interno di principi generali, di cui offre conferma, che attribuiscono a tale ufficio solamente una funzione di accertamento e verificazione delle merci ivi presentate e all’ufficio di partenza la funzione di controllo sulla regolare svolgimento del regime di transito, con il potere, in presenza dei relativi presupposto, di recupero dei diritti dovuti e di irrogazione delle sanzioni.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.
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