CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 aprile 2020, n. 7768
Tributi – Agevolazioni fiscali – Trasferimenti di fabbricati abitativi esenti da IVA, a favore di imprese avente ad oggetto esclusivo o principale l’attività di rivendita di immobili – Revoca – Rettifica e liquidazione maggiori imposte – Eredi – Responsabilità pro quota
Ritenuto che
1. Con avviso di rettifica e liquidazione di imposta, l’Agenzia delle Entrate revocava le agevolazioni fiscali di cui all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.p.r. n. 131 del 1986 (imposta di registro con aliquota proporzionale dell’1% e imposte ipotecarie e catastale in misura fissa) previste, all’epoca dei fatti, per i trasferimenti di fabbricati abitativi esenti da IVA, ex art. 10, primo comma, n. b-bis del d.p.r. n. 633 del 1972 a favore di imprese avente ad oggetto esclusivo o principale l’attività di rivendita di immobili.
2. Avverso tale avviso G.P. e R.C. – in qualità di coeredi di C.C., parte venditrice dell’atto di compravendita stipulato il 20/4/2006 oggetto di accertamento – proponevano autonomi ricorsi.
3. La CTR, con sentenza n. 3834/04/14 depositata l’11/06/2014, confermava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, rigettava i ricorsi introduttivi dei contribuenti.
4. Avverso tale sentenza R.C. e A.M., eredi universali del P., propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi.
5. L’Agenzia dell’entrate non ha svolto attività difensiva.
6. In prossimità della camera di consiglio i contribuenti hanno depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo i ricorrenti censurano, ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la CTR non ha indicato le ragioni per le quali, da un lato, i coeredi sono chiamati a rispondere dell’intero debito tributario del de cuius e non nei limiti della rispettiva quota ereditaria e, dall’altro, il motivo per il quale la maggiore imposta richiesta dall’Ufficio avrebbe natura suppletiva e non complementare, conseguendo da quest’ultima la limitazione della responsabilità solidale in capo alla parte venditrice.
2. Con il secondo motivo la parte contribuente deduce, ex art 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 752 754 e 1295 cod. civ. nonché dell’art. 65 del d.p.r. n. 600 del 1973 per effetto dei quali ogni erede risponde del pagamento dell’imposta richiesta dall’Ufficio nella quota pari a quella di eredità e non nella misura dell’intero.
3. I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria, sono fondati nei limiti che seguono.
I contribuenti ritengono che nel caso di specie, non trattandosi d’imposte dirette, bensì del debito ereditario conseguente al recupero nei confronti del de cuius della maggiore imposta di registro, la CTR avrebbe errato a statuire che del debito fiscale oggetto della cartella erano solidalmente responsabili tutti gli eredi e non soltanto tenuti pro quota in ragione della comune regola di cui all’art. 1295 c.c.
L’argomento è fondato, in quanto in materia di imposte indirette ed in particolare di imposta di registro, non esiste alcun principio di ordine generale che imponga la solidarietà tributaria tra gli eredi del debitore principale.
In effetti, come questa Corte ha avuto occasione di chiarire, in mancanza di norme speciali che vi deroghino, deve esser applicata la comune regola della ripartizione dei debiti ereditari pro quota di cui agli artt. 752 e 1295 c.c. (Cass. n. 22426 del 2014; Cass. n. 18451/16).
Con riferimento alla concreta fattispecie oggetto di scrutinio – non essendo in effetti applicabile la regola speciale della solidarietà dei coeredi di cui all’art. 65 del d.p.r. n. 600 del 1973, prevista per i debiti contratti dal de cuius relativamente al mancato pagamento delle imposte sui redditi; non essendo altresì applicabile la regola speciale della solidarietà dei coeredi contenuta all’art. 36 del d.lgs. n. 346 del 1990, prevista per il pagamento dell’imposta di successione e non essendo, infine, applicabile la speciale regola della solidarietà di cui all’art. 57 del d.p.r. n. 131 del 1986 che non riguarda i coeredi del debitore solidale dell’imposta di registro – deve pertanto ritenersi applicabile l’ordinaria regola della ripartizione pro quota dei debiti ereditari.
4. Infondato è invece l’ulteriore profilo che vorrebbe negare nella specie la solidarietà tributaria tra le parti contrattuali.
La parte contribuente ritiene che la CTR abbia errato nel qualificare come supplementare e non complementare la maggior imposta dovuta a seguito della decadenza dalle agevolazioni concesse in sede di registrazione e, conseguentemente, nel non applicare l’art. 57, comma 4, d.p.r. n. 131 del 1986 per effetto del quale la maggiore imposta richiesta doveva porsi a carico esclusivamente della sola parte acquirente (la società H.M. Spa) e non anche della parte venditrice, dante causa jure successionis dei ricorrenti.
L’art. 42 del d.p.r. n. 131 del 1986 prevede che «è principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso (…)».
Alla luce di tale disposto normativo non vi è dubbio che l’imposta in esame debba considerarsi come complementare in quanto, applicata successivamente, non è volta ad emendare errori o omissioni da parte dell’Ufficio in sede di registrazione ed è liquidata dall’Ufficio a seguito dell’accertata insussistenza dei presupposti di un trattamento agevolato applicato al momento della registrazione dell’atto.
Così individuata la natura dell’imposta oggetto dell’avviso di liquidazione impugnato, l’art. 57, comma 4, del d.p.r. n. 131 del 1986, prevede che «l’imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa».
Tale disposizione si pone quale deroga alla regola della solidarietà prevista dall’art. 57, comma 1, cit. e presuppone che il pagamento dell’imposta complementare sia conseguenza di un fatto imputabile esclusivamente ad una delle parti contraenti, circostanza che nel caso di specie difetta.
Per come risulta dallo stesso ricorso, infatti, entrambe le parti chiedevano, al momento della stipula dell’atto di compravendita, l’applicazione delle agevolazioni di cui all’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131 del 1986 previste, all’epoca dei fatti, per i trasferimenti di fabbricati abitativi esenti da IVA, a norma dell’art. 10 del d.p.r. n. 1633 del 1972 a favore di imprese aventi ad oggetto esclusivo o principale la rivendita di immobili. Con l’avviso impugnato l’Agenzia dell’entrate chiedeva la maggiore imposta in quanto l’immobile non era abitativo ma strumentale e il trasferimento non era stato posto in essere da soggetto Iva ex d.p.r. n. 633 del 1972; circostanze, evidentemente, non riferibili in via esclusiva alla condotta della parte acquirente così per come dedotto dai contribuenti e che comportano la responsabilità solidale del venditore, ai sensi dell’art. 57, comma 1, del d.p.r. n. 131 del 1986.
4. L’impugnata sentenza deve esser pertanto cassata nei limiti di cui in motivazione.
Peraltro, non essendo necessario accertare ulteriori fatti, la controversia deve esser decisa nel merito, e quindi statuendo la riduzione del debito di cui alla cartella in ragione delle rispettive quote ereditarie spettanti alle ricorrenti.
5. Le spese del giudizio dì legittimità seguono la prevalente soccombenza e sono liquidate come da dispositivo; compensate le spese del merito, stante il consolidarsi in corso di causa del su richiamato indirizzo interpretativo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della parte contribuente limitatamente alla responsabilità pro quota ereditaria e non per l’intero;
Condanna l’agenzia delle entrate al pagamento a favore delle ricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.000,00 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge; compensa il merito.
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