CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 gennaio 2019, n. 355

Agevolazioni tributarie – Agevolazioni “prima casa” – Compravendita – Dichiarazione DOCFA – Immobili di lusso

Ritenuto che

1. M.C. impugnava l’avviso con cui l’Agenzia delle entrate, dichiarata la sua decadenza dall’agevolazione “prima casa” di cui aveva usufruito per l’acquisto, con atto del 10.12.2007, di un immobile sito in Mozzo, considerato “di lusso” perché di superficie superiore a 240 mq., aveva liquidato la maggiore imposta di registro derivante dall’applicazione dell’aliquota ordinaria, in luogo di quella del 4%, oltre alle sanzioni.

La Commissione tributaria provinciale di Bergamo rigettava il ricorso.

L’appello proposto da C. avverso la decisione è stato accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, con sentenza depositata il 4.7.011.

Il giudice d’appello ha rilevato che il contribuente – il quale aveva ritenuto che nella superficie dell’immobile non dovessero essere inclusi i vani interrati privi di abitabilità- aveva fatto affidamento sulla propria dichiarazione DOCFA, che non era stata rettificata dall’Ufficio, nonché sulla perizia di parte depositata in uno con tale dichiarazione e sul regolamento edilizio del Comune di Mozzo.

2. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi. Il contribuente resiste con controricorso illustrato da memoria.

Considerato che

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR non ha verificato se i locali interrati, la cui superficie era stata computata al fine della qualificazione dell’immobile come di lusso, fossero in concreto abitabili.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 6 del d.m. n. 1072 del 2 agosto 1969, rilevando che la CTR è incorsa in errore laddove ha ritenuto non fosse computabile la superficie del piano interrato, di fatto abitabile perché adibita a piscina e ad altri usi diversi da quelli di cantina e posto auto, esplicitamente esclusi dalla norma di cui all’art. 6 cit..

3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il silenzio assenso serbato dall’amministrazione sulla dichiarazione DOCFA inoltrata dal contribuente le precludesse di revocare l’agevolazione.

4. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR riferito il principio dell’affidamento ad atti provenienti dallo stesso contribuente (dichiarazione DOCFA e perizia di parte) ed a normative comunali non specificamente indicate.

5. L’eccezione di inammissibilità dei motivi sollevata dal controricorrente deve essere respinta: le censure non attengono al merito della causa, ma a profili di diritto rilevanti per la decisione; le doglianze sono inoltre specifiche e consentono di comprendere appieno le ragioni per le quali è richiesto l’annullamento della sentenza impugnata.

6. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro connessione, sono fondati.

7 Questa Corte ha già affermato il principio secondo il quale, in tema di catasto dei fabbricati, con il d.m. 19 aprile 1994, n. 701, regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è stata introdotta una procedura (cd. DOCFA) per l’accertamento delle unità immobiliari, che consente al dichiarante, titolare di diritti reali sui beni, di proporre la rendita degli immobili stessi; la procedura ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto ed il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. 10 dicembre 1949, n. 1142, la funzione di “rendita proposta”, fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla determinazione della rendita definitiva. A tali dichiarazioni, pertanto, non è applicabile il principio del silenzioassenso dettato dagli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Esse, infatti, costituiscono l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo cooperativo, e non istanze tendenti ad acquisire un diritto o ad accrescere le facoltà del dichiarante. Correlativamente, l’amministrazione finanziaria non ha alcuna posizione da riconoscere, in quanto l’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta (Cass. n. 16824 del 21/07/2006). Ne consegue che non ha rilevanza alcuna la circostanza che il contribuente abbia presentato una dichiarazione DOCFA da cui si sarebbe dovuto evincere, secondo la sua prospettazione, una configurazione catastale dell’immobile confliggente con quella di immobile di lusso.

Va poi considerato che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, in tema di imposta di registro, per stabilire se una abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della “prima casa”, di cui all’art. 1, comma 3, parte prima, Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, occorre fare riferimento alla nozione di “superficie utile complessiva” di cui all’art. 6 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, in forza del quale è irrilevante il requisito dell'”abitabilità” dell’immobile, siccome da esso non richiamato, mentre quello dell'”utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione ( Cass. n. 18480 del 21/09/2016; Cass. n. 10191 del 18/05/2016; Cass. n. 25674 del 15/11/2013 ). Nel caso che occupa la CTR ha escluso dal computo della superficie utile computabile ai sensi dell’art. 6 del d.m. citato l’intero vano interrato, nel mentre avrebbe dovuto accertare in che limiti esso fosse concretamente utilizzabile per fini diversi da quelli di cantina e garage, essendo solo tali spazi, oltre a quelli adibiti a balconi, terrazze, soffitte e scale, dichiarati esplicitamente non computabili dalla norma ai fini della qualificazione di un immobile come ” di lusso “.

6. L’impugnata decisione va, perciò, cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione, anche per le spese.