Corte di Cassazione ordinanza n. 21523 del 7 luglio 2022

agevolazione prima casa 

Rilevato

che l’AGENZIA DELLE ENTRATE notificò ad ANDREA, ALBERTO DI GARBO due avvisi di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per riprese concernenti imposta di registro ed ipocatastale, per insussistenza del requisito di abitazione non di lusso per fruire dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa;

che il contribuente impugnò detti provvedimenti innanzi alla C.T.P. di Milano che, con sentenza n.. 5892/2017, accolse il ricorso;

che avverso tale decisione l’AGENZIA DELLE ENTRATE propose appello innanzi alla C.T.R. della Lombardia, la quale, con sentenza n. 3788/2019, depositata il 3.10.2019, i’n riforma della sentenza impugnata, accolse il gravame osservando – per quanto in questa sede ancora rileva – che la superficie lorda del cespite sotteso alle riprese, calcolata dall’Ufficio in 245 m2 e confermata anche dalla dichiarazione dli variazione presentata dalla precedente proprietà, non era stata specificamente contestata dal contribuente, con conseguente legittimità dei provvedimenti impugnati;

che avverso tale decisione A.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.; si è costituita con controricorso, l’AGENZIA DELLE ENTRATE;

che sulla proposta avanzata dal relatore, ex art. 380-bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

Rilevato

che con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della violazione e falsa applicazione dell’art 1 della tariffa allegata al d.P.R. n. 131  del 1986, in relazione all’art 6 del Decreto del 2.8.1969  del Ministero dei Lavori Pubblici, per non avere la C.T.R. escluso dal computo della superficie utile le soffitte, in palese contrasto con le caratteristiche descritte nell’art 6 cit.; che il motivo – il quale disvela un vizio motivazionale ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. – è inammissibile;

che in tema di agevolazioni cd. prima casa, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e, come tale, esclusa da detti benefici, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6, per il quale, premesso che viene in rilievo la sola utilizzabilità e non anche l’effettiva abitabilità degli ambienti, detta superficie deve essere determinata escludendo dalla estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta, quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina  (Cass., Sez. 6-5,,  26.3.2019,  n. 8409; Cass., Sez. 5, 31.3.2017, n. 8421);

che, costituendo parametro idoneo !”‘utilizzabilità” degli ambienti (a prescindere dalla loro effettiva abitabilità), a titolo esemplificativo, i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con accesso dall’interno dell’abitazione (e,, quindi, assimilabili ad un soppalco) e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva (Cass., Sez. 5, 21.9.2016, n. 18480); del pari, rientra nella superficie utile il sottotetto, trattandosi di locale non compreso nella predetta elencazione tassativa (Cass., Sez. 5, 21.9.2016, n. 18483).

che, in definitiva, ciò che assume rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – è la marcata potenzialità abitativa dello stesso (Cass., Sez. 5, 15.11.2013, n. 25674) e, più precisamente, l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana (Cass., Sez. 5, 20.12.2012, n. 23591);

che, tanto premesso, osserva il Collegio come la C.T.R. con una valutazione in fatto, non censurabile in sede di legittimità, ha ritenuto corretto il computo effettuato dall’Agenzia riscontrato anche dalla dichiarazione di variazione presentata dalla precedente proprietà e redatta dal professionista  di fiducia di quest’ultima, (a) sottolineando la mancanza di una specifica contestazione da parte del contribuente nonché (b) chiarendo come sia all’uopo “del tutto irrilevante che l’altezza del vano definito soffitta sia mediamente di m. 1.80 o che, al momento, sia raggiungibile con una sola scala dal vano inferiore” (cfr. motivazione, p. 4);

che con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione dell’art 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000 per non avere la C.T.R. dichiarato l’illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati, quale conseguenza dell’omessa allegazione di atti (in specie, documenti catastali) ivi richiamati;

che il motivo è infondato;

che premesso che il motivo presenta accentuati profili di genericità giacché, rispetto alla pretesa tributaria basata sull’attribuzione della qualifica di immobile di lusso quale emerge dalla oggettiva consistenza catastale dell’immobile, non viene mai individuata la concreta lesione del diritto di conseguente     alla     mancata     allegazione,  agli   avvisi di liquidazione,  degli atti in questione  (cfr. anche  infra), va comunque   osservato che,  in       tema di    motivazione per relationem degli  atti  d’imposizione tributaria, costituiscono principi consolidati      quelli in virtù dei quali: a) l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” delle ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone l’art. 3, comma 3 della l. n. 241 del 1990, sicché il contribuente ha diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui pure si faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto (arg. da Cass., Sez. 5, 18.12.2009, n. 26683, Rv. 610991-01);  b)  l’art.  7,  comma  1,  dello  Statuto  del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria  ogni documento  da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente a quegli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass., Sez. 5, 19.11.2019, n. 29968, Rv.. 655917- 01)  ovvero  dei  quali  non  abbia,  comunque,  agevole conoscibilità (arg. da Cass., Sez. 5, 12.12.2018, n. 32127, Rv. 651783-01); c) l’art. 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000 consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass., Sez. 6-5, 11.4.2017, n. 9323, Rv. 643954-01);

che la C.T.R., nel ritenere validi gli avvisi di accertamento impugnati, si è attenuta a tali principi (cfr. anche Cass., Sez. 6-5, 7.12.2017, n. 29402, Rv. 646975-01), avendo rilevato che, nella specie, non si è prodotta alcuna lesione del diritto di difesa, essendosi “le contestazioni del contribuente clirette con sicurezza proprio ed esclusivamente contro il rilievo afferente le misure del compendio in oggetto” (cfr. motivazione, p. 3, secondo cpv);

Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna di A.G. al pagamento, in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna A.G. al pagamento, in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità, che   si   liquidano   in   complessivi € 2.300,00 ( duemilatrecento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ANDREA ALBERTO GARBO, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.