CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 novembre 2020, n. 25270
Tributi – Credito IVA maturato dal fallito in bonis – Omessa presentazione dichiarazione – Istanza di rimborso da parte del fallimento – Prova documentale di effettiva esistenza del credito – Legittimità
Ritenuto che
1. Il Falimento T.C. srl impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale Ancona il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate serbato sull’istanza di rimborso dell’Iva a credito maturato dalla società in bonis negli anni 2009 e 2010 per un totale di € 395.977,53 non utilizzato in compensazione.
2. La CTP accoglieva il ricorso del Fallimento rilevando che non poteva essere considerata di ostacolo al rimborso la mancata presentazione della dichiarazione avendo la fallita provveduto a depositare tutta la documentazione comprovante il diritto al rimborso.
3. La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Tributaria Regionale delle Marche rigettava l’appello ribadendo che il contribuente aveva assolto all’onere di cui all’art. 2697 cc versando in atti nel corso del giudizio di secondo grado, come consentito dall’art. 58 d.lvo. 546/92, tutta la documentazione attestante le operazioni soggette ad IVA.
4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi a due motivi. Il Fallimento si è costituito depositando controricorso e successiva memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 30 del dpr 633/72, 2697 cc e 115 e 116 in relazione all’art. 360 1 comma nr. 3 cpc; si sostiene che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto assolto l’onere probatorio incombente sul contribuente in quanto le fatture non erano state prodotte nella causa avente ad oggetto il provvedimento del silenzio rifiuto ma nel giudizio non riunito seppure chiamato nello stesso giorno instaurato dal contribuente contro l’avviso di accertamento.
1.1 Con il secondo motivo viene dedotto omesso esame di fatti oggetto di discussione e decisivi ex art. 360 1° comma nr 5 cpc costituiti dalle anomalie contabili riscontrate nella documentazione depositata dal contribuente ed emerse anche in sede di adesione seguita alla notifica dell’avviso di accertamento.
2. Il primo motivo non è fondato
2.1 Non costituisce oggetto di contestazione il principio autorevolmente dettato da questa Corte a Sezioni Unite, in conformità con gli arresti della Corte di Giustizia UE, secondo il quale <<La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili>> ( cfr. Cass S.U. 17757 cui sono seguite anche Cass. 3292/2018, 8131/2018, 19938/2018).
2.2. La relativa prova dev’essere fornita dal contribuente mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno annotate e delle dichiarazioni periodiche in base ai criteri generali di riparto dell’onere della prova previsti dall’art. 2697 c.c., ed alle specifiche disposizioni del decreto IVA e della sesta direttiva, che regolano la materia della deducibilità dell’imposta assolta (Cass.s.u.citata).
2.3 Nella fattispecie la CTR, dopo aver correttamente enunciato il principio giurisprudenziale di cui sopra si è dato conto, ha, nell’ulteriore sviluppo motivazionale, affermato che <<tali principi si applicano perfettamente alla fattispecie che qui ci occupa in quale dagli atti di causa risulta che il contribuente ha prodotto tutta la documentazione attestante gli acquisti e le vendite, le liquidazioni periodiche ed i registri Iva nonché le comunicazioni dati Iva per l’anno in questione da cui emerge la certezza del credito Iva sorto nel 2010 ragion per cui l’omessa dichiarazione annuale è divenuta una violazione formale che non esclude il diritto alla detrazione>> Ed ancora <<Alla luce di quanto sopra , e verificata la documentazione prodotta da cui emerge la regolarità delle annotazioni nei registri Iva e quindi la legittimità della procedura di rimborso posta in essere dal contribuente>>.
2.4 I giudici di secondo grado nel ritenere provato il diritto ai rimborso del contribuente sulla scorta della corretta tenuta e conservazione della contabilità ,della produzione del registro Iva acquisti e registro Iva vendite e dei prospetti che espongono liquidazioni periodiche, hanno correttamente applicato il principio dell’onere della prova previsto dall’art 2697 cc e non sono incorsi nella violazione degli artt. 115 e 116 cpc avendo utilizzato documentazione ritualmente prodotta in giudizio.
2.5 Si tratta di accertamenti di fatto e di attività di valutazione del materiale probatorio insindacabili in sede di legittimità.
3 Il secondo motivo è inammissibile.
2.1 Ai sensi dell’art. 348 ter cpc IV e V comma cpc, applicabile ratione temporis al caso concreto in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo l’11 settembre 2012, ai sensi dell’art. 54, comma 2, d.l. n. 83/2012, non può essere proposto riscorso per Cassazione per il motivo di cui all’art 360 1° comma nr 5 avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado.
2.2 Nella fattispecie in esame sia i giudici di primo che di secondo grado hanno riconosciuto la fondatezza del ricorso sulla base dell’assolvimento da parte del contribuente dell’onere probatorio del diritto al rimborso Iva. Non vi è prova che la <<doppia conforme>> si fondi su differenti ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado; anzi, dalla lettura dell’impugnata sentenza e dall’esame del ricorso emerge che la CTR abbia integralmente condiviso la valutazione dei fatti e le argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado.
3. II ricorso va quindi rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 10.300 per compensi € 200 per esborsi oltre rimorso forfettario ed accessori di legge.
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