CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 giugno 2018, n. 15184
Tributi – IRES ed IVA – Cessioni immobiliari – Rettifica divalore – Elementi presuntivi – Onere di valutazione e comparazione da parte del giudice
Rilevato che
Con sentenza in data 15 marzo 2016 la Commissione Tributaria Regionale della Toscana respingeva l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, ed accoglieva l’appello incidentale proposto dalla K. srl avverso la sentenza n. 80/2/13 della Commissione tributaria provinciale di Pistoia che aveva parzialmente accolto i ricorsi della società contribuente e del suo socio S.M. contro gli avvisi di accertamento per II.DD. ed IVA 2006-2007. La CTR osservava in particolare che le prove indiziarie poste dall’Ente impositore a base delle proprie pretese creditorie non potevano considerarsi a tal fine adeguate anche in rapporto agli elementi probatori favorevoli ai contribuenti, sì come inficianti le prime.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo tre motivi.
Resistono con controricorso i contribuenti, che successivamente hanno depositato una memoria.
Considerato che
Con il primo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – l’Agenzia fiscale ricorrente denuncia di nullità la sentenza impugnata per vizio motivazionale assoluto (motivazione apparente) in violazione/falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 1, comma 2, 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 546/1992, poiché la CTR non ha dato esaustivamente conto del percorso logico argomentativo che conduce al decisum.
La censura è infondata.
Va ribadito che:
–«La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01);
–«La sentenza motivata “per relationem”, mediante mera adesione acritica all’atto d’impugnazione, senza indicazione né della tesi in esso sostenuta, né delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in quanto corredata da motivazione solo apparente» (Sez. 5, Sentenza n. 20648 del 14/10/2015, Rv. 636648);
-«La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
La sentenza impugnata non è sussumibile nelle “categorie invalidanti” della motivazione quali precisate dagli arresti giurisprudenziali citati, posto che, sia pure al “minimo costituzionale”, il giudice tributario di appello ha assolto al correlativo obbligo di esternazione delle ragioni della sua decisione (riferimento alla congruità con lo studio di settore ed elencazione delle prove allegate dalle parti).
Con il secondo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 2729, cod. civ., 39, primo comma, lett. d), d.P.R. 600/1973, poiché la CTR ha valorizzato non comparativamente la conformità ai valori OMI ai fini di suffragare la congruità dei prezzi delle cessioni immobiliari oggetto delle riprese fiscali contenute negli avvisi di accertamento impugnati.
Con il terzo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, cod. civ., 116, cod. proc. civ., poiché la CTR non ha compiuto il necessario giudizio individuale/globale sulle prove indiziarie allegate dalle parti.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono fondate.
Va ribadito che:
–«La valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, così da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare» (Sez. 3, Sentenza n. 5787 del 13/03/2014, Rv. 630512 – 01);
–«In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5374 del 02/03/2017, Rv. 643327 – 01), -più specificamente, «In tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 24, comma 5, della l. n. 88 del 2009, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dall’art. 35, comma 3, del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti» (Sez. 5 – , Sentenza n. 9474 del 12/04/2017, Rv. 643928 – 01)
La CTR toscana ha così motivato le statuizioni di rigetto dell’appello principale dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, e di accoglimento dell’appello incidentale della società contribuente: «.. considerato che, come afferma la società nelle controdeduzioni presentate, i valori degli immobili riportati negli atti di compravendita sono allineati ai valori OMI, i contratti preliminari non vedono coinvolta la K., le perizie di stima costituiscono elementi presuntivi semplici, i mutui erogati agli acquirenti dagli Istituti di credito, sono tutte affermazioni che non possono rappresentare elementi probatori; considerato altresì che la società risultava congrua e coerente agli studi di settore per le annualità accertate, che gli acquirenti, interpretati dalla società, hanno risposto di non aver pagato alla K. niente di più di quanto indicato nel contratto definitivo La sentenza impugnata si pone quindi in evidente contrasto con tutti i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali.
Per un verso, la CTR toscana si è limitata ad elencare una serie di prove contrarie e favorevoli alla società contribuente stessa, giungendo ad un immotivato giudizio di prevalenza delle seconde, così violando i criteri legali di valutazione della prova presuntivo-indiziaria, come declinati nei primi due arresti giurisprudenziali.
Per altro verso, più specificamente, valorizza il dato della conformità ai valori OMI delle cessioni immobiliari de quibus, senza alcuna valutazione critico-comparativa con il complesso delle altre prove indiziarie allegate dalle parti, così apertamente violando il principio di diritto di cui al terzo arresto giurisprudenziale.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al secondo ed al terzo motivo, rigettato il primo motivo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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