Corte di Cassazione, ordinanza n. 17088 depositata il 15 giugno 2023
motivazione apparente – accertamento analitico-induttiva – sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti anche in presenza di contabilità corretta ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente – contraddittorio endoprocedimentale
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 437/12/14 del 20/03/2014 la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 27/01/11 della Commissione tributaria provinciale di Torino (di seguito CTP), la quale aveva accolto i ricorsi riuniti proposti da Immobiliare E. s.a.s. di A.A. & C., nonché dai soci A.A. e B.D. (di seguito, anche cumulativamente, E.) avverso un avviso di accertamento per imposte dirette, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2004 nei confronti della società e due avvisi di accertamento nei confronti dei soci per la conseguente maggiore IRPEF, a loro imputata per trasparenza.
1.1 Come si evince anche dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione della vendita di cinque unità immobiliari a prezzo inferiore a quello di mercato, con conseguente rettifica del reddito di impresa.
1.2 La CTR respingeva l’appello di AE evidenziando che: a) la contestazione di tenuta irregolare delle scritture contabili era infondata, in quanto: i) risultava la produzione del dettaglio delle rimanenze iniziali e l’indicazione del criterio di valutazione dei beni; ii) nella valutazione delle rimanenze non poteva essere utilizzato un criterio diverso da quello del costo specifico; iii) le rimanenze non potevano essere ripartite per valore tra le unità immobiliari ancora non venute ad esistenza; b) l’accertamento non era stato preceduto da regolare contraddittorio con la società contribuente; c) i criteri con i quali AE aveva determinato i valori degli immobili erano privi di fondamento, anche alla luce della somma ricevuta dalla proprietaria del terreno in luogo dell’appartamento originariamente pattuito.
2. AE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione affidato a tredici motivi.
3. E. e soci resistevano con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso AE deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., dell’art. 39 del P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che, avuto conto della regolarità della contabilità, l’accertamento deve ritenersi illegittimo.
1.1 Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione degli 39 e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dei principi generali in materia di accertamento, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto l’illegittimità dell’accertamento in ragione di una insussistente violazione del contraddittorio endoprocedimentale.
1.2 Con il terzo e il quarto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per inosservanza, violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR apparentemente motivato in ordine al contenuto del documento concernente le rimanenze, sia sotto il profilo del dettaglio sia sotto il profilo della indicazione dei criteri di valutazione.
1.3 Con il quinto motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione degli 15, 18 e 22 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 92 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), dell’art. 9 del d.l. 2 marzo 1989, n. 69, conv. con modif. nella l. 27 aprile 1989, n. 154 e degli artt. 2727-2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR presunto che il criterio di valutazione delle rimanenze sia quello previsto dalla legge anche in caso di mancata indicazione dello stesso. Peraltro, l’indicazione del costo non soddisfa gli adempimenti gravanti sull’imprenditore, che deve indicare anche i criteri di individuazione dei singoli costi specifici da imputare alle rimanenze.
1.4 Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 92 TUIR e dell’art. 2426 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel negare che la società contribuente sia tenuta ad indicare i valori delle rimanenze distinti per ciascuna delle unità immobiliari da realizzare.
1.5 Con il settimo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 civ., degli artt. 2727-2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel ritenere che le unità immobiliari successivamente vendute non abbiano la loro individualità al 31/12/2003, così da non essere possibile suddividere per ciascuna unità immobiliare i valori delle rimanenze.
1.6 Con l’ottavo motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR reso una motivazione apparente in ordine alla effettiva realizzazione delle unità immobiliari al 31/12/2003.
1.7 Con il nono motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli 7 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR pronunciato una motivazione apparente, non tenendo conto delle deduzioni contenute nell’avviso di accertamento.
1.8 Con il decimo, l’undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo di ricorso AE denuncia: a) nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR reso motivazione apparente con riferimento al prezzo dell’immobile pagato alla proprietaria del terreno (motivo decimo e dodicesimo); b) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 2700 e 2727- 2729 civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente attribuito il valore di piena prova del prezzo pagato al rogito notarile stipulato con l’acquirente dell’immobile originariamente promesso in permuta alla proprietaria del terreno e, comunque, per avere indebitamente valorizzato a fini probatori un elemento indiziario (la cessione dell’appartamento alla proprietaria) non significativo (motivo undicesimo e tredicesimo).
2. I motivi primo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo vanno trattati congiuntamente, riguardando tutti i presupposti dell’accertamento nei confronti di E..
2.1 In proposito, la CTR afferma che la società contribuente ha indicato nel dettaglio le rimanenze iniziali nonché il criterio di valutazione dei beni, ritenuto corretto e improntato al costo specifico dei beni; ha, inoltre affermato che le rimanenze non avrebbero potuto essere ripartite per valore tra le unità immobiliari ancora non venute effettivamente ad esistenza prima del 31/12/2003.
2.1.1 Posto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019), la motivazione della CTR è resa nel rispetto del minimo costituzionale, trattandosi di motivazione logica, non contraddittoria e niente affatto apparente.
2.1.2 Ne consegue che i motivi di ricorso terzo, quarto e ottavo devono ritenersi senz’altro infondati.
2.2 Fondato è, tuttavia, il primo
2.3 Invero, da quanto emerge dalle trascrizioni dell’avviso di accertamento contenute in ricorso, l’atto impositivo si fonda, tra l’altro, sull’antieconomicità della gestione della società; orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «ove la contabilità risulti formalmente regolare, ma si riveli intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, in applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 300 del 1973, l’Amministrazione finanziaria può desumere in via induttiva – sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti – il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, lasciando al contribuente l’onere di fornire la prova contraria mediante la dimostrazione della correttezza delle proprie dichiarazioni» (così, da ultimo, n. 24578 del 09/08/2022; si vedano, altresì, Cass. n. 21128 del 22/07/2021; Cass. n. 6918 del 20/03/2013). In proposito è stato, altresì, evidenziato che l’antieconomicità del comportamento del contribuente può desumersi anche da un unico elemento presuntivo, purché preciso e grave (Cass. n. 27552 del 30/10/2018).
2.3.1 La CTR non ha tenuto conto dei superiori principi di diritto, mettendo in discussione la legittimità dell’accertamento unicamente evidenziando la regolarità formale della contabilità della società contribuente, senza tenere conto degli ulteriori elementi indicati dall’Amministrazione finanziaria – da valutare nel loro complesso – e, in particolare, della contestazione di antieconomicità della gestione; elementi astrattamente idonei, di per sé, a giustificare l’accertamento analitico-induttivo, pur in assenza di irregolarità contabili.
2.4 Inammissibili sono, invece, i motivi quinto, sesto e settimo
2.4.1 Invero, la ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
2.4.2 Spetta, infatti, in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
3. Il secondo motivo, concernente la violazione del contraddittorio endoprocedimentale, è fondato.
3.1 Il contraddittorio endoprocedimentale è normalmente obbligatorio, nel nostro ordinamento, solo nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, laddove è previsto – a pena di nullità (Cass. U. n. 18184 del 29/07/2013) ed anche con riferimento all’IVA (Cass. nn. 701 e 702 del 15/01/2019) – il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212. Il contraddittorio, invece, non è obbligatorio – fatta eccezione per specifiche previsioni di legge (ad es., per gli accertamenti a mezzo studi di settore) – per le altre ipotesi di accertamento e, in particolare, per le verifiche cd. a tavolino (Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015), qual è quella per cui è causa.
3.2 Sempre Cass. S.U. n. 24823 del 2015 chiarisce che, nel caso di verifica concernente i tributi armonizzati (qual è l’IVA), secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, «l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa» (cd. prova di resistenza).
3.3 Nel caso di specie, la CTR non si è attenuta ai superiori principi di diritto, limitandosi a sanzionare la mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale in un’ipotesi in cui lo stesso non si applica con riferimento all’IRAP (trattasi, infatti di verifiche a tavolino); o, comunque, per quanto riguarda l’IVA, avrebbe richiesto la valutazione di quella “prova di resistenza” che non risulta essere stata nemmeno dedotta da E..
4. Vanno a questo punto esaminati unitariamente i motivi nono, undicesimo e tredicesimo, attinenti alle valutazioni di merito compiute dal giudice di appello in ordine agli elementi indiziari forniti da AE. I motivi sono complessivamente fondati e vanno accolti per le ragioni che seguono.
4.1 La CTR ha ritenuto che le presunzioni indicate dall’Ufficio ai fini della determinazione del valore degli immobili oggetto di cessione (valori OMI, valori Tecnocasa, valori risultanti dai contratti di mutuo ecc.) non abbiano rilevanza indiziaria e ha, invece, valorizzato, in senso contrario il prezzo dell’appartamento dato in permuta alla proprietaria del terreno su cui sono stati edificati gli immobili venduti, prezzo indicato nel rogito notarile.
4.2 Trattasi di una motivazione apodittica e giuridicamente erronea.
4.3 Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «La prova presuntiva (o indiziaria) esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell’istruzione, valutandoli tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri» (Cass. n. 3703 del 09/03/2012). In particolare, il giudice «è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi» (così Cass. n. 9059 del 12/04/2018; si vedano altresì Cass. n. 18822 del 16/07/2018; Cass. n. 27410 del 25/10/2019).
4.4 Nel caso di specie, il giudice di appello ha: a) escluso la rilevanza probatoria degli indizi forniti dall’Ufficio, senza spiegare in alcun modo le ragioni per le quali detti indizi non siano idonei a determinare il prezzo effettivo di vendita, così rendendo motivazione apparente; b) ha valorizzato l’unico elemento indiziario costituito dal prezzo dell’immobile concesso in permuta alla proprietaria del terreno su cui sono stati edificati gli immobili oggetto di causa e indicato nel rogito notarile, con ciò omettendo di valutare detto indizio unitamente agli altri forniti da AE e incorrendo in errore di diritto.
4.5 Una simile motivazione si pone, dunque, in aperto contrasto con i principi di diritto più sopra menzionati, sicché deve essere cassata.
5. Infondati sono, invece, il decimo ed il dodicesimo motivo, in quanto la motivazione resa dalla CTR in ordine alla determinazione del prezzo di permuta dell’immobile ceduto alla proprietaria del terreno non può dirsi di per sé apparente, ma è l’intera valutazione compiuta dal giudice di appello ad essere erronea in diritto.
5. In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo, il nono, l’undicesimo e il tredicesimo motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il nono, l’undicesimo e il tredicesimo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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