CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 febbraio 2019, n. 4084
Diritto al reinquadramento – Differenze retributive – Ricostruzione carriera
Rilevato
1. Che con la domanda di cui al ricorso di primo grado I.D.C., premesso che con sentenza n. 7260/2001 resa dal Tribunale di Palermo (quale giudice di secondo grado), passata in giudicato, gli era stato riconosciuto il diritto ad essere reinquadrato nel 4° livello c.c.n.l. Autoferrotranvieri con decorrenza giuridica dal 29 ottobre 1988 ed economica dal 1 gennaio 1989, ha chiesto la condanna della datrice di lavoro A.P. s.p.a. al pagamento delle differenze retributive connesse a tale accertamento, l’accertamento del diritto allo svolgimento delle mansioni riconosciute in detta sentenza e della relativa retribuzione, l’accertamento del diritto alla ricostruzione della carriera con attribuzione del 4° livello dal 29 ottobre 1988 ed, al maturare di sei anni, alla collocazione nel 3° livello con il pagamento delle relative competenze economiche, la condanna di controparte al risarcimento del danno scaturito dalla perdita di professionalità dovuta alla mancata assegnazione alle mansioni proprie del livello rivendicato;
2. che con successivo ricorso ha chiesto la riliquidazione del trattamento pensionistico sulla base della retribuzione pensionabile di cui al 6° livello o, in subordine al 4° livello, con obbligo della società datrice di lavoro alla regolarizzazione contributiva;
3. che, previa riunione dei due giudizi, il giudice di primo grado respingeva entrambe le domande ritenendo, in sintesi, che non poteva ritenersi formato il giudicato sul diritto all’inquadramento nel 4° livello il quale, per il fatto di concretare una posizione giuridica che non era stata effettivamente conseguita, neppure poteva esplicare effetti di cosa giudicata;
4. che la decisione è stata confermata con la sentenza qui impugnata sulla base di diversa motivazione;
4.1. che il giudice di seconde cure, rilevato che la efficacia oggettiva del giudicato esterno “copre” tutto ciò che ha costituito oggetto di decisione compresi gli accertamenti di fatto i quali rappresentano le premesse necessarie ed il fondamento logico della pronuncia che ad essa inscindibilmente si ricollegano, ha ritenuto che imprescindibile presupposto logico-giuridico della riconosciuta retrodatazione degli effetti della riclassificazione del personale fosse la circostanza di fatto rappresentata dall’inquadramento del ricorrente nel 4° livello. Ciò posto, in merito alle reclamate differenze retributive, ha osservato che occorreva tener conto di quanto accertato dal giudice di primo grado del primo procedimento laddove, con statuizione alla quale era stata prestata acquiescenza, aveva affermato che l’azienda avrebbe dovuto corrispondere “a ciascuno dei ricorrenti le differenze retributive dal 29.10.1988 al 31.12.1988 mentre per il periodo successivo le parti collettive avevano stabilito la corresponsione di un compenso forfettario … pacificamente percepito dai ricorrenti “. Tanto precludeva ogni rivendicazione economica nascente dal riconoscimento del 4° livello. In ogni caso, sulle spettanze retributive e contributive derivanti dall’acquisita posizione organica nel 4° livello come anche su quelle connesse al passaggio al 3° livello, cui astrattamente il ricorrente avrebbe potuto legittimamente aspirare a partire dal 29.10.1994, nessuna differenza poteva essere attribuita alla luce della espletata ctu che aveva accertato il collocamento in quiescenza del D.C. alla data del 1.1.1992. Queste ultime considerazioni assorbivano ogni doglianza inerente alla mancata assegnazione alle mansioni superiori ed al lamentato danno da dequalificazione;
5. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso I.D.C., sulla base di due motivi; A.P. s.p.a. ha depositato tempestivo controricorso; l’INPS ha depositato procura;
5.1. E.D.C. e F.P.D.C.,quali eredi dell’originario ricorrente, hanno depositato memoria;
Considerato
1. che con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione dell’art. 2953 cod. civ. censurando, in sintesi, la sentenza impugnata, per avere applicato ai diritti scaturenti dal precedente giudicato, il termine di prescrizione quinquennale anziché decennale,di talchè – sostiene- dovevano ritenersi spettanti le differenze di retribuzione maturate in relazione al 4° livello dal 1.1.1989 al 31.1.1992 e quelle connesse al relativo ricalcolo sul tfr;
2. che con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. censurando la sentenza impugnata per non avere posto le spese di lite a carico di controparte, da configurarsi quale parte soccombente per avere il giudice di appello aderito alle difese del ricorrente in ordine alla portata del giudicato esterno;
3. che il primo motivo di ricorso risulta inammissibile per difetto di pertinenza con le ragioni alle base del decisum. La Corte di merito non ha, infatti, fondato il rigetto della domanda avanzata dal D.C. sul decorso del termine (quinquennale) di prescrizione (dovendo a riguardo evidenziarsi che il brano trascritto a pag. 3, primo capoverso del ricorso per cassazione non trova corrispondenza nella sentenza impugnata) ma sulla preclusione nascente da precedente giudicato rappresentato dalla sentenza n. 7260/2001 resa dal Tribunale di Palermo quale giudice di secondo grado. In particolare il giudice di merito ha osservato che tale decisione aveva riconosciuto a ciascuno dei ricorrenti il diritto alle differenze retributive dal 29.10.1988 al 31.12.1988 mentre per il periodo successivo le parti collettive avevano stabilito la corresponsione di un compenso forfettario pacificamente percepito dai ricorrenti e che tale considerazione valeva a precludere ogni rivendicazione economica nascente dal riconoscimento del 4° livello a partire dal 1.1.1898 avendo gli appellanti prestato implicita acquiescenza sul punto .
3.1. che tali affermazioni non risultano in alcun modo contrastate dal presente ricorso conseguendone il passaggio in giudicato della statuizione sul punto;
4. che parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso per difetto di interesse ad impugnare in capo al ricorrente D.C..
Premesso, infatti, che come ripetutamente chiarito dal giudice di legittimità, in materia di controversia civile il criterio della soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare diretto riferimento all’esito finale della lite, sicché è totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta (Cass. 23/07/2010 n. 17351; Cass. 13/05/2003 n. 5373), interesse ad impugnare il regolamento delle spese di lite di secondo grado è configurabile in capo all’odierno ricorrente in quanto parte interamente soccombente;
5. che all’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza nei confronti di A.P. s.p.a.;
5.1. che non si fa luogo alla condanna alle spese in favore dell’INPS che non ha svolto attività difensiva essendosi limitato al deposito della procura;
6. che sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Nulla spese nei confronti dell’INPS.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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