CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 settembre 2019, n. 24156
Lavoro – Impresa edile – Svolgimento di mansioni di carpentiere – Posizione contributiva ed assicurativa – Regolarizzazione
Rilevato che
1. G.B. convenne in giudizio G.Z. e la Diocesi di C. ed espose di aver lavorato alle dipendenze dell’impresa edile di G.Z. che aveva stipulato con la Diocesi un contratto di appalto avente ad oggetto alla costruzione del complesso “Gesù Redentore” della Parrocchia di Santa Maria Maggiore di S.
A tal fine espose che dopo un contratto di “nolo a freddo” stipulato nel maggio del 2001 lo Z. lo aveva assunto per svolgere mansioni di carpentiere nel cantiere. Dedusse che la sua posizione contributiva ed assicurativa era stata regolarizzata solo il 25.6.2002 e che nel periodo precedente aveva ricevuto compensi a seguito di fatture per un importi di £2.000.000 (€ 1.032,00) al mese corrispondenti al canone di nolo a freddo stipulato con il lavoratore. Espose che nel primo periodo non gli erano stati versati i contributi alla Cassa Edile, non gli era stata pagata la 13° mensilità, le ferie, i riposi di cui all’art. 19 del c.c.n.l. , che le mansioni erano sempre state quelle di carpentiere operaio specializzato, mentre la retribuzione corrisposta corrispondeva a quella di operaio comune, di aver lavorato dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 17,00 con un’ora di pausa fino al maggio 2002 e poi fino alle 16,00. Di essere stato licenziato in data 17 ottobre 2003 per assenza ingiustificata senza il rispetto della procedura prevista dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori. Chiese perciò la condanna dei convenuti in solido al pagamento della somma di € 20.579,46 oltre accessori per differenze retributive (comprensive di trasferta, mensa, EET, indennità di settore e Cassa Edile) oltre che indennità sostitutiva del preavviso e TFR. Si costituì in giudizio G. Z. per resistere alle domande, eccezion fatta per la richiesta di pagamento del trattamento di fine rapporto e chiese, in via riconvenzionale, la condanna del B. al pagamento della somma di € 22.802,22 dovutagli in dipendenza del contratto di nolo a freddo stipulato col B.
2. Il Tribunale dichiarò inammissibile la domanda riconvenzionale e ed accolse le domande del B. condannando i convenuti in solido tra loro al pagamento della somma di € 37.848,45.
3. La Corte di appello di Catania in parziale accoglimento del gravame proposto dal G.Z. ha ridotto la condanna all’importo di € 19.898,09 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria condannando il B. a restituire le somme maggiori percepite con gli interessi legali a decorrere dalla data del pagamento.
3.1. Il giudice di appello ha ritenuto che in relazione al primo periodo, regolato dal contratto di nolo a freddo null’altro era dovuto al di là delle somme fatturate ed erogate. Riteneva invece sussistente il diritto alle differenze retributive reclamate a decorrere dal mese di giugno del 2001 avendo accertato sia la subordinazione che il conseguente diritto alle differenze retributive chieste eccezion fatta per lo straordinario avendo accertato che se dal 1 giugno 2001 al 25 giugno 2002 l’orario era stato quello di 8 ore e 40 minuti giornalieri dal lunedì al venerdì, successivamente a tale dato si era ridotto a quaranta ore settimanali.
3.2. Del pari riteneva provato il diritto all’inquadramento chiesto e perciò dovute le differenze reclamate che, conclusivamente liquidava tenuto conto dei calcoli effettuati dal consulente contabile nominato nel corso del giudizio.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.B. che ha articolato sette motivi cui resiste con controricorso G.Z. mentre la Diocesi di C. è rimasta intimata.
Considerato che
5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. per avere, la Corte territoriale, ritenuto che il giudice di primo grado fosse incorso nel vizio di ultrapetizione laddove aveva riconosciuto una somma maggiore rispetto a quella chiesta. Sostiene il ricorrente che la sentenza non avrebbe considerato che la domanda formulata aveva ad oggetto una somma individuata ma chiedeva comunque anche quella maggiore o minore che fosse risultata nel corso del giudizio comprensiva dunque delle somme dovute nel periodo regolato dal contratto di nolo a freddo. Peraltro il B. evidenzia che nel costituirsi in appello aveva precisato che in ogni caso la modifica della domanda, pur trattandosi di mera modalità di calcolo delle somme, era stata tempestivamente avanzata sin dal primo grado.
6. La censura è destituita di fondamento.
6.1. Correttamente la Corte di merito ha accertato che la sentenza di primo grado era incorsa nel denunciato vizio di ultrapetizione avendo verificato che il giudice aveva dato alla domanda un contenuto diverso da quello esplicitato ed aveva riconosciuto per l’effetto una somma diversa e maggiore rispetto a quella richiesta. Il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (cfr. recentemente Cass. 21/03/2019 n. 8048). A tali principi si è attenuta la Corte di merito nell’interpretare la domanda formulata dal ricorrente in primo grado ha ritenuto che la somma mensilmente ricevuta a fronte di fatture nel primo periodo costituiva la retribuzione per l’attività prestata e che la domanda atteneva per tale arco temporale alle sole differenze retributive e mai ne era stata autorizzata la modificazione.
7. Anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente, con i quali è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 420 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello ritenuto che la richiesta di modifica della domanda formulata all’udienza dell’Il ottobre 2006 non fosse stata accolta (secondo motivo) e la violazione dell’art. 100 e 324 cod. proc. civ. (terzo motivo) non possono essere accolti.
7.1. Va rilevato infatti che la modifica della domanda risulta formulata nella replica alla domanda riconvenzionale con la quale il convenuto chiedeva la compensazione delle somme erogate a titolo di nolo a freddo con quelle riconosciute come dovute a titolo di trattamento di fine rapporto maturato in relazione alla frazione di rapporto di lavoro di cui era incontestata la sussistenza. Si trattava di domanda che presupponeva, diversamente dalle allegazioni del ricorrente, che l’intero importo erogato nel periodo in cui era contestata la sussistenza del rapporto di lavoro (fino al 24 giugno 2002) fosse imputabile a nolo a freddo. Il Tribunale, che dichiarò inammissibile la domanda riconvenzionale, non autorizzò alcuna modifica della domanda del ricorrente la quale, neppure, può essere ritenuta implicitamente autorizzata atteso che la stretta interconnessione tra la riconvenzionale avanzata e la replica (modifica) proposta fa venir meno l’interesse della parte alla proposizione della domanda una volta dichiarata inammissibile quella riconvenzionale.
8. Il quarto motivo di ricorso con il quale è dedotto che lo Z. non avrebbe avuto interesse all’impugnazione della sentenza che aveva riconosciuto il diritto alla retribuzione nel periodo giugno 2001 giugno 2002 è infondato. Ed infatti proprio in considerazione della mancata autorizzazione alla modifica della domanda questi aveva interesse a sentir accertare che semmai le somme dovute erano limitate alle sole differenze retributive da calcolare proprio sulla base delle somme erogate ed imputate a retribuzione in quel periodo.
9. Con riguardo alla violazione dell’art. 1193 cod. civ. in relazione all’imputazione dell’importo mensile di C 1032,00 a retribuzione ed all’omesso esame della circostanza, ritenuta al riguardo decisiva, della fatturazione di detti importi unitamente ad altre somme (quarto e quinto motivo di ricorso), va rilevato che le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
9.1. Ed infatti è lo stesso creditore che riferisce di aver dichiarato nel suo ricorso introduttivo che la somma indicata era da imputare a retribuzione per l’attività prestata e non ai canoni per il nolo a freddo e ciò nonostante la fatturazione delle somme pretesa (cfr. pag. 2 della sentenza e pag. 3 del ricorso per cassazione).
10. Quanto alla denunciata nullità della sentenza in relazione alla violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., dell’art. 134 e dell’art. 429 cod. proc. civ. ( sesto motivo di ricorso) rileva il Collegio che appartiene al giudice di merito la scelta discrezionale di reiterare la consulenza contabile ed il mancato esercizio di tale potere discrezionale non è censurabile in sede di legittimità, salvo che con i motivi d’ appello non siano stati formulati specifici rilievi e sollecitata una più approfondita indagine tecnica, e nella specie tanto non risulta dal ricorso, nel qual caso il giudice è tenuto a motivare la sua scelta negativa (cfr. Cass. 06/05/1998 n. 4577 21/06/1999 n. 6261 e più recentemente Cass. 14/10/2013 23233).
11. Per quanto concerne infine la denunciata violazione degli artt. 91, 92, 112 e 429 cod. proc. civ. per avere la Corte di merito disposto la parziale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio va rilevato che la sentenza non si espone alle censure formulate atteso che il giudice di appello, nel riformare seppure in parte la sentenza di primo grado, con valutazione complessiva ha posto a carico della parte risultata maggiormente soccombente le spese e le ha compensate tra le parti nel resto. Così facendo la Corte ha esercitato il potere discrezionale attribuitole di ripartire in relazione alla reciproca soccombenza il peso delle spese sostenute per il giudizio dandone coerentemente conto. Nel regime anteriore a quello introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 28 dicembre 2005, n. 263, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (cfr. Cass. 31/07/2009 n. 17868).
12. in conclusione il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, devono essere poste a carico del ricorrente che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 è tenuto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R..
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R..
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 maggio 2020, n. 9800 - Le ritenute fiscali non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28, settembre 2022, n. 28284 - L'azione promossa dal lavoratore subordinato ed avente ad oggetto il riconoscimento della qualifica superiore si prescrive nell'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 cod. civ.,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 maggio 2019, n. 13202 - Per il riscatto dei contributi omessi, di cui all'art. 13, legge n. 1338/1962, per la costituzione della rendita vitalizia la prova della subordinazione non può essere desunta in forza di un…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 aprile 2022, n. 12919 - Ai fini della configurazione del lavoro dirigenziale - nel quale il lavoratore gode di ampi margini di autonomia ed il potere di direzione del datore di lavoro si manifesta non in ordini e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 luglio 2022, n. 23371 - Gli elementi sintomatici della subordinazione nel caso di prestazioni elementari e ripetitive sono costituiti dal criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21202 del 5 luglio 2022 - In caso di proposizione di plurime domande legate da nesso di subordinazione, il giudice adito deve valutare la giurisdizione con riferimento alla domanda proposta in via pregiudiziale, venendo…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…