CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 aprile 2018, n. 9212
Tributi – Accertamenti bancari su conti correnti dell’amministratore della società e di suoi familiari – Intestazione fittizia – Movimentazione non adeguatamente giustificate – Riconducibilità ad operazioni societarie – Prova a carico dell’Amministrazione
Fatti di causa
L’Agenzia delle entrate recuperò nei confronti della s.r.l. G.T.M. maggiore materia imponibile per l’anno d’imposta 2002 a titolo di Irpeg, Iva ed Irap, in esito ad una verifica fiscale sui conti bancari personali dell’amministratore della società e della figlia di costui, che aveva evidenziato movimentazioni non adeguatamente giustificate.
La società impugnò il relativo avviso di accertamento, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso.
Quella regionale del Molise ha respinto l’appello dell’Agenzia, sostenendo che l’Agenzia non abbia adeguatamente provato che i movimenti considerati sui conti esaminati fossero riferibili alla società.
Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la società replica con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, l’Agenzia delle entrate si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 41 del d.P.R. n. 600/73, dell’art. 51 del d.P.R. n. 633/72 e dell’art. 2728 c.c. (primo motivo), nonché dell’insufficiente motivazione della sentenza impugnata in ordine all’esito del contraddittorio intercorso con i soggetti dei conti intestati ai quali si discute (secondo motivo).
2.- Il ricorso è infondato.
Vero è che non è necessario, ai fini dell’operatività delle norme di cui si assume la violazione, che risulti, perché l’Ufficio ne abbia dato prova, che i conti correnti siano fittiziamente intestati a terzi; ma è pur sempre necessario che l’Agenzia provi che i conti, se pure a costoro intestati nella realtà, siano comunque utilizzati, anche in parte, per operazioni riferibili alla contribuente anche tramite presunzioni, sia pure senza necessità di provare altresì che tutte le movimentazioni di tali rapporti rispecchino operazioni aziendali, (in termini, tra varie, Cass. 21 aprile 2016, n. 8112; 13 giugno 2014, n. 13473).
2.1.- Laddove nel caso in esame l’Agenzia, di là da riferimenti giurisprudenziali concernenti la ricognizione del significato precettivo delle norme in questione, non ha dedotto elementi atti a consentire di affermare che i movimenti rilevati sui conti personali dell’amministratore e della figlia, della quale non è chiarita la qualità in seno alla società, fossero effettivamente riferibili a questa.
Nè si può considerare al riguardo fatto pretermesso decisivo “l’atteggiamento di parte non improntato, certo, a fattiva collaborazione”, sul quale si punta in ricorso.
3.- Il ricorso va quindi respinto e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia a rifondere le spese, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre a euro 200,00 per esborsi e al 15% a titolo di spese forfettarie e agli accessori di legge.
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