CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7259
Tributi – IRAP – Accertamento – Agente di commercio – Autonoma organizzazione – Presupposti
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 100/22/13, depositata il 11/10/2013, che aveva respinto l’appello della stessa Agenzia, confermando la decisione della CTP di Torino sulla fondatezza della pretesa del sig. C.G., esercente attività di intermediario del commercio di prodotti di carte, cancelleria e libri, al rimborso delle somme versate a titolo di IRAP negli anni dal 2004 al 2009.
Il contribuente aveva, infatti, avanzato all’Agenzia delle Entrate – Ufficio locale di Rivoli istanza di rimborso sulla quale “si era formato il silenzio rifiuto, in ordine al quale aveva proposto ricorso alla Commissione provinciale, con esito favorevole.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello che la CTR rigettava. Impugnata tale decisione, l’Ufficio ha fondato il ricorso in cassazione su due motivi: l’uno relativo alla asserita tardività dell’istanza di rimborso, limitatamente ai versamenti per gli anni 2004 e 2005; l’altro sul presupposto dell’erronea applicazione da parte della Commissione territoriale dell’art. 2 D.Lgs n. 446/97, in combinazione con l’art. 2697 cod.civ. Chiedeva quindi l’accoglimento del gravame e la cassazione della pronuncia impugnata con conseguenziale statuizione sulle spese.
Ha proposto controricorso il contribuente C.G. chiedendo dichiararsi inammissibile e/o rigettare il ricorso con vittoria delle spese del grado.
Considerato che
L’Agenzia delle Entrate ha dedotto come primo motivo, con riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 38 del DPR 29 settembre 1973 n. 602 attesa la tardività dell’istanza di rimborso del sig. C., con riferimento ai versamenti effettuati negli anni 2004 e 2005.
Il motivo è inammissibile. La giurisprudenza di questa Corte, che va ribadita, ha ripetutamente affermato che la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, per non aver presentato la relativa istanza entro il termine previsto dall’art. 38 del d.p.r. n. 602 del 1973, decorrente dal versamento dell’imposta (nella specie IRAP), ancorché rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, non può essere eccepita per la prima volta in Cassazione, qualora dalla sentenza impugnata non risulti la data del versamento, né quella dì presentazione dell’istanza per il relativo rimborso. Non è infatti consentita, in sede di legittimità, la proposizione di nuove questioni di diritto che presuppongono o comunque richiedono nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto, come l’esame di documenti, preclusi alla Corte di Cassazione, salvo che nelle particolari ipotesi di cui all’art. 372 cod. proc. civ. Né è possibile ipotizzare “errores in procedendo” del giudice di merito, consistente nel mancato esame del documento, poiché la stessa rilevabilità d’ufficio della decadenza va coordinata con il principio della domanda, che non può essere fondato, per la prima volta in quella sede, su un fatto mai dedotto in precedenza, implicante un diverso tema di indagine e decisione (ex multis Cass. Sez.6-5, Ord. n. 25014 del 06/12/2016).
Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate ha, dichiaratamente, eccepito la decadenza dal diritto al rimborso solo in questo giudizio, sul presupposto della sua rilevabilità in ogni stato e grado, richiamando, a sostegno, una giurisprudenza (in particolare Cass. sent. n. 1605/2008 e n. 4670/2012) in base alla quale la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, in quanto stabilita in favore della stessa, è rilevabile anche d’ufficio ed è deducibile per la prima volta in appello. Si tratta però di casi, quelli oggetto di quelle pronunce, che attengono, appunto, al secondo grado della fase di merito e non anche a quella di legittimità e quindi non al caso in esame.
Nella specie, la data di presentazione dell’istanza di rimborso non risulta dalla decisione della CTR impugnata ed è la stessa Agenzia, come detto, ad aver affermato di non aver sollevato, in appello, alcuna specifica doglianza sul punto rispetto alla decisione di primo grado a lei sfavorevole.
Trova pertanto applicazione il suindicato principio affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte.
L’Agenzia ha dedotto come secondo motivo, con riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 2 D.Lgs. n. 446/1997 e dell’art. 2697 cod. civ. per aver la CTR ritenuto insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione necessaria a determinare il presupposto dell’imposta in parola.
Il contribuente, ad avviso dell’Ufficio, non avrebbe assolto all’onere di provare l’assenza della suindicata condizioni ed anzi emergerebbe dai dati che la presenza di spese in misura rilevante e la rilevante entità dei compensi contrasterebbero con la valutazione della CTR circa la ritenuta esiguità della struttura organizzativa, che, invece, va ritenuta tale da integrare il presupposto del tributo.
La tesi dell’Agenzia non appare fondata. Questa Corte, infatti, ha più volte affermato il principio, riferito all’agente di commercio, applicabile al caso in esame, dell’assoggettabile ad IRAP solo ove ricorra il requisito dell’autonoma organizzazione, la cui sussistenza non può essere desunta dal valore dei compensi e dei costi e dal reciproco rapporto percentuale atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore specifico dell’attività esercitata e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazioni per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), costituendo, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’aspetto organizzativo. In altri termini, in tema di IRAP, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integrano, di per sé, il presupposto impositivo dell’autonomia organizzazione (ex multis Cass.Sez.6-5 n. 8728 del 10.04.2018 e Cass. Sez.5 n. 27898 del 31.10.2018).
Alla soccombenza segue la condanna alle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle Entrate al rimborso delle spese in favore del controricorrente liquidate in euro 2.000,00 oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori di legge.