CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 novembre 2018, n. 29261
Rapporto di lavoro domestico – Subordinazione – Sussistenza – Prova
Rilevato
che con sentenza dell’11 giugno 2016, la Corte d’Appello di Campobasso, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Isernia, accoglieva la domanda proposta da M.D.P. nei confronti di A.D.P., avente ad oggetto il riconoscimento della natura subordinata del rapporto intrattenuto con la D.P. quale badante e domestica nel periodo 6.5.2005/8.6.2006 e la condanna della D.P. al pagamento delle ulteriori differenze retributive maturate ed alla regolarizzazione contributiva;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto provata, sulla base di quanto dichiarato dalla D.P. in sede di interrogatorio libero e confermato dai testi escussi, la sussistenza del dedotto rapporto di lavoro domestico; che per la cassazione di tale decisione ricorre la D.P., affidando l’impugnazione a tre motivi, in relazione alla quale l’intimata non ha svolto alcuna difesa;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata; che la ricorrente ha poi presentato memoria;
Considerato
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputa alla Corte la valorizzazione delle dichiarazioni rese dalla ricorrente in sede di interrogatorio libero e delle concordi risultanze di un’unica testimonianza a scapito di quanto emerso in senso contrario dall’espletata istruttoria;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2094 c.c., imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sull’onere della prova, avendone la Corte medesima, tenuto conto delle emergenze istruttorie già indicate nel primo motivo, erroneamente valutato l’assolvimento da parte della P., alla quale incombeva; che, nel terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 99, 101, 112 e 437, comma 2, c.p.c., si deduce la nullità della sentenza o del procedimento per aver la Corte territoriale disposto la riforma dell’impugnata sentenza in difetto di una specifica domanda in tal senso da parte dell’allora appellante;
che, evidenziata la palese inammissibilità del terzo motivo, in cui non si dà conto “per tabulas” dell’omessa formulazione della domanda di riforma della sentenza appellata, del resto scarsamente plausibile sotto il profilo, qui valorizzato dalla ricorrente della compromissione del principio del contraddittorio e del pregiudizio al diritto di difesa, si deve rilevare come parimenti inammissibili si appalesino il primo ed il secondo motivo, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risolvendosi entrambe le censure mosse nella mera confutazione del convincimento cui, nel suo libero apprezzamento del materiale istruttorio, perviene la Corte territoriale;
che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va rigettato, senza attribuzione delle spese di lite per non aver l’intimata svolto alcuna attività difensiva;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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