CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 ottobre 2018, n. 27028
Cassa di previdenza Dottori Commercialisti – Calcolo della quota secondo il modello reddituale – Sistema di incremento del numero degli anni da porre a base di computo – Deliberazioni adottate dagli enti privatizzati ex D.Lgs. n. 509/1994 – Modifiche in peius in materia di accesso a pensione o criteri di calcolo meno favorevoli per l’assicurato
Ritenuto che
con la sentenza n. 8287/2012, la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti (CNPADC) avverso la sentenza che aveva accolto la domanda di V.F. intesa a ottenere la dichiarazione di illegittimità dell’articolo 10, comma 8 del Regolamento della Cassa approvato con D.I. 14/7/2004 nella parte in cui introduceva, ai fini del calcolo della quota che si continua a calcolare secondo il modello reddituale, un sistema di incremento del numero degli anni da porre a base di computo della quota stessa, in contrasto con la normativa in vigore al momento della maturazione del diritto; con condanna della Cassa a riliquidare in favore del ricorrente la quota di pensione riferibile alle anzianità contributive anteriori al 31/12/2003 sulla base della normativa vigente anteriormente all’entrata in vigore del Regolamento suddetto ed a corrispondere gli arretrati dovuti oltre accessori;
a fondamento della pronuncia la Corte d’Appello richiamava la sentenza n. 8847/2011 con cui questa Corte di Cassazione aveva affermato che il d.lgs. 509/1994 e l’art. 3, comma 12 della I. 335/1995, pur avendo conferito alla Cassa poteri riguardanti i criteri di determinazione della misura del trattamento pensionistico (salvo il pro rata), non avevano attribuito alla stessa Cassa il potere di incidere sulla disciplina contributiva e delle prestazioni e pertanto sui requisiti per l’accesso alle pensioni, salvo i poteri già previsti in base alla normativa preesistente;
avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti affidando le proprie censure a tre motivi illustrati da memoria; F.V. è rimasto intimato.
Considerato che
con il primo motivo la CNPADC lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 3 comma 12 e dell’articolo 1, comma 12 della legge 335/95 in relazione anche ai successivi commi n. 17 e n. 18 del citato articolo 1; erronea interpretazione ed applicazione del principio del pro rata (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) atteso il diritto delle Casse di stabilire diverse determinazioni dei trattamenti pensionistici.
con il secondo motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 1 c.p.c. dell’articolo 1, comma 763 ultimo periodo legge 296/2006 nella parte in cui ha parzialmente modificato l’articolo 3, comma 12 della legge n. 335 del 1995, che ha definitivamente riconosciuto l’autonomia normativa delle Casse privatizzate ed il loro potere di incidere anche sul sistema retributivo in quanto tale.
col terzo motivo, in via subordinata, si chiede che venga sollevata la questione di legittimità costituzionale degli relazione agli articoli 3 e 38 della Costituzione, dell’articolo 3 comma 12 della legge 335 del 1995 e dell’articolo 1, comma 12 della medesima legge in relazione anche ai successivi commi 17 e 18, se interpretati nel senso che il rispetto del principio del pro rata, ai fini della determinazione della quota di pensione retributiva, vieta la graduale modifica nel corso degli anni del periodo di riferimento per il calcolo del reddito da lavoro cui fare riferimento per determinare l’entità della pensione al momento della maturazione del diritto;
i motivi di ricorso, i quali possono essere esaminati unitariamente per la connessione che li correla, sono infondati; sotto il profilo fattuale non è contestato che l’intimato abbia maturato il diritto a pensione con decorrenza ante gennaio del 2007;
occorre pertanto applicare la giurisprudenza di questa Corte (cfr. n. 20235/2010, n. 13607/2012, n. 14/2015) secondo cui sono illegittime le deliberazioni adottate nel tempo dagli enti privatizzati di cui al d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, con le quali sono state introdotte modifiche in peius in materia di accesso a pensione o criteri di calcolo meno favorevoli per l’assicurato; in particolare, secondo quanto osservato con la sentenza n. 25212 del 30/11/2009, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare – in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione – atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere tali atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” – che è stabilito in relazione “alle anzianità già maturate”, le quali concorrono a determinare il trattamento medesimo – e lesivi dell’affidamento dell’assicurato a conseguire una pensione di consistenza proporzionale alla quantità dei contributi versati;
è stato inoltre ribadito (sentenza n. 8847 del 18/04/2011) che sulla violazione della regola del “pro rata” di cui all’art. 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, non può rilevare, in senso contrario, il disposto dell’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il quale va interpretato nel senso che la disposta salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 ed approvati dai Ministeri vigilanti, non vale a sanare la illegittimità dei provvedimenti adottati in violazione della precedente legge vigente al momento della loro emanazione;
tali orientamenti sono stati poi confermati dalle Sez. Unite con le pronunce nn. 17742/2015 e 18136/2015, le quali hanno disatteso tutte le censure, anche a carattere costituzionale, pure qui sollevate, con le quali si sostiene la legittimità dei provvedimenti adottati dalla Cassa e la sanatoria per effetto dell’art. 1 comma 763 della legge 296/2006; si è affermato al contrario che in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994, per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario dell’art. 3, comma 12, della I. n. 335 del 1995, sicché non trovano applicazione le modifiche “in peius” per gli assicurati introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del “pro rata” per effetto della riformulazione disposta dall’art. 1, comma 763, della I. n. 296 del 2006, come interpretata dall’art. 1, comma 488, della I. n. 147 del 2013;
si tratta di pronunce fondate su argomenti a carattere generale che valgono anche per le modifiche in peius (introdotte con il nuovo “Regolamento di disciplina del regime previdenziale”, approvato con Decreto interministeriale 14 luglio 2004 ed applicato a decorrere dall’ 1 gennaio 2005) che hanno aggravato i requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso a pensione; modifiche che non possono perciò trovare applicazione al caso di specie;
il ricorso deve essere pertanto respinto; nulla va disposto sulle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva; deve darsi atto peraltro che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del Dpr 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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