CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2019, n. 10572
Licenziamento per superamento del periodo di comporto – CCNL dipendenti vigilanza privata – Assenza per infortunio sul lavoro – Non computabilità nel periodo di comporto
Rilevato che
P.L. adiva il Tribunale di Foggia chiedendo l’annullamento del licenziamento per superamento del periodo di comporto (240 giorni ex art. 125 del c.c.n.l. dipendenti vigilanza privata) intimatogli dalla N.S. s.r.l. il 25.8.11.
Il Tribunale riteneva dapprima superato il comporto per essersi L. assentato per 307 giorni nell’arco temporale compreso tra il 20.10.10 ed il 22.8.11, tuttavia concluse per il mancato superamento del comporto in base all’art. 127 del detto c.c.n.l. che prevedeva l’assenza dal lavoro causata da infortunio sul lavoro, evidenziando che il lavoratore aveva subito, in data 3.5.10 un infortunio sul lavoro per cui riteneva non computabili nel periodo di comporto le assenze comprese dal 26.1.11 al 15.4.11 conseguenti il menzionato infortunio. Annullava pertanto il licenziamento reintegrando il ricorrente nel suo posto di lavoro, con condanna della società al pagamento delle retribuzioni dal licenziamento alla effettiva reintegra.
Avverso tale pronuncia proponeva appello la società; resisteva il L.
Con sentenza depositata il 10.5.17, la Corte d’appello di Bari rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la N.S., affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria, cui resiste il lavoratore con controricorso.
Considerato che
La ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2110 c.c.; dell’art. 127 del menzionato c.c.n.l., oltre che degli artt. 2 e 66 del t.u. n. 1124/65.
Lamenta in sostanza che il c.c.n.l. era chiaro nel prevedere che, in caso di infortunio sul lavoro, doveva farsi esclusivo riferimento alla certificazione Ina il, che individuava quale giorno di scadenza dell’inabilità temporanea legata all’infortunio il 19.10.10, sicché non era possibile produrre altre certificazioni che ponessero in connessione il protrarsi dell’assenza col pregresso infortunio al fine dello scomputo dal periodo di comporto.
Il ricorso, di cui si apprezza la precisa ed esauriente concisione, non può trovare accoglimento, non potendo il c.c.n.l. precludere alle parti il diritto di far valere in giudizio i loro diritti, nella specie quello del lavoratore di dimostrare che l’assenza dal lavoro era comunque connessa ad un precedente infortunio, e dunque a causa a lui non imputabile e dunque scomputabile dal periodo di comporto.
Ed invero, come questa Corte ha più volte osservato, la qualificazione dell’infermità del lavoratore, come infortunio sul lavoro, anziché come malattia professionale, non preclude, in nessun caso, al giudice, in base al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di conoscere e decidere la questione se le assenze del lavoratore, causate dalla stessa infermità, risultino comunque imputabili a responsabilità del datore di lavoro e, come tali, non siano computabili nel periodo di comporto, di cui all’art. 2110 cod.civ. (Cass. n. 18711/06).
Inoltre, con più specifico riferimento al caso in esame, l’accertamento negativo effettuato dall’INAIL sulla qualificazione dell’infermità del lavoratore, nell’ambito del procedimento amministrativo per il riconoscimento delle prestazioni dallo stesso erogabili, non preclude al giudice di verificare se le assenze, causate dalla stessa infermità, risultino comunque imputabili a responsabilità del datore di lavoro e, come tali non siano computabili nel periodo di comporto di cui all’art. 2110 c.c. (Cass. n. 26583/17).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €. 200,00 per esborsi, €.5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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