CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2022, n. 8649
Tributi – Diritti di licenza e imposta di consumo energia elettrica – Officine elettriche per uso proprio – Omessa denuncia di impianto – Evasione totale – Accertamento – Prescrizione – Decorrenza – Dal momento della scoperta dell’illecito
Rilevato che
Con sentenza n. 43/05/11 del 6 aprile 2011, depositata il 27 maggio 2011, la Commissione tributaria regionale del Piemonte respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ufficio locale, avverso la sentenza n. 134/05/09 della Commissione tributaria provinciale di Torino che aveva accolto i ricorsi proposti dalla S. spa contro gli avvisi di pagamento per omissioni varie di versamenti inerenti diritti di licenza ed imposte, erariali e locali, sul consumo di energia elettrica.
La CTR osservava in particolare che doveva considerarsi corretta l’affermazione dei primi giudici della prescrizione dei diritti erariali di cui agli atti impositivi impugnati per il periodo precedente il 2003, retroagendo a quella annualità l’effetto interruttivo della “scoperta”, avvenuta nel febbraio 2008, delle omissioni di pagamento che li titolavano.
Il giudice tributario di appello ribadiva che tale conclusione giuridica era conseguente alla interpretazione della frase “opera dal momento della scoperta del fatto illecito” utilizzato nell’art. 15, TUA, appunto con riferimento alla prescrizione dei diritti erariali (e delle relative sanzioni) in caso di «comportamenti omissivi», quali sono pacificamente quelli in oggetto, dovendosi attribuire a tale proposizione normativa il significato di “è compiuta”. Ciò, secondo la CTR piemontese, in stretta analogia con quanto disposto dall’art. 2962, cod. civ. in ordine al compimento del termine prescrizionale ossia individuandosi appunto nel caso di specie il “compimento” della prescrizione con il «momento della scoperta» del fatto illecito.
Altrimenti, per i giudici regionali, la norma doveva essere scritta come “momento di partenza” e non di scadenza del termine prescrizionale, peraltro soggiungendo che bisognava farsi riferimento al tempo dell’insorgenza dell’obbligazione tributaria, affermato coincidente con l’attivazione dell’officina di produzione dell’energia elettrica.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli deducendo due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
Considerato che
In via preliminare si deve rilevare che con ordinanza n. 200 del 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata da questa Corte in relazione all’art. 57, comma 3, secondo periodo, d.lgs. 504/1995, nel testo applicabile temporalmente, «nella parte in cui non prevede una data certa di inizio della decorrenza del termine di prescrizione delle obbligazioni tributarie nel caso di comportamenti omissivi del soggetto contribuente» (ordinanza interlocutoria n. 5484/2020).
Non rimane dunque che fare applicazione delle disposizioni legislative denunciate (per sospetto) di illegittimità costituzionale.
Ciò posto, con il primo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – l’agenzia fiscale ricorrente deduce la violazione/falsa applicazione degli artt. 15, 57, d.lgs. 504/1995, 12 disp. prel. cod. civ., poiché la CTR ha ritenuto che l’espressione «In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito» -contenuta in entrambe le disposizioni del TUA evocate – debba essere intesa nel senso che tale «scoperta» fissi il termine finale del periodo di maturazione della prescrizione, in particolare attribuendo alla voce verbale «opera dal» il significato di “è compiuta”, perciò affermandone la parziale illegittimità delle pretese creditorie di cui agli avvisi di pagamento impugnati in quanto riguardanti obbligazioni di imposta antecedenti i 5 anni dalla “scoperta” degli illeciti omissivi (dichiarativi e di versamento di imposta) de quibus avvenuta nel febbraio 2008, stigmatizzandosi la violazione dei canoni ermeneutici generali fissati dalla pure evocata disposizione delle preleggi.
Con il secondo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 15, 57, TUA, 2935, cod. civ., poiché la CTR ha ritenuto che il momento determinativo dell’inizio della decorrenza della prescrizione nel caso di specie deve essere fissato al tempo dell’insorgenza dell’obbligazione tributaria secondo le regole ordinarie ossia dal momento della produzione dell’energia elettrica mediante un’officina ad uso proprio e non, come allegato dall’agenzia fiscale, dal momento della scoperta dell’omissione di denuncia della produzione medesima, affermando che ciò è previsto dalla legge nei soli casi in cui sia stato commesso un illecito penale, escludendone la sussistenza nel caso di specie per il semplice fatto dell’”autodenuncia” della società contribuente.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono fondate.
Va anzitutto osservato che risulta pacifico in fatto che:
– il 17 gennaio 2006 la S. spa ha presentato all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ufficio locale, denuncia di “primo impianto” di alcune officine di produzione di energia elettrica “in proprio”, peraltro dichiarando che le prime attivazioni di tali officine erano rispettivamente avvenute negli anni 1989, 1993, 1995, 1996, 1998;
– che conseguentemente l’Ufficio effettuava nel febbraio 2008 un sopralluogo presso la società contribuente all’esito del quale venivano emessi avvisi di pagamento per omessa denuncia preventiva di attivazione, omesso versamento del diritto di licenza, omesso versamento dell’imposta erariale di consumo e delle addizionali; che venivano altresì emessi atti di contestazione per l’irrogazione delle correlative sanzioni amministrative;
– che la società contribuente definiva in via agevolata le pretese/contestazioni relative agli anni 2003/2007 ed invece impugnava gli atti impositivi e sanzionatori per le annualità precedenti, affermando l’infondatezza delle relative pretese erariali in quanto estinte per maturata prescrizione.
Oggetto essenziale della controversia nei gradi di merito è stata dunque la fondatezza dell’eccezione di prescrizione dedotta con i ricorsi introduttivi della lite e conseguentemente quello di questo giudizio di legittimità è valutare la correttezza della soluzione giuridica adottata concordemente dalla CTP e dalla CTR piemontesi in senso favorevole alla società contribuente.
A tale fine appare anzitutto necessaria la ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
Come detto, risulta pacifico che la S. spa ha attivato alcune “officine” di produzione di energia elettrica per l’uso proprio senza farne la preventiva denuncia all’Ufficio tecnico di finanza (UTIF) competente per territorio e non è altresì controverso che sulla società contribuente incombesse il relativo obbligo formale, come previsto dall’art. 53, commi 1-2, TUA, nella versione vigente ratione temporis.
Da ciò consegue quindi la sussumibilità, neanch’essa controversa tra le parti, della condotta de qua nella fattispecie sanzionatoria astratta di cui all’art. 59, primo comma, lett. a), TUA, secondo il quale «Indipendentemente dall’applicazione delle pene previste per i fatti costituenti reato, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa o che si è tentato di evadere .. il fabbricante ..
che: a) attiva l’officina a scopo di produzione di energia elettrica senza essere provvisto della licenza di esercizio;».
Come detto, la questione giuridica controversa è quella della prescrizione delle pretese creditorie portate dai provvedimenti impugnati, quali “titolate” dalla mancata denunzia di impianto e dalle successive ulteriori omissioni formali (in particolare: dichiarazione di consumo annuale ex art. 55, TUA, nella versione applicabile ratione temporis).
Tale questione si incentra sulla, controversa, interpretazione delle previsioni, generale e speciale, dello stesso TUA, sempre nella versione applicabile ratione temporis, rispettivamente di cui:
– all’art. 15, comma 1, secondo il quale «Il credito dell’amministrazione finanziaria per l’accisa si prescrive in cinque anni. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento di scoperta del fatto illecito.»;
– all’art. 57, comma 3, secondo il quale «Il termine di prescrizione per il recupero dell’imposta è di cinque anni dalla data in cui è avvenuto il consumo. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito.»
Si tratta di disposizioni sostanzialmente omologhe quanto al contenuto normativo ed identiche nella seconda parte, che è quella la cui ermeneusi è fondamentale in questo giudizio e ciò depriva di rilevanza la considerazione che il giudice tributario di appello abbia sussunto il caso di specie nella prima, mentre era evidentemente la seconda la previsione astratta cui riferire l’oggetto della causa, trattandosi di quella che -in allora- era l’ «imposta erariale di consumo» sull’energia elettrica, alla quale, in parte qua, era appunto applicabile tale ultima disposizione legislativa, mentre la prima riguardava altre imposte (accise sugli olii minerali, sugli alcolici ed altre).
Ciò chiarito in premessa di diritto, questa Corte ritiene errata l’interpretazione data nei gradi di merito a detti enunciati del TUA e quindi fondate le critiche alla sentenza impugnata mosse dall’agenzia fiscale ricorrente.
L’art. 57, comma 3, d.lgs. 504/1995 in relazione alla prescrizione dei diritti erariali inerenti l’imposta sulla produzione dell’energia elettrica prevede infatti una regola ed un’eccezione:
– la prima espressamente fissa il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale nella «data in cui è avvenuto il consumo»;
– la seconda, appunto in via di eccezione, sancisce che la prescrizione «opera dal momento della scoperta del fatto illecito» nel caso in cui esso consista/dipenda da «comportamenti omissivi».
Non è dubbio che il caso in esame riguardi l’ “eccezione”, non la “regola”, posto che, come sopra si è rilevato in fatto, pacifico è che la S. spa aveva omesso la denuncia di impianto delle sue officine elettriche (per uso proprio), effettuandola soltanto nel 2006, anche a distanza di molti anni e quindi medio tempore aveva altresì omesso qualsiasi adempimento formale (dichiarazione di consumo annuale) e sostanziale (pagamento del diritto di licenza e del tributo) previsti dall’art. 55, TUA, nella versione applicabile ratione temporis.
La prescrizione dei diritti così evasi (e delle correlative sanzioni) non può che decorrere dalla scoperta (febbraio 2008) di tali «comportamenti omissivi», essendo questo palesemente il significato letterale della locuzione «opera dal momento» utilizzato nella previsione normativa in esame, il quale non può che essere inteso come equipollente della locuzione “decorre dalla data”, in termini lessicalmente variati, ma del tutto omologhi nel senso, alla previsione della prima parte della stessa disposizione legislativa.
In questo senso milita peraltro la ratio evidente della previsione stessa, poiché essa è, semplicemente, un presidio normativo nei confronti degli “evasori totali” dell’imposta sul consumo dell’energia elettrica ossia è diretta ad evitarne l’impunità “pregressa” alla “scoperta” del loro comportamento omissivo.
Né d’altro canto ha alcun fondamento nella litera legis l’argomento, utilizzato dalla CTR piemontese, che la seconda parte dell’art. 57, comma 3, TUA trovi applicazione soltanto nei casi di rilevanza penale dell’illecito omissivo.
Anzi, l’espressa previsione dell’illecito omissivo de quo da parte dell’art. 59, comma 1, lett. a), TUA, che nel suo incipit fa chiara “riserva di specialità” («Indipendentemente dall’applicazione delle pene previste per i fatti costituenti reato ..»), induce a ritenere del tutto “autosufficiente” la disciplina della prescrizione della specifica sanzione tributaria in esame e dei relativi diritti di licenza/di imposta, quale appunto dettata dall’art. 53, comma 3, seconda parte, dello stesso TU.
Il ricorso va dunque accolto in relazione ad entrambi i motivi, la sentenza impugnata va cassata e, decidendosi nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, devono essere rigettati i ricorsi introduttivi della lite.
Tenuto conto dell’alterno esito dei gradi del giudizio nonché dell’incidente di costituzionalità, le spese del processo vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta i ricorsi introduttivi della lite; compensa integralmente le spese processuali.
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