CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1169
Tributi – Imposta pubblicità – Insegna “Postamat” – Funzione informativa e segnaletica di un servizio di pubblica utilità – Esclusione dell’imposta
Rilevato che
1. La I.C.A. srl, concessionaria per l’imposta di pubblicità del Comune di Zevio (VR), propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2/15/13 del 4 gennaio 2013, con la quale la commissione tributaria regionale del Veneto, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento da essa notificato a P.I. S.p.A. per omesso versamento dell’imposta comunale sulla pubblicità 2010; ciò in relazione ad insegna “Postamat” collocata sullo sportello di prelievo automatico di contante ubicato presso l’ufficio postale del Comune di Zevio.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: – la scritta in oggetto non avesse funzione pubblicitaria, ma di mera indicazione all’utenza della collocazione dello sportello automatico, e della possibilità di ivi effettuare le operazioni consentite sulla base delle condizioni contrattuali stipulate con P.I.; – trattandosi di avviso al pubblico e non di scritta pubblicitaria, l’imposta di pubblicità dovesse dunque su di esso corrispondersi solo nell’ipotesi, qui non ricorrente, di superamento del limite dimensionale di mezzo metro quadrato di cui all’articolo 17, co.1, lett. b) d.lgs. 507/93.
Resiste con controricorso P.I. spa.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
2.1 Con il primo motivo di ricorso I.C.A. lamenta – ex art. 360, 1 co. n. 3 cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 7, co. 2, e 17, co. 1 lett. b), d.lgs. 507/93. Per avere la commissione tributaria regionale esentato da imposta di pubblicità la scritta “Postamat” in oggetto, nonostante l’insussistenza dei presupposti legali di esenzione (del resto insuscettibili di applicazione estensiva). In particolare, la commissione tributaria regionale non aveva considerato che tale scritta non si trovava né sulla vetrina dell’ufficio postale né sulla sua porta d’ingresso, bensì sul muro dell’ufficio postale dove era collocato lo sportello automatico; nemmeno ricorreva la causa di esenzione prevista per l’esposizione dell’avviso “nelle immediate adiacenze del punto di vendita” ex art. 17 cit..
2.2 Il motivo è infondato.
In base all’art. 5 del d.lgs. 507/93 “1. La diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile è soggetta all’imposta sulla pubblicità prevista nel presente decreto. 2. Ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato”.
Da questa disposizione fondamentale si evince che l’imposta in questione colpisce la diffusione comunicativa di messaggi pubblicitari in luogo pubblico; intendendosi per tali i messaggi, ad oggetto economico, aventi finalità promozionale e di miglioramento dell’immagine dell’operatore di mercato.
Ora, la scritta “Postamat” – come esattamente ritenuto dal giudice di merito – non rientra in questa nozione legislativa di messaggio di rilevanza pubblicitaria, dal momento che essa non si pone l’obiettivo di promuovere la domanda di beni o servizi, e nemmeno di migliorare l’immagine di P.I., quanto soltanto di segnalare all’utenza l’ubicazione dello sportello automatico presso il quale è consentito fruire dei servizi bancari procurati da quell’operatore. Tale scritta esplica dunque una funzione essenzialmente informativa e segnaletica del luogo di svolgimento di una determinata operatività sostanzialmente rispondente ad un servizio di pubblica utilità; il che è cosa ben diversa dallo scopo di induzione e di sollecitazione all’acquisto, invece connaturato al messaggio pubblicitario.
Va del resto considerato che l’iscrizione in esame segnala la possibilità per l’utenza di espletare, presso quel determinato terminale automatizzato, tutta una serie di servizi che tale utenza ha già acquistato, e di cui può avvalersi nell’osservanza di condizioni contrattuali già da essa accettate all’atto della stipula.
Dunque, non di incremento ed impulso di nuova domanda di mercato si tratta, bensì di indicazione e segnalazione di un terminale tecnico automatizzato (assimilabile allo sportello di banca) dove è possibile fruire di funzioni e servizi che già hanno trovato collocazione sul mercato, e la cui promozione pubblicitaria – se vi è stata – è stata svolta in precedenza, con diversa modalità ed in diversi luoghi e tempi.
Lo stesso decreto istitutivo prende in considerazione – per esentarlo dall’imposta – quel messaggio che sia privo di rilevanza pubblicitaria nel senso appena indicato, in quanto svolgente la funzione pratica e sostanziale non di promozione di mercato, bensì di mero “avviso al pubblico”. Fattispecie che viene sì recuperata a tassazione, ma solo quando, per le ingenti dimensioni dell’avviso (individuate dal legislatore nella superficie superiore a mezzo metro quadrato), quest’ultimo mostri di andare al di là dello scopo suo proprio, così da risultare effettivamente idoneo a captare ed orientare possibili flussi di domanda commerciale di beni e servizi (art. 17, 1 co., lett.b).
La sentenza della commissione tributaria regionale ha fatto buon governo di questa disciplina normativa, escludendo che la scritta “Postamat” in questione – nella specie inferiore alla suddetta superficie massima, come appurato dal giudice di merito tramite relazione tecnica versata in giudizio – esulasse dai connotati e dalla funzione propria dell’avviso al pubblico.
Si tratta di decisione conforme all’orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui il presupposto dell’imposta sulla pubblicità va appunto ricercato “nell’astratta possibilità del messaggio pubblicitario, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, divenuti tali per il solo fatto di trovarsi in quel luogo” (Cass. ord. 6714/17); e quindi nello scopo di “promuovere la domanda di beni o servizi, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile” (Cass. 2629/15).
Va detto – non certo perché si tratti di fonte interpretativa vincolante per il giudice, ma perché essa stessa conforme alla più corretta interpretazione legislativa – che nello stesso senso si esprime la Risoluzione MEF n. 2/DF del 24 aprile 2009, secondo la quale il fine della iscrizione “Bancomat” (così come di quelle, analoghe, di “Cambio” ovvero “Cassa Continua” e similari) “è quello di comunicare alla clientela le diverse tipologie di attività esercitata ovvero i servizi prestati nei locali delle filiali bancarie e, dunque, di indirizzare gli interessati verso il locale o la sezione di esso – come nel caso delle apparecchiature adibite a “Bancomat” – in cui è possibile usufruire del servizio prescelto”.
Si tratta dunque, secondo la stessa amministrazione finanziaria, non già di mezzi pubblicitari imponibili, bensì di avvisi al pubblico (sempre se inferiori alla suddetta superficie massima) che non rivestono “carattere di invito o stimolo verso il pubblico alla consumazione del bene in vendita ovvero alla fruizione del servizio offerto”, perseguendo invece lo scopo “di fornire agli interessati le idonee comunicazioni e notizie tese a facilitare l’utilizzazione dei beni e dei servizi in questione”.
Per quanto concerne, in particolare, le iscrizioni che segnalano la presenza di postazioni “Bancomat” in luoghi e sedi diverse dalle banche di appartenenza (perché ad esempio situate in stazioni, centri commerciali, ospedali ecc…), nemmeno la presenza aggiuntiva – sull’iscrizione – del logo o marchio o denominazione della Banca di riferimento integra messaggio di rilevanza pubblicitaria, trattandosi pur sempre di “un elemento essenziale per completare l’informazione diretta al cliente”; sicché, neppure in tal caso tali iscrizioni “rivestono il carattere di invito o stimolo verso il pubblico alla fruizione del servizio offerto, considerato che l’erogazione dei servizi in questione e le conseguenti operazioni effettuabili non sono altro che l’esecuzione di rapporti contrattuali che sono stati già conclusi tra la banca e il cliente”.
Quanto finora considerato vale sia per l’iscrizione “Bancomat”, sia per l’iscrizione “Postamat”.
Quest’ultima costituisce infatti una specie della prima che, per quanto suscettibile di individuare, tra i molti, un determinato operatore bancario e solo quello (P.I.), esplica purtuttavia – nei limiti legali di superficie – una funzione non già di promozione e di incentivazione della domanda, ma essenzialmente direzionale e di segnalazione della fruibilità in loco del servizio secondo le modalità tecniche e le condizioni economiche e negoziali già con tale operatore concordate.
3.1 Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso I.C.A. deduce – ex art. 360, 1 co. n. 5 cod.proc.civ. – “apodittica e contraddittoria motivazione” (secondo motivo, nell’ipotesi in cui si ritenga che la nuova formulazione della disposizione da ultimo citata, come rinveniente dal d.l. 83/12 conv. in I. 134/12, non sia applicabile al rito tributario), ovvero “omesso esame” circa un fatto decisivo per il giudizio (terzo motivo, nell’ipotesi contraria).
Per avere la commissione tributaria regionale tralasciato di considerare l’effettiva rilevanza pubblicitaria della scritta in oggetto, a nulla rilevando il diverso orientamento, non vincolante, espresso in materia dal ministero dell’economia delle finanze con la risoluzione n. 2/E del 24 aprile 2009.
3.2 Nemmeno queste doglianze possono trovare accoglimento.
Per quanto concerne il secondo motivo, se ne riscontra anzi la radicale inammissibilità, dal momento che nel presente giudizio (ricorso per cassazione avverso sentenza della CTR pubblicata nel gennaio 2013) trova applicazione il più rigido regime del vizio di motivazione ex art. 360, 1 co. n. 5 cod. proc. civ., come modificato dal d.l. 83/12 cit..; regime ritenuto applicabile anche ai giudizi di legittimità pertinenti, ex art. 62 d.lgs. 546/92, a sentenze della commissione tributaria regionale (SSUU 8053/14).
Con la conseguenza che la sentenza può essere impugnata, in sede di legittimità, non più per “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia” (previgente formulazione del n. 5 dell’articolo 360 in esame), bensì nei ben più ristretti limiti dell’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Venendo a quest’ultimo profilo (fatto oggetto specifico del terzo motivo di ricorso), la doglianza risulta infondata.
Come detto, la commissione tributaria regionale – lungi dall’omettere l’esame dell’elemento fondamentale di causa costituito dalla rilevanza imponibile dell’iscrizione – ha affrontato il tema, giungendo quindi alla conclusione che tale iscrizione, al pari di quella “Bancomat”, non integra promozione pubblicitaria, quanto mera indicazione di utilizzo, a predeterminate condizioni contrattuali, di terminali ed apparecchiature automatizzate.
Dalla motivazione offerta dal giudice di merito, in definitiva, si evince dunque che il problema nevralgico di causa è stato esaminato, non ignorato; e che di tale disamina è stata data sintetica, ma compiuta, ricostruzione in fatto e diritto.
Il ricorso va dunque rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto: “le iscrizioni “Bancomat” e “Postamat” non costituiscono, ex art. 5 d.lgs. 507/93, “messaggio di rilevanza pubblicitaria” ai fini dell’imposta comunale sulla pubblicità, bensì “avviso al pubblico” esente, se di superficie non superiore al mezzo metro quadrato ex art. 17, 1 co., lett. b, d.lgs. 507/93, da tale imposta. Ciò in ragione del fatto che esse, pur essendo collocate in luogo pubblico o aperto al pubblico, non promuovono la domanda di beni o servizi né la conclusione di contratti ovvero il miglioramento dell’immagine del relativo operatore di mercato; limitandosi invece a segnalare l’ubicazione di un terminale automatizzato presso il quale l’utenza, a tal fine indirizzata, potrà fruire di servizi bancari già da essa acquistati, e secondo le modalità tecniche e le condizioni economiche contenute in contratti già da essa stipulati con l’operatore bancario di riferimento”.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 700,00, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;
v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 giugno 2021, n. 16792 - Il presupposto impositivo dell'imposta comunale sulla pubblicità non è la concreta utilizzazione del mezzo pubblicitario mediante il quale il messaggio viene diffuso, bensì la mera…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 novembre 2021, n. 35109 - In tema di imposta comunale sulla pubblicità, l’articolo 7, comma 1, del Dlgs n. 507 del 1993, identifica il presupposto impositivo nel mezzo pubblicitario, inteso come qualsiasi forma di…
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche, sezione 4, sentenza n. 10 depositata il 4 gennaio 2024 - Le iscrizioni che segnalano la presenza di postazioni “Bancomat” in luoghi e sedi diverse dalle banche di appartenenza, come quelle…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 33065 depositata il 9 novembre 2022 - In tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l'esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura dell'obbligazione…
- Corte di Cassazione sentenza n. 29991 depositata il 13 ottobre 2022 - L'amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell'ambito di procedimenti amministrativi connessi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 maggio 2019, n. 13636 - Imposta sulla pubblicità, la norma de qua, pur prevedendo l'esenzione dal pagamento dell'imposta ove l'esposizione di un logo o di una targa configuri un obbligo ex legge, mostra tuttavia di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…