CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 giugno 2021, n. 17344
Rapporto di lavoro – Inquadramento superiore – Mansioni di terminalista – Domanda – Riconoscimento
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 30 luglio 2019, ha confermato la pronuncia di primo grado con cui era stato respinto il ricorso proposto da A.C. nei confronti della S.A. Spa, di cui era dipendente, volto al riconoscimento “delle mansioni di terminalista ascrivibili al V livello retributivo (ndr. del CCNL Metalmeccanici), in luogo delle mansioni ascritte al IV livello di imballatore alle quali risulta formalmente inquadrato”;
2. la Corte territoriale ha rilevato che il C., “con la produzione del solo stralcio del CCNL relativo all’art. 2 che riguarda il passaggio temporaneo di funzioni, ma non anche delle altre parti del contratto tra cui l’art. 1 in cui sono descritte le declaratorie tra cui quella rivendicata”, non ha consentito di svolgere quel procedimento in tre fasi successive richiesto dalla Cassazione “in caso di domanda di accertamento di mansioni superiori”;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con 1 motivo; ha resistito con controricorso la società intimata;
4. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;
Considerato che
1. con il motivo si denuncia: “violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. – violazione dell’art. 2103 c.c. – omessa valutazione della prova documentale offerta dal ricorrente”; si deduce che il C., nel periodo in controversia in cui aveva espletato i compiti di terminalista, aveva avuto nella retribuzione una voce aggiuntiva denominata “differenza di categoria”, poi non più corrisposta quando era ritornato ad espletare compiti di operaio imballatore;
2. il motivo, per come formulato, è inammissibile;
esso non censura adeguatamente l’effettiva ratio decidenti della pronuncia impugnata che sta tutta nella mancata allegazione in giudizio della disciplina pertinente del contratto collettivo applicabile, ai fini del riconoscimento del rivendicato inquadramento superiore; piuttosto si eccepiscono insussistenti violazioni di legge, avuto riguardo all’art. 115 c.p.c. ed all’art. 2103 c.c., quando il decisimi della Corte territoriale è conforme a Cass. n. 6394 del 2019 e Cass. n, 19507 del 2014, secondo cui, premesso che la conoscibilità “ex officio” di un contratto collettivo si atteggia diversamente a seconda che si versi in un’ipotesi di violazione del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico o di un contratto collettivo nazionale del pubblico impiego, nel primo caso il contratto è conoscibile solo con la collaborazione delle parti, la cui iniziativa, sostanziandosi nell’adempimento di un onere di allegazione e produzione, è assoggettata alle regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova sul contraddittorio (che non vengono meno neppure nell’ipotesi di acquisizione giudiziale ex art. 425, comma 4, c.p.c.);
3. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS. U. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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