CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1360
Tributi – Imposta sulla pubblicità dei diritti delle pubbliche affissioni – Accertamento – Riscossione
Ritenuto che
la controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento del 2012 riguardante l’imposta sulla pubblicità dei diritti delle pubbliche affissioni del comune di Perugia per omessa dichiarazione di cui all’art. 8, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 507 del 1993; in particolare si tratta di vetrofanie che coprono intere vetrine e rappresentano generalmente prodotti alimentari, talvolta accompagnati da scene di vita quotidiana;
la C.T.R. di Perugia, confermando la decisione della commissione provinciale, ha respinto l’appello della contribuente;
avverso l’ordinanza ricorre la contribuente, mentre il concessionario ed il comune si costituiscono con controricorso; quest’ultimo e la contribuente depositano memoria.
Considerato che
1. Con un unico motivo di ricorso la contribuente lamenta la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.; in particolare, si duole che la sentenza impugnata non abbia fondato la propria decisione su fonti normative e non abbia tenuto conto della sua tesi difensiva, limitandosi ad un’analisi puramente esteriore delle vetrine.
1.1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla contribuente nel controricorso, in quanto la motivazione della sentenza impugnata, pur se stringata, è esistente. In particolare, dopo avere esaminato i mezzi sottoposti a tassazione, ne ha accertato la tassabilità chiarendone le ragioni.
1.2. Nel merito il ricorso è infondato.
1.3. Il collegio condivide, infatti, il consolidato orientamento espresso dalla S.C., secondo cui:”costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti – indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione – obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l’attività ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica”. (Cass. n. 17852 del 2004, 15449 del 2010). Occorre, infatti, distinguere la funzione sostanzialmente decorativa da quella pubblicitaria in grado di veicolare un messaggio diretto a raggiungere una pluralità di possibili acquirenti. Nel caso di specie, come accertato nella sentenza impugnata si tratta di “grandi fotografie che coprono l’intera superficie delle vetrine di un supermercato e rappresentano cibi vari (latte, verdure, pane, formaggi, ecc), materie prime, scene agresti, persone che cucinano, persone che consumano pasti in compagnia della famiglia o di amici“.
Tali immagini inequivocabilmente promuovono l’attività dell’esercente e sono dirette a richiamare l’attenzione dell’eventuale acquirente, in quanto sono strettamente attinenti all’attività commerciale svolta all’interno del supermercato. Va ritenuta, pertanto, la natura pubblicitaria dei mezzi sottoposti a tassazione oggetto del presente giudizio, assolvendo gli stessi ad una funzione promozionale di vendita.
1.4. Risulta, inoltre, accertato che tali vetrofanie occupino un’ampia metratura ( pari a circa complessivi mq. 62 ). Esse, pertanto, non possono usufruire dell’esenzione di cui all’art. 17, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 507 del 1993.
1.5. Gli accertamenti di fatto ora richiamati sono devoluti al giudice del merito e sono censurabili in sede di legittimità, nel caso di specie, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. nella sua nuova formulazione. La modifica del predetto articolo, disposta da disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012 ha circoscritto, infatti, il sindacato di legittimità sulla motivazione alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (per tutte in tal senso Cass. n. 23940 del 2017, n. 22598 del 2018). La sentenza impugnata ha motivato le ragioni per le quali ha ritenuto che le raffigurazioni fotografiche costituiscano un mezzo pubblicitario, facendo buon governo dei principi espressi dalla S.C. e sopra riportati. Ne consegue il rigetto del ricorso.
2. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la contribuente a pagare le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di € 2300,00, per compensi oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della contribuente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13.
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