CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 ottobre 2022, n. 30713
Lavoro – Cessione del ramo d’azienda – Quote di T.f.r. maturate alle dipendenze del datore cedente – Ammissione allo stato passivo del fallimento – Percezione dal Fondo di Garanzia ex art. 2, L. 297/1982 – Diritto – Esclusione
Rilevato che
1. con sentenza 30 novembre 2020, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato il gravame dell’Inps avverso la sentenza di primo grado, di riconoscimento del diritto dei lavoratori indicati in epigrafe a ricevere dall’Istituto, quale gestore del Fondo di Garanzia, a titolo di T.f.r. maturato quali dipendenti di S.F.M. s.r.l. (impresa già denominata C.G. A.F.E. s.r.l.), dichiarata fallita e per gli stessi importi ammessi allo stato passivo del fallimento, le somme indicate (F.C.: € 11.914,56; U.C.D.: € 3.739,51; M.G.: € 11.352,48; R.M.: € 5.635,73; L.R.: € 11.474,21; M.R.: € 30.316,44);
2. nonostante l’incontrovertibilità dei fatti e della loro sequenza temporale, essa ha escluso la prova, neppure offerta dall’Istituto, della dedotta simulazione di trasferimento di un ramo d’azienda tra l’impresa fallita e la ditta individuale M.C.d.G.F., alle cui dipendenze tutti i lavoratori, dimissionari dalla prima (a ciò sollecitati dai rispettivi legali rappresentanti delle due imprese) e immediatamente riassunti a tempo determinato dalla seconda, avevano prestato attività lavorativa con identiche mansioni, senza soluzione di continuità, all’interno dello stesso stabilimento e con le medesime attrezzature; e pure nonostante le medesime parti datoriali avessero concluso ed iscritto un contratto di cessione del ramo d’azienda corrente in Villanova del Ghebbo (RO) in via B. 21 nel registro delle imprese di Rovigo il 19 marzo 2015 (peraltro recante al capoverso dell’art. 3 la dichiarazione che “il ramo d’azienda in oggetto è privo di lavoratori subordinati”);
3. la Corte territoriale ha ritenuto piuttosto la vicenda sintomatica di un’effettiva incapacità dell’originario datore alla prosecuzione dell’attività d’impresa;
4. con atto notificato il 22 gennaio 2021, l’Inps ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, cui i lavoratori hanno resistito con controricorso;
5. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.
Considerato che
1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2, primo, secondo, quarto, quinto, settimo e ottavo comma l. 297/982, 1, primo comma, 2 d.lgs. 80/1992, in riferimento all’art. 2112 c.c., per erroneo accertamento del diritto dei lavoratori – ammessi allo stato passivo del fallimento del datore di lavoro nonostante il suo trasferimento dell’azienda ad impresa cessionaria alle cui dipendenze essi abbiano proseguito il rapporto – alla percezione dal Fondo di Garanzia della quota di T.f.r. maturata alle dipendenze del datore cedente. L’Istituto assume, infatti, essere l’impresa cessionaria subentrata nel rapporto di lavoro, così essendo tenuta in via solidale anche per la quota di T.f.r. maturata prima del trasferimento, con la conseguente esclusione della prestazione del Fondo, in difetto nel cedente fallito del requisito di datore dei lavoratori, avendo essi proseguito il rapporto di lavoro con la cessionaria (unico motivo);
2. esso è fondato;
3. la Corte veneziana ha accertato essere i “fatti di causa” dedotti dall’appellante “non controversi” (così all’ultimo capoverso di pg. 9 della sentenza), con particolare riferimento alle dimissioni dei lavoratori dal C.G. A.F.E. s.r.l. e ditta individuale M.C.d.G.F., con immediata (ri)assunzione da questa dei lavoratori dalla ditta individuale M.C.d.G.F. (pgg. 6 e 7, lett. da “o” a “s” della sentenza), divergendo dalla prospettazione dell’Inps del carattere simulato delle dimissioni (primo capoverso di pg. 10 della sentenza);
3.1. indiscusso l’accertamento dei fatti, e pertanto incontestata la ricostruzione della fattispecie concreta (alla stregua di cessione di un ramo d’azienda tra S.F.M. s.r.l., già denominata C.G. A.F.E. s.r.l. e ditta individuale M.C.d.G.F., alle cui dipendenze immediatamente riassunti a tempo determinato tutti i lavoratori dimissionari dalla prima), nel caso di specie ricorre, non già una quaestio facti, insindacabile in sede di legittimità, ma un errore di diritto (debitamente censurato dall’Inps, al primo capoverso di pg. 12 del ricorso, poi congruamente argomentato) per non corretta sussunzione della fattispecie concreta suddetta nella norma denunciata di violazione (art. 2112 c.c.): avendone la Corte d’appello tratto conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851; Cass. 29 ottobre 2020, n. 23927; con specifico riguardo ad un’ipotesi di trasferimento d’azienda: Cass. 16 marzo 2021, n. 7364, in motivazione sub p.to 5);
3.2. questa Corte ha qualificato la natura del “diritto del lavoratore di ottenere dall’Inps, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del T.f.r. a carico dello speciale fondo di cui all’art. 2 l. 297/1982” quale “diritto di credito ad una prestazione previdenziale … distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro, … ” che “si perfeziona non con la cessazione del rapporto di lavoro ma al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge”; sicché, “il Fondo di garanzia costituisce attuazione di una forma di assicurazione sociale obbligatoria, con relativa obbligazione contributiva posta ad esclusivo carico del datore di lavoro, con la sola particolarità che l’interesse del lavoratore alla tutela è conseguito mediante l’assunzione da parte dell’ente previdenziale, in caso d’insolvenza del datore di lavoro, di un’obbligazione pecuniaria il cui quantum è determinato con riferimento al credito di lavoro nel suo ammontare complessivo”; e pertanto, “il diritto alla prestazione del Fondo nasce … non in forza del rapporto di lavoro, ma del distinto rapporto assicurativo – previdenziale, in presenza dei già ricordati presupposti previsti dalla legge … ” (Cass. 19 luglio 2018, n. 19277, in motivazione sub p.ti da 5 a 7, con richiamo di precedenti);
3.3. ebbene, l’art. 2 l. 297/1982 e l’art. 2 d.lgs. 82/1990 individuano tali presupposti nella dichiarazione di insolvenza e di ammissione alle procedure concorsuali del datore di lavoro che sia tale al momento in cui la domanda di insinuazione al passivo sia proposta; inoltre, poiché il t.f.r. diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, il fatto che (erroneamente) il credito maturato per t.f.r. fino al momento della cessione d’azienda sia stato ammesso allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non può vincolare l’Inps, che è estraneo alla procedura e che perciò deve poter contestare il credito per t.f.r. sostenendo che esso non sia ancora esigibile, neppure in parte, e quindi non operi ancora la garanzia dell’art. 2 l. 297/1982 (Cass. 19 luglio 2018, n. 19277; Cass. 27 febbraio 2020, n. 5376; Cass. 23 febbraio 2021, n. 4897);
3.4. la coerente applicazione dei principi di autonomia della prestazione assicurativa del Fondo, anche nella vicenda circolatoria dell’azienda, implica allora la necessaria coincidenza del “datore di lavoro attuale insolvente” del lavoratore, ossia tale, e versante in una condizione d’insolvenza, al momento di “cessazione del rapporto di lavoro”: così da realizzare i due presupposti di intervento del Fondo di Garanzia: a) la sostituzione del “datore di lavoro” in caso di “insolvenza”; b) il pagamento del “trattamento di fine rapporto” (Cass. 21 gennaio 2022, n. 1861, in specifico riferimento al fallimento del datore di lavoro cedente e retrocessionario dell’azienda);
4. nel caso di specie, la Corte territoriale non ha applicato i su enunciati principi di diritto, sebbene S.F.M. (già denominata C.G. A.F.E.) s.r.l. non avesse più la qualità di datrice dei lavoratori, pure ammessi allo stato passivo del suo fallimento, transitati alla ditta individuale M.C.d.G.F., cessionaria del ramo d’azienda;
5. pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e, con decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, ultima parte c.p.c. in assenza di necessità di ulteriori accertamenti di fatto, rigetto della domanda dei lavoratori, con la compensazione delle spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità, per la natura controversa della questione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda dei lavoratori; dichiara compensate le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
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