CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 agosto 2020, n. 17357
Tributi – Registrazione degli atti relativi a diritti su beni immobili – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Autoliquidazione – Controllo da parte dell’ufficio – Differenza delle imposte dovute – Avviso di liquidazione – Soggetti obbligati al pagamento
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Campobasso il 15 luglio 2013 n. 44/02/2013, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per l’omesso pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale per l’ammontare complessivo di € 2.245,48 in relazione ad un rogito notarile di compravendita immobiliare, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti di F.L.A. e M.D. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso l’I marzo 2011 n. 78/02/2011, con compensazione delle spese di lite. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado, sul presupposto che il notaio rogante, in qualità di “sostituto d’imposta”, fosse l’unico obbligato alla registrazione (con il versamento delle relative imposte per conto dei contribuenti) della compravendita immobiliare. F.L.A. e M.D. non si sono costituiti nel presente procedimento.
Considerato che
Con unico motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 57 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, degli artt. 1188 e 1292 cod. civ., dell’art. 64, comma 1 e comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e dell’art. 3- bis del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463, del D.P.R. 18 agosto 2000 n. 308, nonché dell’art. 6 del Decreto Interministeriale 13 dicembre 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che il notaio rogante fosse l’unico obbligato alla registrazione della compravendita immobiliare e, quindi, al pagamento per conto dei contribuenti delle imposte di registro, ipotecaria e catastale di cui all’avviso di liquidazione.
Ritenuto che
1. Il motivo è fondato.
La questione controversa è stata recentemente affrontata da questa Corte (si veda: Cass., Sez. 5A, 7 giugno 2019, n. 15450) con ragionate argomentazioni che meritano di essere riportate in questa sede.
Disciplinando le “procedure di controllo sulle autoliquidazioni” in materia di registrazione degli atti relativi a diritti su beni immobili, mentre l’art. 3-bis, comma 3, del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463 (quale introdotto dall’art. 1, comma 1, del D.L.vo 18 gennaio 2000 n. 19) prevede che, <<in caso di presentazione del modello unico informatico per via telematica, le formalità di cui al comma 2 [cioè, <<le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonché le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali è attivata la procedura telematica>>] sono eseguite previo pagamento dei tributi dovuti in base ad autoliquidazione>>, l’art. 3-ter del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463 (quale introdotto dall’art. 1, comma 1, del D.L.vo 18 gennaio 2000 n. 19) stabilisce che <<gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata. Il pagamento è effettuato, da parte dei soggetti di cui all’articolo 10, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, entro quindici giorni dalla data della suindicata notifica; trascorso tale termine, sono dovuti gli interessi moratori computati dalla scadenza dell’ultimo giorno utile per la richiesta della registrazione e si applica la sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 47. Nel caso di dolo o colpa grave nell’autoliquidazione delle imposte, gli uffici segnalano le irregolarità agli organi di controllo competenti per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari. Per i notai è ammessa la compensazione di tutte le somme versate in eccesso in sede di autoliquidazione con le imposte dovute per atti di data posteriore, con conseguente esclusione della possibilità di richiedere il rimborso all’Amministrazione finanziaria>>.
Il ricorso ex lege alle modalità di registrazione telematica dell’atto e di versamento dei tributi su autoliquidazione del notaio, mediante il modello unico informatico (M.U.I.), costituisce un’applicazione meramente strumentale – tecnologica ed evolutiva – propria della fase di registrazione dell’atto e riscossione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, con obiettivi di velocizzazione e semplificazione.
Non si può, però, dire che il ricorso alla procedura automatizzata “muti” la natura della responsabilità giuridica del notaio per il pagamento delle imposte. Non risulta, infatti, variato – né sussistono vincoli di incompatibilità con tale procedura – il disposto fondamentale di cui all’art. 57 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, il quale stabilisce che il notaio sia solidalmente obbligato al pagamento dell’imposta di registro (ma anche delle imposte ipotecaria e catastale, ai sensi degli artt. 11 e 13, comma 1, del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 347) con le parti dell’atto.
Si tratta di responsabilità che, per un verso, trova fondamento e ragione pratica nel ruolo di garanzia a lui assegnato dalla legge nel rafforzamento dei presupposti di satisfattività della pretesa impositiva, così da giustificare che egli intervenga nella sua qualità di responsabile d’imposta, come definita in via generale dall’art. 64, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.
Per altro verso, l’affermazione della responsabilità concorrente del notaio non toglie che questi, ancorché pubblico ufficiale obbligato a richiedere la registrazione, rimanga, tuttavia, estraneo al presupposto impositivo, che concerne unicamente le parti contraenti nel momento in cui partecipano alla stipulazione di un atto traslativo di ricchezza o regolativo di un affare al quale l’ordinamento riconduce – ma in capo ai contraenti stessi e soltanto a costoro – un’espressione di capacità contributiva (tra le altre: Cass., Sez. 5A, 6 maggio 2005, nn. 9439 e 9440; Cass., Sez. 5A, 12 marzo 2015 n. 5016; Cass., Sez. 5A, 17 maggio 2017, n. 12257), sicché può ben dirsi che contribuente in senso sostanziale non sia il notaio, ma la parte (difatti, assoggettata a rivalsa per l’intero). Neppure, però, risulta variata o in altro modo influenzata – venendo con ciò all’oggetto precipuo della lite – l’ulteriore regola generale stabilita dall’art. 57, comma 2, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, secondo cui la responsabilità solidale del notaio (e del pubblico ufficiale in genere) <<non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive>>, rimanendo, pertanto, limitata alle imposte principali. Previsione, quest’ultima, volta tra l’altro ad evitare che il notaio possa essere direttamente inciso (seppure con potestà di rivalsa) per importi – indeterminati nell’an e nel quantum – che non trovino copertura nella precostituzione della necessaria provvista presso le parti.
In un contesto nel quale l’impulso di modernizzazione affidato al D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463 ha comportato il semplice adeguamento di alcuni profili operativi (essenzialmente di liquidazione e riscossione) della disciplina-base di cui al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, senza, tuttavia, stravolgerne i principi fondamentali, si pone allora il problema di definire ed individuare in concreto la tipologia dell’unica imposta per la quale – pur nell’ambito della procedura automatizzata – può essere invocata la responsabilità del notaio, appunto quella “principale”.
E nel fare ciò resta dirimente quanto stabilito dall’art. 42 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (richiamato dall’art. 13, comma 1, del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 347), secondo cui <<è principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso>>. Questa definizione legislativa ricomprende nella nozione di imposta principale un duplice prelievo: sia quello direttamente versato al momento della registrazione (quale imposta principale contestuale o “autoliquidata”), sia quello integrativamente richiesto dall’ufficio allo scopo di correggere errori od omissioni incorsi nella autoliquidazione medesima (c.d. imposta principale “postuma”). Al di là di questi limiti, l’imposta deve ritenersi complementare (oppure, in caso di errori dell’ufficio, suppletiva).
Tornando al disposto di partenza, l’art. 3-ter del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463 (quale introdotto dall’art. 1, comma 1 del D.L.vo 18 gennaio 2000 n. 19) prevede una particolare procedura di controllo automatizzato dell’autoliquidazione, attribuendo all’amministrazione finanziaria la potestà di notificare al notaio un avviso di liquidazione integrativo, dal quale scaturisce la possibilità, per il notaio medesimo, sia di pagare entro i 15 giorni successivi senza interessi moratori né sanzioni, sia di eventualmente compensare il proprio debito di rettifica con il credito risultante per le somme da lui versate in eccesso su altre registrazioni telematiche autoliquidate. Orbene, in ogni caso, questa particolare procedura di controllo riguarda unicamente le imposte autoliquidate la cui difformità dal dovuto risulti immediatamente percepibile – potremmo dire per tabulas – dal M.U.I. ovvero dalla disamina dell’atto trasmesso per la registrazione telematica; dispone, infatti, la norma che, in tanto la procedura automatizzata di controllo e recupero delle imposte autoliquidate sia esperibile, in quanto il maggior dovuto emerga <<sulla base degli elementi desumibili dall’atto>>.
Al contrario, ogniqualvolta la pretesa impositiva non trovi riscontro cartolare ed ictu oculi, ma richieda l’accesso ad elementi extratestuali o anche l’esperimento di particolari accertamenti fattuali o valutazioni giuridico-interpretative, l’amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio, nei 60 giorni, dell’avviso di liquidazione integrativo, dovendo invece emettere, secondo le regole generali, avviso di accertamento – per un’imposta che, a quel punto, avrà necessariamente natura complementare – nei confronti delle parti contraenti.
Va detto che in ordine al presupposto della “emersione dall’atto” quale requisito del controllo automatizzato della autoliquidazione, la stessa amministrazione finanziaria (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 6/E del 5 febbraio 2003, richiamata dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E del 29 maggio 2013) invita gli uffici – pur nella necessaria considerazione contenutistica e sostanziale dell’atto – a riscontrare soltanto gli errori e le omissioni che siano oggettivi, univoci ed immediatamente desumibili dall’atto stesso; dunque, «senza sconfinare, in questa fase riservata al controllo dell’imposta principale, in delicate valutazioni o apprezzamenti sulla reale portata degli atti registrati o, comunque, pervenire a conclusioni sorrette da interpretazioni non univoche o che necessitino di qualsiasi attività istruttoria».
Nella giurisprudenza di legittimità non mancano affermazioni puntuali – riferite anche alla modalità di registrazione telematica – della nozione di imposta “principale essendosi, ad esempio, escluso tale qualifica con riguardo all’imposta recuperata dall’ufficio per ritenuta assenza dei presupposti della agevolazione per la c.d. “prima casa” (Cass., Sez. 5A, 3 gennaio 2017, n. 2400), ovvero per riqualificazione giuridica dell’atto ex art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (Cass., Sez. 5^, 16 gennaio 2019, n. 881; si veda anche, sulla natura complementare dell’imposta scaturente da disconoscimento di agevolazione: Cass., Sez. 5A, 31 gennaio 2017, n. 2403; Cass., Sez. 5A, 17 maggio 2017, n. 12257).
2. Il sistema risultante dagli art. 3-bis e 3-ter del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463 (quali introdotti dall’art. 1, comma 1, del D.L.vo 18 gennaio 2000 n. 19) lascia irrisolte alcune questioni fondamentali che vanno dagli effetti della solidarietà, tra contribuente/cliente e notaio rogante nella fase di pagamento dei tributi fino a quelle più strettamente processuali rispetto alla legittimazione nell’azione di rimborso e nell’opposizione all’atto di accertamento.
Tale meccanismo applicativo è l’unico oggi previsto, tanto da apparire come – per certi versi – doppiamente imposto poiché non sono previsti sistemi di liquidazione e pagamento alternativi e neppure la possibilità per la parte di non ricorrere in tutto o in parte (ad esempio, per gli adempimenti tributari inerenti e conseguenti l’atto) al notaio. Quest’ultimo, a sua volta, non potendo rifiutare di prestare il proprio ufficio (art. 27 della Legge 16 febbraio 1913 n. 89) e, dunque, essendo obbligato ad un’attività che può comportare l’esposizione ad una responsabilità fiscale ha, comunque, la possibilità di trattenere preventivamente le imposte potendo rifiutare il proprio ministero ove non siano anticipate dalle parti le somme dovute in ordine all’atto richiesto (art. 28 della Legge 16 febbraio 1913 n. 89).
Secondo l’interpretazione dottrinale, questo sistema, che non è stato accompagnato da una manutenzione delle norme di riferimento contenute nel T.U.R. (nonché nel T.U.I.C.), necessita oggi di una rilettura delle stesse “sistematicamente orientata dall’autoliquidazione” e, probabilmente, una diversa qualificazione giuridica del ruolo del notaio.
In questa prospettiva, si è segnalata l’opportunità di riflettere su alcuni elementi di novità del sistema.
Premessa l’obbligatorietà dell’autoliquidazione e della “mediazione” notarile, si deve aggiungere che, nella fase compresa dalla stipulazione dell’atto fino alla richiesta dell’imposta principale l’unico interlocutore dell’amministrazione finanziaria è il notaio. Questi determina l’entità della provvista stimando l’entità dell’imposta e nei 60 giorni successivi alla registrazione può ricevere una nuova liquidazione dell’amministrazione finanziaria per il recupero di quella che la legge definisce come imposta principale (e rispetto alla quale residua un rapporto di coobbligazione con le parti). Rispetto a questo atto il notaio può pagare nei 15 giorni senza sanzioni, pagare oltre i 15 giorni con sanzioni solo a lui riferibili ovvero può impugnare entro il termine di 60 giorni con riflessi eventualmente anche in ordine alla mediazione, all’autotutela, all’adesione.
Di contro, come è stato osservato anche dal giudice del gravame, i contraenti/contribuenti sono esclusi da ogni possibilità di relazione o interazione con l’amministrazione finanziaria, sia per la sola verifica della correttezza del notaio nell’adempimento dell’obbligazione tributaria con la provvista fornitagli allo scopo, sia per l’eventuale sostituzione in proprio al notaio inerte o negligente nell’adempimento dell’obbligazione tributaria.
3. La lettura di tale sistema improntato sull’autoliquidazione obbligata per il tramite del notaio ha indotto la più recente dottrina a riqualificare il notaio non come un responsabile d’imposta (o un sostituto d’imposta), ma piuttosto – secondo la suggestiva definizione all’uopo coniata – come una sorta di “mandatario nell’interesse del Fisco”, trovandosi tale professionista in una posizione autonoma, sui generis, non riconducibile, salvo inammissibile forzature, ad altre categorie.
Il che ha indotto qualche esegeta a sostenere l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito dai contribuenti/contraenti (con riguardo alle imposte “autoliquidate”) in mani del notaio, facendo leva ora sull’applicabilità dell’art. 1188 cod. civ., che configura il notaio come indicatario di pagamento (adiectus solutionis causa) per conto dell’amministrazione finanziaria, ora sull’affidamento dei contribuenti/contraenti nell’obbligatorietà della funzione notarile, che richiede di essere salvaguardato anche nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Tuttavia, è il caso di rilevare come tale ricostruzione si possa attagliare, al più, soltanto al caso in cui – secondo la previsione dell’art. 3-ter del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463 (quale introdotto dall’art. 1, comma 1, del D.L.vo 18 gennaio 2000 n. 19) – l’amministrazione finanziaria si avveda dell’errore o dell’omissione del notaio in sede di controllo sulla <<regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte>> nei 60 giorni successivi alla presentazione del M.U.I. e provveda, perciò, all’emissione di <<apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata>>, considerando che il pagamento della maggiore imposta è dovuto ex lege dal notaio entro 15 giorni dal ricevimento della notifica. Difatti, la suddetta norma stabilisce che <<il pagamento è effettuato, da parte dei soggetti di cui all’articolo 10, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 [cioè, dai notai che hanno redatto o autenticato l’atto soggetto ad imposta], entro quindici giorni dalla data della suindicata notifica>>, ammettendo i medesimi notai alla <<compensazione di tutte le somme versate in eccesso in sede di autoliquidazione con le imposte dovute per atti di data posteriore, con conseguente esclusione della possibilità di richiedere il rimborso all’Amministrazione finanziaria>>.
Dunque, al di fuori di tale ipotesi (la cui “specialità” sarebbe strettamente connessa alla centralità istituzionale della funzione notarile nella instaurazione e nello sviluppo della procedura di “autoliquidazione”), si dovrebbe ripristinare la regola generale della solidarietà passiva tra il notaio ed i contribuenti/contraenti ex art. 57, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131.
4. Tuttavia, in assenza di una norma derogatrice che espressamente sancisca l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito dai contribuenti/contraenti in mani del notaio, questa Corte mantiene il convincimento che il notaio continui a configurarsi come responsabile d’imposta con un ruolo di garanzia assegnatogli ex lege per il rafforzamento e la satisfattività della pretesa dell’amministrazione finanziaria, fermo restando che il presupposto impositivo riguarda unicamente le parti contraenti, in capo alle quali soltanto l’ordinamento riconduce un’espressione di capacità contributiva (e a favore delle quali l’art. 22, comma 3-bis, della Legge 16 febbraio 1913 n. 89, quale introdotto dall’articolo unico, comma 139, della Legge 28 dicembre 2015 n. 208, ha previsto che, in caso di mancato versamento da parte del notaio dei tributi riscossi, l’agente della riscossione possa richiederne il pagamento direttamente al Fondo di Garanzia costituito ai sensi dell’art. 21 della Legge 16 febbraio 1913 n. 89, quale novellato dall’art. 4 del D.L.vo 4 maggio 2006 n. 182, escludendo il rischio di una duplicazione di pagamento da parte dei contribuenti/contraenti).
Si ritiene, dunque, di poter ribadire e confermare l’orientamento consolidato di questa Corte per cui, in tema di imposta di registro, il notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463, è responsabile d’imposta, ma, come è stabilito dall’art. 57 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, i soggetti obbligati al pagamento del tributo restano le parti sostanziali dell’atto medesimo, alle quali, pertanto, è legittimamente notificato, in caso d’inadempimento, l’avviso di liquidazione (in termini: Cass., Sez. 5A, 10 agosto 2010, n. 18493; Cass., Sez. 6A, 12 marzo 2015, n. 5016; Cass., Sez. 5A, 7 giugno 2019, n. 15450; Cass., Sez. 5A, 11 giugno 2019, n. 15627).
Si rammenta, peraltro, come, valutando manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, nella parte in cui prevede, ai fini della riscossione dell’imposta, la permanenza del vincolo di solidarietà a carico delle parti contraenti anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere al versamento delle somme destinate al pagamento, questa Corte abbia ritenuto che, nell’effettuazione di tale pagamento, il notaio non agisce in qualità di delegato alla riscossione o di esattore per conto dello Stato, ma in virtù dell’affidamento fiduciario delle predette somme, con la conseguenza che i danni derivanti da comportamenti scorretti o illeciti a lui eventualmente ascrivibili non sono ricollegabili al predetto vincolo di solidarietà, non attenendo al rapporto tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente, ma al rapporto negoziale che lega quest’ultimo al notaio, e non possono quindi tradursi nella violazione dei principi di eguaglianza e di capacità contributiva (in termini: Cass., Sez. 5A, 12 giugno 2009, n. 13653).
5. Aggiungasi, per di più, la circostanza assorbente che, nella specie, l’impugnato avviso di liquidazione è stato emesso dall’amministrazione finanziaria ben oltre (circa due anni) la scadenza del termine di cui all’art. 3-ter del D.L.vo 18 dicembre 1997 n. 463, per cui si verte più propriamente in tema di “imposte suppletive” (in quanto applicate dopo la ristretta fase di “autoliquidazione” per correggere un’omissione dell’amministrazione finanziaria), per le quali la responsabilità solidale del notaio rogante è tassativamente esclusa dall’art. 57, comma 2, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (richiamato dall’art. 13, comma 1, del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 347).
6. Come è evidente, la Commissione Tributaria Regionale si è nettamente discostata dai principi enunciati, valutando in modo erroneo, anche sul presupposto dell’impropria qualificazione del ruolo del notaio rogante in termini di “sostituto d’impostà’, che i contraenti/contribuenti fossero esenti da responsabilità per il pagamento delle imposte (supplementari) di registro, ipotecaria e catastale e non potessero, perciò, essere destinatari del relativo avviso di liquidazione.
7. Dunque, stante la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di rigetto del ricorso originario dei contribuenti.
7. Possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio del merito, tenuto conto dell’andamento del medesimo e del progressivo consolidamento della giurisprudenza di questa Corte sulla questione trattata, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario dei contribuenti; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna i contribuenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione finanziaria, che liquida nella somma complessiva di € 1.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
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