CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 giugno 2019, n. 16424
Omesso pagamento contributi Inps – Intimazione di pagamento – Notifica dell’atto – Prescrizione del credito azionato
Rilevato che
1. C. L. Srl proponeva opposizione avverso l’intimazione di pagamento notificata alla società il 13.7.2011 da Equitalia Polis s.p.a. avente ad oggetto il mancato pagamento della somma di € 27.613,26 a titolo di contributi Inps, oltre sanzioni ed interessi.
2. A fondamento dell’opposizione eccepiva che non era stato mai previamente notificato alcun atto in relazione al credito per cui era stata emessa l’intimazione di pagamento. Eccepiva inoltre l’intervenuta prescrizione del credito azionato e concludeva perché venisse annullato l’avviso di mora con vittoria delle spese del giudizio.
3. Il Tribunale rigettava il ricorso e condannava l’opponente al pagamento delle spese di lite. Argomentava che l’opposizione all’intimazione di pagamento deve qualificarsi quale opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., con conseguente applicabilità del termine decadenziale di 20 giorni dalla notifica, termine che nel caso era già spirato al momento del deposito del ricorso in opposizione, avvenuto il 12/8/2011, mentre la notifica dell’intimazione di pagamento era del 22/6/2011.
4. La Corte d’appello di Potenza dichiarava inammissibile l’appello proposto da C. L. Srl, a motivo del non avere l’appellante formulato specifici motivi di gravame sulla negata ammissibilità del ricorso proposto in primo grado, avendo l’appellante genericamente fatto riferimento all’inapplicabilità dell’articolo 24 comma 5 del d.lgs n. 46 del 1999 e, quindi, di una norma non richiamata dal primo giudice.
5. Aggiungeva che la qualificazione data dal giudice di merito alla proposta opposizione come opposizione agli atti esecutivi assumeva rilievo decisivo e determinava l’inammissibilità dell’appello, potendosi proporre ai sensi dell’u.c. dell’art. 617 c.p.c. solo il ricorso per cassazione ex articolo 111 della Costituzione.
6. Per la cassazione della sentenza C. legnami Srl ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.
7. Hanno resistito con controricorso l’Inps ed Equitalia sud s.p.a., già Equitalia polis s.p.a.
8. C. L. s.r.l. ha depositato anche memoria ex art. 380- bis. 1 c.p.c.
Considerato che
9. a fondamento del ricorso C. legnami s.r.l. deduce come primo motivo la violazione dell’art. 342 c.p.c. in cui sarebbe incorsa la Corte di Potenza ritenendo inammissibile l’appello per mancata specificazione dei motivi d’impugnazione. Riferisce che nel gravame erano sviluppati diversi capi contenenti i motivi di impugnazione, che riassume (vedi le pagine 6 e 7 del ricorso), concludendo di aver compiutamente argomentato che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, in prima istanza era stata proposta un’ opposizione all’esecuzione e non agli atti esecutivi.
10. Come secondo motivo deduce la violazione dell’art. 29 del d.lgs n. 46 del 1999. Lamenta che il giudice di merito abbia ritenuto che l’unica opposizione esperibile contro l’avviso di pagamento sia l’opposizione agli atti esecutivi, mentre l’eccezione di prescrizione quale fatto estintivo sopravvenuto alla formazione del titolo può essere proposta con l’opposizione all’esecuzione ex articolo 615 c.p.c.
11. Come terzo motivo deduce la violazione dell’articolo 615 c.p.c. e sostiene che non sarebbe sussistita, contrariamente a quanto argomentato dal giudice di secondo grado, alcuna preclusione alla proposizione dell’appello, in quanto il Tribunale non aveva operato alcun esame del ricorso introduttivo ai fini della sua qualificazione, ma aveva esclusivamente ritenuto in astratto proponibile contro l’avviso di pagamento la sola opposizione agli atti esecutivi, il cui termine sarebbe risultato in ipotesi scaduto.
12. Il ricorso non è fondato.
La Corte d’appello ha fondato la propria decisione su due rationes decidendi concorrenti ed autonome. La prima, avente ad oggetto il difetto di specificità dei motivi di gravame, è stata attinta nel ricorso per cassazione con il primo motivo, mentre la seconda, avente ad oggetto l’inammissibilità dell’appello come mezzo di gravame avverso la sentenza che decide l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 u.c. c.p.c., è oggetto del terzo motivo. Il secondo motivo riguarda poi la qualificazione data alla domanda (come opposizione agli atti esecutivi) dal giudice di primo grado, non avendone operata la Corte territoriale una diversa sul presupposto che la sentenza di primo grado sul punto non fosse stata adeguatamente censurata.
13. Con riguardo al terzo motivo, questa Corte ha chiarito in numerosi arresti che l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile dev’essere effettuata, in base al principio dell’apparenza, esclusivamente sulla base della qualificazione dell’azione compiuta dal giudice, indipendentemente dalla sua esattezza (così da ultimo Cass. n. 13381 del 26/05/2017, Cass. n. 9362 del 12/04/2017, Cass. S.U. n. 4617 del 25/02/2011).
14. Né rileva che la qualificazione dell’azione sia stata fatta sulla base degli atti così come formulati o della loro operata sussunzione all’interno degli istituti processuali, essendo comunque la qualificazione cui il giudice perviene l’opzione interpretativa che ne consegue.
15. Nel caso, dunque, la sentenza resa all’esito della domanda qualificata come opposizione agli atti esecutivi era inappellabile ex art. 618 u.c. c.p.c., come correttamente rilevato dalla Corte potentina, potendo essere solo gravata dal ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione.
16. L’infondatezza del terzo motivo determina l’inammissibilità sopravvenuta degli altri motivi. Nel caso in cui la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende infatti inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta V definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. n. 11493 del 11/05/2018, v. anche sul tema Cass. S.U. n. 7931 del 29/03/2013).
17. Segue coerente il rigetto del ricorso.
18. Le spese, liquidate come da dispositivo in favore delle parti controricorrenti, seguono la soccombenza.
19. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore di ciascuno dei controricorrenti in complessivi € 5.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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