CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 2685 depositata il 29 gennaio 2024

Lavoro – Pagamento retribuzioni previste da CCNL – Contratto di lavoro a tempo indeterminato – CCNL settore elettrico – Dichiarazione sottoscritta dal lavoratore di rinuncia/transazione – Volontà e consapevolezza di rinuncia – Verbali di conciliazione – Articolo 19 co. 4 D.Lgs. n. 175/2016 – Società partecipata dal MEF – Accoglimento parziale 

Rilevato che

1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 451/2021, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede (che aveva dichiarato la sussistenza di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra i lavoratori in epigrafe indicati ad eccezione della D.P. e la società (…)– G. spa, con inquadramento nel CCNL per il settore elettrico e con conseguente condanna di tale società al pagamento delle retribuzioni previste dal medesimo CCNL, mentre aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda di condanna al versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi), ha dichiarato anche la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra la suddetta D.P. e la G. spa, dichiarando inammissibile quella volta al versamento dei contributi e confermando nel resto le statuizioni di primo grado relativamente agli altri lavoratori.

2. I giudici di seconde cure, in relazione alla domanda presentata dai lavoratori volta ad ottenere la declaratoria della sussistenza, ai loro danni, di una interposizione vietata di mere prestazioni di manodopera e di un appalto illecito, hanno rilevato che: a) gli intercorsi verbali di conciliazione non facevano alcun riferimento ad un contenzioso con la G. spa relativamente alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato né ad una rinuncia a tale diritto in quanto avevano ad oggetto altro; b) dalla istruttoria espletata era emersa l’illiceità dell’appalto anche dopo l’8.7.2013 (e quindi ciò rendeva fondata anche la domanda della D.P. la cui assunzione era avvenuta successivamente a tale data) atteso che vi era stata una mera fornitura di personale, senza esercizio nei confronti dei lavoratori del potere direttivo e gerarchico e senza organizzazione di un servizio idoneo a fornire un risultato autonomo da parte della società appaltatrice formale; c) non vi era l’impossibilità di emettere una pronuncia costitutiva nei confronti della G. spa, quale società in house integralmente partecipata dal MEF, perché la relativa eccezione era stata sollevata solo e non ritualmente nel giudizio di appello (precisamente con le note) e, quanto al giudizio riguardante la D.P., con una richiesta avanzata ex novo nella fase di appello, con le note depositate in replica all’appello incidentale presentato dai lavoratori.

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la G. spa affidato a due motivi cui hanno resistito con controricorso i lavoratori in epigrafe indicati.

4. Le parti hanno depositato memorie.

5. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione di legge, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, in relazione agli artt. 1965 cc, 100 e 410 cpc, per essere stata respinta dalla Corte territoriale l’eccezione preliminare di inammissibilità della domanda per cessata materia del contendere. Sostiene che, dall’esame dei relativi atti, a differenza di quanto ritenuto dai giudici di seconde cure, anche le domande (e i diritti sottesi a tali domande) riguardanti la G. spa dovevano considerarsi oggetto di rinuncia.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione di legge ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, in relazione agli artt. 345 co. 2 cpc, 1418 e ss. cc, 18 co. 2 d.l. 12/2008 e 19 co. 4 d.lgs. n. 175/2016, nonché dell’art. 97 Cost., per avere la Corte territoriale considerato erroneamente tardiva (perché proposta solo in appello) l’eccezione, riguardante l’impossibilità di costituzione dei rapporti di lavoro a seguito di conversione degli stessi in quanto essa ricorrente era una società in house interamente partecipata dal MEF.

4. Il primo motivo è infondato.

5. La dichiarazione sottoscritta dal lavoratore può assumere valore di rinuncia o di transazione, con riferimento alla prestazione di lavoro subordinato ed alla conclusione del relativo rapporto, sempre che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati ovvero obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi. Il relativo accertamento costituisce giudizio di merito, censurabile, in sede di legittimità, soltanto in caso di violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale o in presenza di vizi della motivazione (per tutte, Cass. n. 19831/2013).

6. Nella fattispecie la Corte distrettuale, conformandosi a tale principio di legittimità, ha ritenuto, attraverso una accurata disamina del testo del verbale e con motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, nuova formulazione ratione temporis applicabile, che non emergevano negli atti elementi da cui desumere la specifica volontà e consapevolezza dei lavoratori di rinunciare al diritto di fare valere, nei confronti della G. spa, la possibilità di costituzione, a seguito della illegittimità dell’appalto, un rapporto di lavoro direttamente nei confronti di detta società.

7. L’analisi esegetica ha avuto ad oggetto sia il dato letterale degli atti, dal quale si evinceva che le rinunce effettuate dai lavoratori si riferivano esclusivamente a profili di invalidità e a rivendicazioni retributive o risarcitorie direttamente riconducibili al contratto di lavoro a tempo determinato intercorrente con la società X., sia l’aspetto logico-giuridico, in quanto il riferimento al contratto di appalto sussistente tra la X. e la G. spa era stato effettuato in modo del tutto generico, senza alcuna prospettazione, nemmeno a titolo esemplificativo, di rivendicazioni direttamente riferibili alla società appaltante se non relativamente ad una sua possibile responsabilità solidale ex art. 29 co. 2 d.lgs. n. 276/2003.

8. Le censure in concreto articolate con il motivo in esame si limitano, invece, a prospettare, secondo una modalità di mera contrapposizione, una diversa e più favorevole interpretazione dei verbali di conciliazione, senza veicolarla attraverso la individuazione delle modalità con le quali la Corte di merito si sia discostata dalle regole legali di interpretazione e senza evidenziare specifiche implausibilità o illogicità della motivazione esibita dal giudice di appello nel pervenire al contestato approdo ermeneutico.

9. Il secondo motivo è fondato.

10. La Corte territoriale ha ritenuto che l’eccezione sollevata dalla G. spa in ordine alla impossibilità di emettere pronuncia giudiziaria costitutiva del rapporto di lavoro in ragione della applicabilità, quale società “in house” interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’art. 19 co. 4 d.lgs. n. 175/2016, fosse tardiva perché sollevata solo nel corso del giudizio di appello.

11. L’assunto non è condivisibile in diritto poiché, qualora, come nella fattispecie, dalla qualificazione giuridica del soggetto citato in giudizio discenda l’individuazione della normativa applicabile al rapporto, detta qualificazione può e deve essere compiuta dal giudice anche d’ufficio, in ossequio al principio iura novit curia, sulla base degli elementi di fatto ritualmente acquisiti al giudizio, sicché costituisce, non un’eccezione in senso proprio, bensì una mera difesa, la deduzione della persona giuridica di diritto privato o pubblico che, convenuta in giudizio, faccia leva sulla propria qualità soggettiva per trarne l’inapplicabilità al rapporto controverso della normativa invocata dalla controparte a fondamento dell’azione (Cass. n. 35421/2022).

12. In tal senso questa Corte si è già espressa rilevando che, anche nel giudizio di cassazione, «l’attività ricostruttiva della natura giuridica di un ente è compito del giudice di legittimità che vi provvede, anche d’ufficio, in ossequio al principio iura novit curia, laddove tale natura fondi la propria essenza in disposizioni di legge (operazione, questa, che non trova limite, pertanto, in differenti prospettazioni o posizioni delle parti), diversamente essendo l’indicato compito circoscritto a quanto ritualmente allegato in causa, nel rispetto degli oneri di cui all’art. 366 cod. proc. civ., laddove una determinata natura abbia le radici in atti dell’autonomia delle persone.» (Cass. n. 28060/2020).

13. Sulla base di tali principi, la Corte territoriale, nel caso de quo, avrebbe dovuto, pertanto, verificare se, anche nel giudizio di primo grado, era stata prospettata (o era evincibile a norma di legge, nella fattispecie ex art. 3 co. 4 d.lgs. n. 79/1999) la questione di essere la G. spa una società partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e, quindi, individuare la normativa applicabile alle domande azionate non condizionando l’esame del fatto impeditivo, connesso alla natura del soggetto, al momento in cui questo era stato eccepito ma, costituendo la questione una mera difesa, incentrando l’accertamento su quando la qualificazione giuridica della società, presupposto giuridico di quel fatto, fosse stata allegata o fosse desumibile ai sensi di legge.

14. Alla stregua di quanto esposto la gravata sentenza deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame tenendo conto dei citati principi di diritto e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, rigettato il primo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.