CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2021, n. 20641

Tributi – Imposta di registro – Atto di cessione di quote sociali – Imposta in misura fissa – Riqualificazione in atto di cessione di ramo d’azienda – Art. 20 DPR n. 131 del 1986 – Illegittimità

Ritenuto che

1. Con rogito del 22.6.2010 la E.A. S.r.l. costituiva la società unipersonale P.E.E. S.r.l. con sottoscrizione dell’intero capitale sociale mediante conferimento di un ramo di azienda avente ad oggetto produzione e gestione di energia elettrica.

Il 13.7.2010 la E. S.r.l. cedeva il 100% delle proprie quote della P.E.E. S.r.l. alla P.E. S.p.a., liquidando l’imposta di registro in misura fissa ex art. 11 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 qualificando l’atto come cessione di quote sociali.

2. L’Agenzia delle entrate, con atto di rettifica, riqualificava, ex art. 20 d.P.R. n. 131 del 1986, la suindicata cessione di quote sociali in cessione di ramo d’azienda, con conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale.

3. Avverso tale avviso le contribuenti proponevano ricorso sul rilievo, tra l’altro, della non corretta applicazione dell’art. 20 cit., assumendo all’uopo rilievo i diversi effetti giuridici conseguenti dalla cessione di quote sociali rispetto a quelli derivanti dalla cessione di ramo di azienda, non ricorrendo nel caso di specie comunque alcun abuso del diritto o intento elusivo da parte delle ricorrenti.

4. La Commissione Tributaria Regionale della Toscana (CTR), con sentenza n. 694/16/15, depositata il 17/4/2015, accoglieva l’appello dell’Agenzia dell’entrate e, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava legittimo l’avviso di rettifica, in ragione di elementi extratestuali all’atto sottoposto a registrazione.

3 3. La P.E. S.r.l. e, successivamente, la E.A. S.r.l. propongono sperati ricorsi per la cassazione affidati, rispettivamente, a due e tre motivi.

4. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.

Considerato che

1. Con il primo motivo la P.E. S.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, nonché degli artt. 1325 e 1362 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.

La ricorrente censura la sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto che, in ragione della portata dell’art. 20 cit., era possibile qualificare, come fatto dall’Amministrazione finanziaria, le operazioni societarie sopra indicate come unica operazione di cessione di ramo di azienda.

A parere del ricorrente, l’art. 20 cit. prescinde dall’accertamento di eventuali profili elusivi/abusivi, assumendo rilievo, ai fini dell’imposizione, la sola causa concreta del negozio sottoposto a registrazione di talché, tenuto conto dell’assoluta incompatibilità quanto agli effetti tra le cessione di partecipazione sociale e quella di ramo di azienda, nel caso di specie risultava violato il disposto di cui all’art. 20 cit. in quanto applicato in violazione della reale volontà delle parti, e quindi delle norme che presiedono i criteri di interpretazione dei contratti.

2. Con il secondo motivo la P.E. S.r.l. denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, degli artt. 41 e 53 Cost., dell’art. 10-bis dello Statuto del contribuente, dell’art. 76 del TUIR e, in generale, dei principi in materia di abuso del diritto.

La ricorrente, ribadita la natura non antielusiva dell’art. 20 cit. e dopo aver rilevato che, comunque, neanche l’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto sussistere un’ipotesi di abuso del diritto, osserva che la CTR ha erroneamente richiamato tale disposizione, avendo le operazioni poste in essere dalle contribuenti valide ragioni economiche o extrafiscali e non essendo ravvisabile neanche un indebito risparmio di imposta.

3. La E.A. S.r.l. deduce la nullità del procedimento e della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c. per inammissibilità dell’appello e violazione degli artt. 3 e 53 del d.lgs. n. 546 del 1992.

Rileva la ricorrente di essersi costituita in sede di appello al sol fine di farne dichiarare l’inammissibilità nei suoi confronti, in quanto la copia dell’atto di impugnazione notificatole dall’Agenzia delle entrate era diversa da quello depositato da quest’ultima nella segreteria del giudice del gravame, per come emerso nella stessa udienza di costituzione.

4. Con il secondo motivo la E.A. S.r.l. deduce la nullità del procedimento e della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., per inammissibilità dell’appello e violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, assumendo rilievo l’indicazione, nell’atto di appello notificato alla ricorrente, di una sentenza diversa da quella posta a fondamento del giudizio di appello.

5. Con il terzo motivo la E.A. S.r.l. lamenta, sotto altro profilo, la nullità del procedimento e della sentenza per violazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986

A parere della ricorrente, pur attribuendo all’art. 20 cit. valore di norma antielusiva, nel caso di specie non vi sarebbe stato alcun utilizzo improprio di negozi giuridici né, di conseguenza, alcun abuso del diritto.

6. Con ordinanza del 15 dicembre del 2020 il Collegio – nel rilevare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 2020, aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 cit, come modificato dall’art. 1, comma 87, l. n. 205 del 2017 e dall’art. 1, comma 1084 della l. n. 145 del 2018, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali – disponeva il rinvio a nuovo ruolo del giudizio in ragione del nuovo vaglio di costituzionalità a cui era stato sottoposto l’art. 20 cit., circa l’efficacia retroattiva delle modifiche sopra indicate.

7. Rileva il Collegio che, in ragione dell’accoglimento per i motivi di cui in prosieguo del ricorso principale e il terzo motivo di quello incidentale, devono dichiararsi assorbiti i primi due motivi del ricorso incidentale, dovendo farsi applicazione del principio della “ragione più liquida”, in base al quale – quand’anche dei relativi adempimenti sussistesse effettiva necessità – la loro effettuazione pur nell’ininfluenza sull’esito del giudizio sarebbe lesiva del principio della ragionevole durata del processo (v. Cass. sez. U. n. 26373 del 2008; sez. U, n. 6826 del 2010; n. 2723 del 2010; n. 15106 del 2013; sez. U, n. 23542 del 2015).

8. I motivi di ricorso proposto dalla Pura Energie S.r.l. e il terzo motivo di ricorso proposto dalla E.A. S.r.l., da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, sono fondati.

8.1 La Corte Costituzionale con sentenza n. 39 del 2021 ha, in via preliminare, osservato che l’art. 1, comma 1084, della l. n. 145 del 2018, nello stabilire che «[l]’ Articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131», non detta direttamente, come spesso avviene, un contenuto che viene definito dalla stessa quale interpretazione autentica di una precedente disciplina. Essa è invece rivolta a definire, esplicitandola con la forza della legge, la natura di un pregresso intervento legislativo, quello del 2017, che non si era autoqualificato, affermandone il carattere di interpretazione autentica e, di conseguenza, determinandone l’efficacia retroattiva. Fatta tale premessa, la Consulta ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sopra indicata sul rilievo, in particolare, che l’art. 1, comma 87, lettera a), della l. n. 205 del 2017, (norma a cui occorre fare riferimento per individuare la portata retroattiva dell’interpretazione sopra indicata dell’art. 20 cit.) «appare finalizzato a ricondurre il citato art. 20 all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione (ovverossia al gestum, rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico)», concludendo che «proprio la clausola finale del censurato art. 20 “salvo quanto disposto dagli articoli successivi” concorre ad avvalorare la suddetta valenza sistematica dell’intervento legislativo del 2017 nell’assetto della disciplina del tributo».

8.2 La sentenza della CTR si fonda su di una interpretazione dell’art. 20 cit. che risulta in contrasto con quella fornita dalla Consulta e che ha portato questa Corte ad affermare da ultimo il principio secondo cui «In tema di imposta di registro, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 – nella formulazione successiva alla l. n. 205 del 2017 che, secondo l’art.1, comma 1084, della l. n. 145 del 2018, ne ha fornito l’interpretazione autentica e alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 158 del 2020 e n. 39 del 2021 – è legittima l’attività di riqualificazione dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata “ab intriseco”, cioè senza alcun riferimento agli atti ad esso collegati e agli elementi extra-testuali, non potendosi essa fondare sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dall’atto» (Cass. n. 10688 del 22/04/2021 Rv. 661130 – 01). Ed invero, per effetto dell’art. 20 cit. resta ferma la legittimità dell’attività di riqualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata “ab intrinseco”, senza l’utilizzazione di elementi ad esso estranei, essendo viceversa la finalità antielusiva profilo affatto estraneo alla disposizione in esame. Diversamente, a diversi limiti, soggiace la potestà dell’Amministrazione finanziaria quando la riqualificazione è diretta a far valere il collegamento negoziale e, più in generale, qualunque forma di abuso del diritto ed elusione fiscale, ai sensi dell’art. 10-bis, l. n. 212 del 2000, trattandosi di ipotesi estranea alla ermeneutica dell’atto da registrare. L’azione accertatrice, in tali casi, si deve attuare mediante apposito e motivato atto impositivo, preceduto – a pena di nullità – da una richiesta di chiarimenti, che il contribuente può fornire entro un certo termine, il tutto da svolgersi all’interno di uno specifico procedimento di garanzia; procedimento che non è stato seguito nella fattispecie in esame.

8.3 L’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle entrate nel caso di specie risulta in palese contrasto con tali principi, in quanto volto ad individuare la causa dell’atto oggetto di imposizione dando rilievo ad elementi esterni ad esso, per come valorizzati anche nella sentenza impugnata e sintomatici di «una finalità elusiva» che, per come affermato dalle sentenze della Consulta sopra richiamate è del tutto estranea alla portata applicativa dell’art. 20 cit. e per il quale l’Ufficio deve attivare il procedimento di cui all’art. 10-bis, rappresentati: dalla sostanziale coincidenza temporale tra la costituzione della new-co P.E. S.r.l. e la cessione dell’intera partecipazione in essa detenuta da E.A. S.r.l. a P.E. S.p.a., dall’attestazione in tale atto di cessione da parte dell’acquirente della emissione in epoca antecedente di assegni a favore della futura conferitaria/cedente quale corrispettivo per l’acquisto della partecipazione di una società che ancora non era stata costituita; dal fatto che la S.r.l. ceduta già al momento della sua costituzione e prima ancora di divenire di proprietà di P.E. S.p.a., aveva fissato la propria sede sociale allo stesso in-dirizzo di quest’ultima; infine la compagine sociale era pressoché identica.

9. I ricorsi devono, dunque, essere accolti nei limiti sopra indicati e la sentenza impugnata cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, la controversia può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso delle contribuenti.

5. Le spese dell’intero giudizio devono essere compensate in ragione dell’evoluzione normativa e dei recenti indicati arresti della giurisprudenza costituzionale e di legittimità.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso delle contribuenti;

– Spese compensate.