CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26460
Agevolazioni “prima casa” – Compravendita immobili – Mancato trasferimento della residenza – Immobile di lusso
Rilevato che
1. E.M.P. e P.C. propongono due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 56/10/11 del 25 febbraio 2011, con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni loro notificato dall’agenzia delle entrate in revoca dell’agevolazione “prima casa” (Iva in aliquota ridotta); agevolazione fruita in occasione dell’acquisto, in data 20 dicembre 2002, di un immobile in Velletri.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto effettivamente insussistenti i presupposti della agevolazione, posto che:
a. i contribuenti non avevano in alcun modo giustificato il mancato trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile compravenduto;
b. quest’ultimo, inoltre, doveva considerarsi “di lusso” ai sensi del D.M. LL.PP. 2 agosto 1969, come risultante da nota dell’agenzia del territorio n. 7368 del 6 aprile 2007, in atti.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta “nullità della sentenza per totale carenza di motivazione nel punto in cui accoglie l’appello dell’ufficio e rigetta quello dai contribuenti”. Per avere la commissione tributaria regionale apoditticamente recepito quanto dedotto dall’agenzia delle entrate circa la mancanza dei presupposti dell’agevolazione; omettendo, segnatamente, di indicare le ragioni per cui l’immobile in questione doveva ritenersi di lusso ai sensi del citato D.M..
Con il secondo motivo di ricorso si deduce “violazione o falsa applicazione dell’articolo 5 D.M. LLPP 2 agosto 1969”. Per non avere la commissione tributaria regionale considerato che, come risultante dalla perizia asseverata di parte prodotta in giudizio, l’immobile in questione non poteva ritenersi di lusso ai sensi della normativa menzionata, atteso il difetto dei concorrenti requisiti della superficie superiore ai 200 m 2 , e della presenza di area pertinenziale di superficie scoperta superiore a sei volte quella coperta.
2.2 Il ricorso è inammissibile.
La commissione tributaria regionale ha dichiaratamente fondato la propria decisione su una duplice ragione; costituita sia dal mancato trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile, sia dal carattere di lusso di quest’ultimo.
Queste due circostanze vengono dal giudice regionale assunte a distinte, autonome ed autosufficienti giustificazioni della revoca dell’agevolazione “prima casa” provvisoriamente fruita; il che è reso evidente dallo sviluppo del ragionamento e dalla testuale conclusione (sent. pag.3) secondo cui, dovendosi escludere il carattere “non di lusso” dell’immobile, non sussisteva nella specie neppure “l’altra condizione” agevolativa.
Orbene, alla luce di tale motivazione – succinta e schematica, ma non per questo mancante – era onere dei ricorrenti per cassazione partitamente impugnare entrambe queste ragioni decisorie.
Rileva, in proposito, il fermo indirizzo di legittimità, secondo cui il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata; ma si caratterizza, piuttosto, come un rimedio prettamente impugnatorio a critica vincolata, la cui cognizione viene determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Con la conseguenza che, “qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013; Cass. 4293/16 ed innumerevoli altre).
Da ciò deriva che “quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome “rationes decidendi” ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite “rationes”, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate”; sicché, “rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta” (Cass. nn. 12372/06; 18170/06; SU 7931/13 e molte altre).
2.3 Nella concretezza del caso, i ricorrenti si sono limitati ad impugnare unicamente la ratio relativa al carattere “di lusso” dell’immobile, senza contestare l’argomento – pure espressamente considerato dalla commissione di merito – secondo cui l’agevolazione non poteva comunque essere riconosciuta, stante il mancato trasferimento della residenza, nel termine di legge, nel Comune di ubicazione dell’immobile.
Pertanto – quand’anche risultasse in ipotesi fondato il motivo di ricorso concernente il carattere non di lusso dell’immobile – non per questo la sentenza della commissione tributaria regionale meriterebbe di essere cassata; trovando essa residuo, ma bastevole, fondamento nella effettiva sussistenza della concorrente causa di revoca dell’agevolazione rappresentata dal mancato trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile. Circostanza, quest’ultima, sulla quale – stante appunto la mancata specifica impugnazione – si è ormai formato il giudicato; con conseguente carenza di interesse dei ricorrenti all’accoglimento (ove ne sussistessero i presupposti) della censura relativa alla mancata delibazione della perizia asseverata ed all’asseritamente erronea applicazione del D.M. LLPP 2 agosto 1969.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.
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