CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 novembre 2022, n. 34170
Responsabilità professionale – Incarico di gestione contabile-amministrativa – Sanzioni irrogate al cliente per accertamento fiscale – Risarcimento – Condanna per contumacia in primo grado – Appello – Contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi – Legittimità
Rilevato che
D.E.A. S.a.S. di D.V. & c. conveniva, dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia, C.C., affinché, accertatone il grave inadempimento nell’esecuzione dell’incarico di gestione della parte contabile -amministrativa conferitogli nell’anno 1999, venisse condannato a risarcire il danno, quantificato in euro 25.980,75 ovvero nella somma pagata a titolo di sanzione a seguito di accertamenti fiscali e di notifiche di cartelle esattoriali per errata redazione dei bilanci di esercizio e delle dichiarazioni dei redditi;
il Tribunale di Reggio Emilia, con la sentenza n. 7913/2011, dichiarata la contumacia di C.C. e accertatane la responsabilità, lo condannava al pagamento di euro 25.980,75, oltre agli interessi legali ed alla rifusione delle spese di lite;
la Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza n. 1113/2021, resa pubblica in data 10 maggio 2021, oggetto dell’odierno ricorso, ha accolto il gravame di C.C., osservando che le sanzioni riportate nelle cartelle di pagamento notificate alla D.E.A., emesse ai sensi dell’art. 36 bis del dpr 29.9.1973, n. 60, si riferivano a ritardati e/o omessi versamenti di ritenute e imposte, e non già a sanzioni per errate dichiarazioni di bilancio o di dichiarazioni dei redditi, e che l’appellata non aveva dedotto e tantomeno provato quale incarico era stato conferito all’appellante ed in particolare se, oltre alla tenuta della contabilità ed all’effettuazione delle dichiarazioni fiscali, C.C. avesse anche il compito di effettuare pagamenti; ha precisato che la società appellata era legittimata a stare in giudizio per far accertare il proprio diritto al risarcimento del danno, ma non era legittimata ad azionare domande di cui erano titolari i soci né ad ottenere il risarcimento loro spettante;
per l’effetto ha riformato la decisione di prime cure ed ha condannato l’appellata a restituire la somma di euro 31.345,55 corrispostale in ottemperanza della sentenza di primo grado da C.C.;
D.V., socia accomandataria, e S.C., rappresentante legale p.t., di D.E.A. S.A.S. di D.V. & C., cancellata in data 6 febbraio 2020, affidano a un solo motivo, il ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna;
resiste con controricorso C.C.;
il relatore designato, avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis cod.proc.civ., ha redatto proposta che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Considerato che
1) i ricorrenti, nella qualità indicata, lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 345 cod.proc.civ.;
l’assunto cassatorio è che, essendo stato contumace nel giudizio di primo grado, C.C. avesse rinunciato a tutte le difese e le allegazioni avverso la domanda attorea, basata su prove documentali e testimoniali, e che il Tribunale di Reggio Emilia avesse tratto le proprie argomentazioni, anche ai sensi dell’art. 115 cod.proc.civ., da fatti non specificamente contestati, sicché tutti i motivi di appello – 1) le cartelle esattoriali erano state emesse ex art. 36 bis del dpr n. 600/1973; 2) le sanzioni delle cartelle di pagamento non potevano essere ricondotte agli inadempimenti denunciati nell’atto di citazione; 3) il difetto di legittimazione ad agire della società per le domande spettanti ai soci – costituirebbero domande nuove, vietate ex art. 345 cod.proc.civ.;
1.1.) il motivo è infondato, sotto entrambi i profili dedotti;
1.2) l’eccezione di mancanza di un requisito costitutivo della domanda – quali sono il nesso di causa tra l’inadempimento denunciato e il danno lamentato e il difetto di legittimazione di parte attrice – è contestazione di un fatto costitutivo;
conseguentemente, l’esclusione dei fatti non contestati dal “thema probandum” per il principio di non contestazione non può ravvisarsi in caso di contumacia del convenuto, al quale, pertanto, costituitosi in appello, non è precluso contestare i fatti costitutivi e giustificativi allegati dall’attore a sostegno della domanda, non potendo la sua mancata costituzione in giudizio essere equiparata, quanto a effetto probatorio, ad una confessione o ad una ammissione di essi, con conseguente esonero dell’attore dell’onere di dimostrarli e del giudice del potere-dovere di verificare tale assolvimento e, comunque, dall’accertamento dell’inesistenza di essi se risultante dal materiale probatorio acquisito;
non è privo di rilievo, a tal proposito che la Corte Costituzionale – sent. 12/10/2007, n. 340, chiamata a pronunciarsi sull’art. 13, comma 2, del d.lgs. 17/01/2003, n. 5, in tema di definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366, nella parte in cui stabiliva che se il convenuto non notifica la comparsa di risposta o lo fa tardivamente, i fatti affermati dall’attore si reputano non contestati, l’abbia ritenuto costituzionalmente illegittimo, perché «detta una regola del processo contumaciale in contrasto con la tradizione del diritto processuale italiano, nel quale alla mancata o tardiva costituzione mai è stato attribuito il valore di confessione implicita»;
del resto, la legge n. 69/2009, modificando l’art. 115 cod.proc.civ., ha limitato il perimetro applicativo del principio di non contestazione alla sola parte costituita; sicché deve escludersi che il principio di non contestazione (o onere di contestazione specifica) operi in danno della parte contumace, anche in considerazione del dettato letterale dell’art. 115 cod.proc.civ. che, facendo esplicito riferimento alla parte costituitasi in giudizio, è espressione del più generale atteggiamento di neutralità cui si ispira il processo contumaciale (Cass. 21/11/2014, n. 24885, in motivazione);
infatti, poiché la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi – non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema – dal solo fatto che la stessa non si sia costituita in giudizio; la preclusione alla contestabilità è ravvisabile soltanto nel caso di inequivocabile non contestazione che può provenire solo dalla parte costituita in giudizio (cfr. Cass. 23/06/2009, n.14623 e successiva giurisprudenza conforme);
1.3) come questa Corte ha da tempo affermato, diversamente dalle eccezioni in senso proprio, per le quali si applica il principio del divieto dei nova stabilito dall’art. 345 cod.proc.civ., le mere difese, vale a dire le deduzioni con cui la parte contesta la sussistenza degli elementi costitutivi della pretesa fatta valere con la domanda, sono sempre deducibili, perché esse attengono a circostanze relativamente alle quali l’onere della prova grava sulla parte attrice;
sotto tale profilo è indubbio che l’onere di provare la sussistenza degli elementi costitutivi della domanda risarcitoria gravava sulla società appellata, le eccezioni dell’appellante contumace in primo grado volte a contestare l’esistenza del presupposto oggettivo (ricorrenza del nesso di causa tra inadempimento e danno) e soggettivo (legittimazione ad agire della società per un danno subito) della domanda non configurano eccezioni in senso proprio, costituendo semplici difese volte a confutare la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda e, conseguentemente, sono rilevabili d’ufficio e, quindi, proponibili per la prima volta anche in sede di appello dall’appellante, convenuto contumace in primo grado (Cass. 08/08/2019, n.21184);
2) il ricorso va rigettato;
3) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
4) si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico dei ricorrenti l’obbligo di pagamento del doppio contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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