CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 febbraio 2021, n. 4762

Tributi – Avviso di accertamento emesso a seguito di PVC – Notifica prima del termine dilatorio per il contraddittorio endoprocedimentale – Nullità dell’avviso

Rilevato che

1. In seguito a verifica fiscale chiusa con p.v.c. del 10/11/2008, con la quale fu ispezionata la contabilità intercorsa con la società H. Immobiliare s.r.I., l’Agenzia delle Entrate di Frosinone emise due distinti avvisi di accertamento relativi a Irpeg e Irap per gli anni 2003 e 2004, notificati in data 30/12/2008 ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. e in data 12/01/2009 mediante il servizio postale, con i quali furono contestate alla società P.M . s.r.l. due fatture rispettivamente del 9/12/2003 e del 23/12/2004 emesse nei confronti della H. Immobiliare s.r.l. e registrate come ricavi riferiti agli anni precedenti il 2002, in quanto asseritamente da imputare per competenza rispettivamente agli anni 2003 e nel 2004, nonché l’importo di euro 500.000,00 versato dalla medesima società H. Immobiliare a titolo di finanziamento infruttifero che, secondo l’Ufficio, simulava un versamento in acconto soggetto a Iva. Impugnati i predetti atti dalla contribuente, la Commissione tributaria provinciale di Frosinone, con sentenza n. 194/02/09, rigettò il ricorso e compensò le spese di lite. In sede di gravame, la Commissione tributaria regionale del Lazio, adita dalla società, con la sentenza descritta in epigrafe rigettò a sua volta il gravame e condannò la contribuente alle spese di lite.

2. Avverso questa sentenza, la società ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, che illustra con memoria.

L’Agenzia delle Entrate si è difesa con controricorso.

Considerato che

1. Con il primo motivo del ricorso, la contribuente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito affermato che le date di notifica dei due accertamenti fossero diverse, essendo stato il termine dei 60 giorni rispettato con riguardo all’anno 2004, senza considerare che la citata norma vieta l’emissione e non la notifica dell’atto impositivo prima della scadenza del termine dalla notifica del PVC. Nella specie, infatti, la notifica del processo verbale di constatazione era avvenuta in data 10/11/2008, mentre gli avvisi erano stati emessi il 5/12/2008 per entrambi gli anni di riferimento, 2003 e 2004, e dunque dopo soli 25 giorni dalla notifica del PVC, come del resto non contestato neppure dall’Ufficio. Inoltre, la notifica degli atti impositivi si era perfezionata, per l’Amministrazione finanziaria, col compimento di tutte le formalità indicate nell’art. 140 cod. proc. civ. e quindi al momento della spedizione della raccomandata, ossia in data 30/12/2008, e, per la contribuente, a mezzo del servizio postale il 12/01/2009 e dunque comunque prima della scadenza dei 60 giorni. Infine, ad avviso della contribuente, la C.T.R., nel ritenere che il previsto termine di 60 giorni tra la notifica del PVC e l’emissione dell’avviso di accertamento relativo al 2003, potesse essere derogato dall’esigenza dell’Ufficio di evitare la perenzione dei termini per l’esercizio dell’attività impositiva con riguardo a quella annualità, si era posta in contrasto con la norma in esame, in quanto non aveva considerato che l’Ufficio fosse gravato dall’onere di dimostrare che i motivi di particolare e motivata urgenza non fossero dovuti a fatti a sé imputabili, per essere riferibili a un’errata o tardiva pianificazione delle attività da parte sua, ma riguardassero il contribuente e il rapporto tributario in questione.

2. Col secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto ipotizzabile il mancato rispetto del termine, peraltro giustificato dall’imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere impositivo, soltanto con riguardo all’anno 2003, senza considerare che la notifica di entrambi gli avvisi di accertamento si era perfezionata per l’Amministrazione finanziaria al compimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., e dunque al momento della spedizione della raccomandata, in data 30/12/2008, e, per il contribuente, a mezzo del servizio postale in data 12/01/2009, sicché il giudice di merito, nel considerare erroneamente la data di perfezionamento della notifica nel rispetto dell’art. 140 cod. proc. civ., con riguardo al 2003, e la data di  ricezione del plico da parte del contribuente con riguardo al 2004 senza argomentare sul diverso approccio valutativo, aveva reso una motivazione contraddittoria.

3. Il primo motivo è fondato.

L’art. 12, legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), stabilisce, infatti, al comma 1, che «Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo […]» e, al comma 7, che «Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza (..2).

Questa Corte è ormai ferma nel ritenere che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio  dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimen tale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed  è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.

Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio» (in tal senso, tra le tante, Cass. sez. 5, 23/07/2020, n. 15843; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27623; Cass., sez. u., 29/07/2013, n. 18184).

In ragione della finalità di garanzia del contraddittorio procedimentale perseguita dal ridetto art. 12, comma 7, cui è sottesa l’esigenza di consentire al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, l’atto è già illegittimo quando sia anche soltanto sottoscritto prima della scadenza del previsto termine dilatorio, ancorché notificato successivamente ad esso, in quanto la notificazione, costituendo una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo, opera quando questo è ormai perfetto e, quindi, già emanato (vedi Cass., sez. 5, 31/07/2018, n. 20267; Cass., sez. 5, 12/07/2017, n. 17202).

Con riguardo alla clausola di salvezza contenuta nella norma,  che consente di giustificare l’inosservanza del termine dilatorio in presenza di «casi di particolare e motivata urgenza», questa Corte si è in più occasioni pronunciata, sostenendo che tali ragioni, da dimostrarsi a cura dell’Amministrazione finanziaria, devono essere riferite al contribuente e al rapporto controverso (come in caso di conseguimento da parte del contribuente di un rimborso IVA nell’ambito di una frode ai danni dell’Erario o la sussistenza di reiterate violazioni delle leggi tributarie aventi rilevanza penale, in tal senso vedi Cass., sez. 5, 07/09/2018, n. 21815; Cass., sez. 6-5, 02/07/2018, n. 17211), ma non possono consistere nella sola imminente scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa, spettando piuttosto all’Amministrazione offrire, a giustificazione dell’urgenza, la prova, sulla base di fatti concreti e precisi, che l’emissione dell’avviso in prossimità del maturare dei termini decadenziali sia dipesa da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, pena la dissoluzione della finalità di recupero delle imposte non versate (vedi Cass., sez. 5, 23/07/2020, n. 15755; Cass., sez. 6-5, 10/04/2018, n. 8749).

4. Nella specie, la C.T.R., nell’affermare che «la conclusiva richiesta della contribuente di annullamento di entrambi gli avvisi di accertamento, senza quindi tener conto delle date di notifica (diverse, perché per l’anno 2004, il predetto termine risulta rispettato) dei due atti amministrativi, rappresenta una confusa e non ammissibile sollecitazione di azzeramento dell’intera procedura di accertamento» e che «proprio l’operato dell’ufficio, che soltanto per il 2003 (che era a rischio di decadenza) ha proceduto alla notifica dell’accertamento prima del decorso dei 60 giorni, depone nel senso della volontà della parte resistente di contemperare le sue esigenze con quelle di difesa» e «se così non fosse stato, il contribuente ne avrebbe tratto un sicuro vantaggio e l’ufficio sarebbe venuto meno ai suoi doveri di perseguire un episodio di evasione fiscale del quale era fermamente convinto», posto che aveva «chiarito in questa sede che la particolarità e l’urgenza erano rappresentate dall’esigenza di scongiurare la perenzione dei termini riguardo all’anno 2003», non si è affatto attenuta ai suesposti principi. Si legge innanzitutto negli avvisi di accertamento relativi alle due annualità, riportati nel ricorso, che il processo verbale di constatazione, unico per entrambe, era stato notificato il 10/11/2008, mentre la data di emissione degli stessi, anche in questo caso unica, è quella del 5/12/2008, chiaramente inferiore al termine di 60 giorni entro i quali era inibito all’Ufficio il perfezionamento dell’atto e non la sua notifica, come detto.

In merito, la C.T.R. non soltanto àncora erroneamente il rispetto del termine dilatorio alla notifica e non alla data di emissione dell’atto, ma ritiene oltretutto bastevole, al fine di considerare sussistenti i comprovati motivi di urgenza, la mera imminenza della scadenza dal potere impositivo riferita all’anno 2003 (peraltro non riguardante l’anno 2004), senza alcun altra specificazione su elementi di fatto esulanti dalla sfera dell’ente impositore ed estranei alla sua diretta responsabilità (in tal senso, Cass., sez. 6-5, 09/11/2015, n. 22786, Cass. sez. 6-5, 23/07/2020, n. 15843 cit.).

Inoltre, nell’affermare che «la ricorrente non avrebbe potuto comunque addurre osservazioni e richieste diverse e maggiori di quelle poi esposte compiutamente in ricorso» e che il diritto di difesa non risultava menomato «come dimostrano indirettamente molteplicità, specificità e ampiezza dei motivi di opposizione», ha trascurato il fatto che l’art. 12, comma 7, opera una valutazione ex ante sulla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso ante tempus, senza che, peraltro, il contribuente debba dimostrare di aver subito un concreto pregiudizio da detta violazione (Cass., sez. 5, 01/10/2018, n. 23670), in ciò differenziandosi dall’eventuale prova di «resistenza» richiesta per i tributi armonizzati quando la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa, ciò che fa insorgere in capo al giudice tributario l’obbligo di effettuare una concreta valutazione ex post sul rispetto del contraddittorio, aspetto questo non ravvisabile nella fattispecie in esame (vedi Cass., sez. 5, 15/01/2019, n. 701).

In considerazione della fondatezza del primo motivo, non essendo coinvolte questioni di fatto, la causa può essere decisa nel merito, nel senso che deve dichiararsi la nullità degli avvisi di accertamento in quanto emessi in violazione del termine di cui all’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000.

5. L’accoglimento del primo motivo assorbe la seconda censura.

6. In considerazione dell’accoglimento del ricorso, devono essere compensate tra le parti le spese dei due gradi di merito, mentre le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico dell’Agenzia delle Entrate.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, dichiara la nullità degli avvisi di accertamento impugnati. Compensa tra le parti le spese per il doppio grado di merito. Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.260,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.