CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2019, n. 27019
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Revocazione – Sentenza di estinzione del giudizio sulla base di una proposta di conciliazione priva di esplicita accettazione dell’Ufficio
Rilevato che
Con sentenza in data 14 dicembre 2017 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, rigettava il ricorso per revocazione proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 2060/67/16 della CTR della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, che aveva dichiarato estinto a seguito di conciliazione il giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento relativo a classamento di immobile promosso da G.I. S.p.A. e M.T.B..
Premesso che l’Agenzia delle entrate aveva dedotto di non aver mai sottoscritto alcun verbale di conciliazione né effettuato comunicazioni in tal senso, la CTR rilevava: «La domanda di revocazione deve indicare, a pena di inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione del fatto (art. 398, 2° co., c.p.c.). Nella fattispecie non è stato prodotto né indicato dall’istante alcun elemento probatorio sulla falsità della intervenuta conciliazione».
Avverso la suddetta sentenza, con atto del 12 giugno 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
Gli intimati non hanno svolto difese.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Considerato che
Con l’unico motivo dedotto la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., 64 e 46 d.lgs. n. 546/1992, per avere erroneamente la CTR dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione in quanto l’Ufficio non avrebbe dato prova della falsità della intervenuta conciliazione.
Il ricorso è fondato.
La ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, ha trascritto in ricorso l’istanza di conciliazione a firma del difensore dei contribuenti, datata 27 gennaio 2016, nella quale si legge: «si ritiene equo proporre ex art. 48 bis D.Lgs. 546/92 e successive modificazioni ed integrazioni, la conciliazione totale della controversia collocando l’immobile di cui trattasi nella categoria A/7 di classe quarta anziché nella classe seconda come inizialmente proposto». Dal tenore del documento, che fa riferimento ad una mera proposta, e dalla circostanza che nello stesso manchi qualsivoglia riferimento all’accettazione da parte dell’Ufficio, si evince che si tratta solo di una proposta di conciliazione e non di una conciliazione intervenuta tra le parti a seguito di accordo tra le stesse raggiunto.
La sentenza impugnata, che ha rigettato il ricorso per revocazione proposto dall’Agenzia delle entrate sull’erroneo presupposto della mancata prova della falsità dell’intervenuta conciliazione, va dunque cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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