CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 novembre 2019, n. 31248
Tributi – Contenzioso tributario – Conciliazione giudiziale con regolamento rateale – Mancato o ritardato versamento della prima rata – Mancato perfezionamento della conciliazione – Onere del giudice – Prosecuzione del giudizio – Esame di merito della controversia
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate notificava alla società M. S.r.l. avviso di accertamento con il quale, in relazione all’anno d’imposta 2003, accertava maggiori ricavi, con conseguente recupero a tassazione di maggiori imposte IRPEG, IRAP e I.V.A.
Proposto ricorso avverso l’atto impositivo, la contribuente, dopo avere presentato, in data 1 aprile 2008, istanza di conciliazione della lite, accettava la proposta formulata dall’Amministrazione, con la quale venivano rideterminati i ricavi che da euro 391.937,00 venivano ridotti a euro 210.422,00, con conseguente obbligo, per la contribuente, di corrispondere all’Erario, a titolo di maggiori imposte, sanzioni ed interessi, la somma di euro 129.127,73.
I giudici di primo grado, in data 13 maggio 2008, <<verificata la sussistenza dei presupposti e delle condizioni formali e sostanziali di ammissibilità di cui all’art. 48, comma quinto, del d.lgs. n. 546/1992>>, dichiaravano l’estinzione del giudizio.
A seguito di intervenuto pagamento, da parte della contribuente, in data 10 luglio 2008 dell’importo di euro 15.000,00 e in data 28 luglio 2008 dell’importo di euro 114.550,16, l’Ufficio, ritenuto che l’accordo conciliativo non si fosse perfezionato, procedeva all’iscrizione a ruolo e alla emissione di cartella di pagamento ai fini della riscossione delle somme originariamente pretese con l’avviso di accertamento.
Proposto appello dalla contribuente ed appello incidentale dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza dichiarativa dell’estinzione del giudizio, la Commissione regionale della Lombardia, rilevato che la conciliazione non si era perfezionata in difetto di tempestivo versamento della prima rata e della prestazione di garanzia, rigettava l’appello della contribuente.
Ricorre per la cassazione della suddetta decisione la società M. s.r.l., con quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
La contribuente ha depositato controricorso al ricorso incidentale.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, la contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc civ., carenza assoluta di motivazione e violazione del combinato disposto degli artt. 36, secondo comma, e 61 del d.lgs. n. 546/1992, facendo rilevare che la decisione dei giudici di appello è priva di motivazione poiché non contiene l’esposizione dei motivi in fatto ed in diritto prescritta dal richiamato art. 36 del d.lgs. 546/1992 ed è, inoltre, inconferente con l’atto di impugnazione con il quale era stata richiesta la riforma della decisione di estinzione del giudizio sul presupposto del mancato perfezionamento della conciliazione e una pronuncia di annullamento dell’atto impositivo.
I giudici regionali, invece, pur affermando che la conciliazione non si era perfezionata, erano pervenuti al rigetto dell’appello, confermando in tal modo l’estinzione del giudizio dichiarata dai giudici di primo grado e rendendo, in tal modo, una motivazione solo apparente.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce, in relazione al n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., incongruità e contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata, ribadendo che i giudici di appello, pur avendo condiviso il presupposto del mancato perfezionamento della conciliazione, hanno sostanzialmente confermato l’estinzione del giudizio disposta dai primi giudici, con conseguente evidente contraddizione fra motivazione e dispositivo.
3. Con il terzo motivo, deduce, altresì, che i giudici regionali sono incorsi nella violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Evidenzia, al riguardo, che la cessazione della materia del contendere può essere pronunciata solo nel momento in cui la conciliazione può dirsi perfezionata, sicché la decisione di primo grado è affetta da violazione di legge perché la Commissione provinciale avrebbe dovuto rinviare l’udienza di trattazione della causa ad una data successiva alla scadenza del termine concesso per il perfezionamento dell’atto conciliativo, e che è parimenti in contrasto con la disposizione normativa richiamata in rubrica anche la decisione dei giudici di appello, i quali avrebbero dovuto dare atto della illegittimità dell’estinzione del giudizio e, in riforma della sentenza di primo grado, avrebbero dovuto pronunciarsi sulla pretesa tributaria.
4. Con il quarto motivo, la contribuente deduce nullità della sentenza, in relazione al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ed in particolare per <<omessa pronuncia sulla violazione degli artt. 39 e 42 del d.P.R. n. 600/1973 (i); omessa pronuncia sull’illegittimità dell’atto impugnato per carenza di motivazione e di prova (ii); omessa pronuncia sull’infondatezza della pretesa per errata ricostruzione indiretta dei ricavi da parte dell’Ufficio (iii)>> e contesta alla Commissione regionale di avere omesso di pronunciarsi su tutto l’oggetto della domanda, ossia sui motivi di appello che riproponevano le doglianze dedotte con il ricorso introduttivo, non esaminate dalla Commissione provinciale in quanto assorbite dalla dichiarazione di estinzione del giudizio per intervenuta conciliazione.
5. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la difesa erariale censura la sentenza impugnata, in relazione al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui i giudici di appello hanno mancato di statuire sull’appello incidentale dell’Ufficio, con il quale – denunciando il mancato perfezionarsi della conciliazione – si chiedeva la riforma della sentenza di primo grado e la conferma dell’avviso di accertamento.
6. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione con la quale la contribuente ha dedotto, per violazione dell’art. 366, primo comma, nn. 3, 4 e 6 cod. proc. civ., l’inammissibilità del ricorso incidentale.
6.1. In particolare, nel controricorso al ricorso incidentale la società ha sostenuto che la Amministrazione, pur dolendosi della omessa pronuncia sulle domande contenute nell’appello incidentale, non ha indicato le questioni affrontate in quella sede, né ha ritrascritto il contenuto dell’atto né allegato l’appello.
6.2. L’eccezione è infondata.
Va, in primo luogo, rilevato che la controricorrente non è tenuta, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte, che resta acquisito, ex art. 25, secondo comma, del d.lgs. n. 546/1992, al fascicolo d’ufficio del processo svoltosi davanti alla Commissione tributaria, ad un nuovo onere di produzione documentale (Cass. Sez. U, 3 novembre 2011, n. 22726), risultando all’uopo sufficiente la richiesta di trasmissione, ex art. 369, terzo comma, cod. proc. civ. del fascicolo alla segreteria della Commissione regionale.
Nel caso di specie, peraltro, dalla stessa sentenza impugnata si evince che l’Ufficio, con l’appello incidentale, oltre a contestare i motivi di gravame dedotti dalla parte contribuente, aveva dedotto che la conciliazione dichiarata con la sentenza di primo grado non poteva considerarsi perfezionata, chiedendo in tal modo la riforma di quella pronuncia.
Il ricorso incidentale deve, quindi, ritenersi ammissibile, in relazione al principio dell’autosufficienza, pur se manca l’esposizione del contenuto dell’atto di gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, poiché si può avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso e dalla sentenza impugnata, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni fatte valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte (Cass. 17/08/2012, n. 14561).
7. Il primo motivo del ricorso principale va rigettato.
La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. n. 22232 del 03/11/2016).
Ciò non ricorre nel caso in esame, laddove la Commissione regionale, sia pure con motivazione estremamente sintetica, ha ritenuto non perfezionato l’accordo conciliativo.
Trattasi di motivazione che esplicita le ragioni della decisione, per cui i profili di genericità ed apodicittità della motivazione, pure censurati con il mezzo in esame, non viziano tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente e da escludere l’idoneità della stessa ad assolvere alla funzione di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992.
8. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale che, essendo strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti.
8.1. Il terzo comma dell’invocato art. 48 del d.lgs. n. 546/1992 stabilisce: <<Se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un’unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire, previa prestazione di idonea garanzia secondo le modalità di cui all’art. 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull’importo delle rate successive, comprensivo degli interessi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa data e per il periodo di rateazione di detto importo aumentato di un anno>>.
8.2. Dal tenore testuale della norma in esame si evince che gli atti dichiarativi delle varie specie di conciliazione, previste nel giudizio tributario dall’art. 48 del d.lgs. n. 546/1992, non determinano di per sé la cessazione della materia del contendere, atteso che tale effetto estintivo si produce solo quando, con il versamento della somma concordata, gli stessi siano divenuti efficaci e perfetti.
Si è affermato, in giurisprudenza, che la conciliazione giudiziale prevista dall’art. 48, sia nel testo originario che in quello risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 419, della legge n. 311 del 2004, comporta l’estinzione della pretesa fiscale originaria, contestata dal contribuente, e la sua sostituzione con una certa e concordata; tuttavia l’effetto estintivo può verificarsi esclusivamente nel caso in cui la fattispecie conciliativa si sia perfezionata, secondo le modalità previste dall’art. 48 del d.lgs. n. 546/1992, poiché solo in tale ipotesi il verbale di conciliazione, data l’acquisita incontrovertibilità di quanto in esso consacrato, potrebbe costituire titolo per la riscossione (Cass. 20 settembre 2006, n. 20386; Cass. 19 giugno 2009, n. 14300).
Dunque, se in caso di mancato versamento delle somme residue pattuite l’accordo non si risolve e l’amministrazione può solo esigere il loro pagamento attraverso la procedura di riscossione coattiva, la stessa cosa non accade nel caso di mancato o ritardato versamento della prima rata e/o di omessa prestazione della garanzia, perché in questi casi la conciliazione <<non>> si perfeziona affatto (Cass. 21 aprile 2011, n. 9219).
8.3. Si è, peraltro, precisato che la conciliazione tributaria giudiziale non ha natura negoziale, ed in particolare non ha la natura di novazione, ma ha natura unitaria, perché comune a tutte le specie di fattispecie a formazione progressiva e procedimentalizzata, ed è caratterizzata dall’identità temporale della sua perfezione e della sua efficacia; di conseguenza, solo nel momento in cui la conciliazione raggiunge la perfezione si estingue il rapporto giuridico tributario sostanziale e, pendente una controversia giudiziale, si produce la cessazione della materia del contendere (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3560).
8.4. Ne discende che la conciliazione rateale – che ricorre nel caso di specie – può considerarsi perfezionata solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’importo della prima rata concordata previa prestazione di idonea garanzia; in caso di mancato adempimento dei predetti obblighi, non può, di conseguenza, verificarsi l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere, ai sensi dell ‘art. 46 del d.lgs. n. 546/1992 (Cass. 21 aprile 2011, n. 9219).
8.5. Pertanto, l’unico provvedimento che la Commissione provinciale dinanzi ad una conciliazione rateale può adottare è quello del rinvio dell’udienza di trattazione della causa ad una data successiva alla scadenza del termine concesso per l’adempimento dall’art. 48, terzo comma, del d.lgs. n. 546/1992.
8.6. Nella specie è pacifico che la conciliazione fosse stata raggiunta mediante regolamento rateale e che la prima rata non fosse stata pagata entro il termine di venti giorni, per cui è evidente che l’iter perfezionativo della conciliazione rateale non si fosse mai compiuto e di ciò la Commissione provinciale si sarebbe dovuta avvedere prima di dichiarare l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 46 del d.lgs. n. 546/1992.
8.7. In ipotesi di mancato perfezionamento della fattispecie estintiva, la pronuncia di primo grado che, come nel caso in esame, abbia comunque dichiarato l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere, è appellabile dall’Ufficio, il quale non può essere costretto all’esecuzione di una conciliazione che è sostanzialmente inesistente e, in tal caso, il giudice di appello deve procedere all’esame nel merito del rapporto controverso, non potendo l’Amministrazione finanziaria essere privata della legittima pretesa di far valere il proprio interesse ad una pronuncia sulla pretesa originariamente fatta valere con l’avviso di accertamento (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3560).
9. Con la sentenza impugnata la Commissione regionale, richiamando in motivazione il terzo comma del citato art. 48, ha correttamente dato atto del mancato perfezionamento dell’accordo conciliativo, ma poi, in dispositivo, ha respinto l’appello principale della contribuente, confermando implicitamente la dichiarazione di estinzione del giudizio disposta dai primi giudici, che, invece, proprio in ragione del mancato perfezionamento della conciliazione, avrebbe dovuto essere riformata.
Sussiste, pertanto, il vizio di motivazione dedotto con il secondo mezzo di ricorso, stante l’evidente contraddittorietà della motivazione, nonché la violazione di legge denunciata con il terzo mezzo di ricorso, oltre che l’omesso esame dell’appello incidentale, considerato che il giudice di appello, pur avendo escluso l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere, ha omesso di statuire sul merito dell’originario accertamento.
10. L’accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale impone di ritenere assorbito il quarto motivo del ricorso principale.
11. In conclusione, va rigettato il primo motivo del ricorso principale e vanno accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, con assorbimento del quarto motivo; deve, altresì, essere accolto il ricorso incidentale, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo riesame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo ed il terzo motivo e dichiara assorbito il quarto motivo del ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.