Corte di Cassazione, ordinanza n. 25108 depositata il 23 agosto 2023

Società estinta – Responsabilità del socio

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 315/03/16 del 17/05/2016 la Commissione tributaria regionale delle Marche (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto da S.C., D.G.P., M.P. e P.M. avverso la sentenza 1003/01/14 della Commissione tributaria provinciale di Ancona (di seguito CTP), la quale aveva rigettato il ricorso proposto dai contribuenti avverso un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2007.

1.1 Come si evince dalla sentenza impugnata e dalle difese delle parti, con l’avviso di accertamento impugnato l’Amministrazione finanziaria aveva proceduto alla rideterminazione del reddito di S.N.R.V.C. a r.l., agendo nei confronti dei soci in ragione dell’estinzione della società, intervenuta in data 12/12/2012, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese.

1.2 La CTR accoglieva parzialmente l’appello proposto dai soci, evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) l’azione esperibile nei confronti dei soci poteva essere esercitata nei limiti degli utili distribuiti; b) nel caso di specie, si doveva presumere che gli utili determinati a seguito dell’accertamento fossero stati distribuiti tra i soci in proporzione della rispettiva quota, con conseguente correttezza dell’azione esperita nei confronti dei soci.

2. Avverso la sentenza della CTR S.C. proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex 380 bis.1 cod. proc. civ.

3. AE resisteva con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso S.C. deduce violazione degli artt. 2495 e 2729 cod. civ. e dell’art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR presuntivamente imputato ai soci i proventi conseguenti dalla rideterminazione del reddito di S.N.R.V.C. a r.l., senza che ci sia stata effettiva distribuzione degli utili e, dunque, in violazione dell’art. 2495 civ.

1.1 In particolare, la sentenza impugnata si fonderebbe su di una praesumptio de praesumpto, cioè l’intervenuta distribuzione degli utili ai soci secondo un’applicazione totalizzante dell’imputazione per trasparenza conseguente alla ristrettezza della base sociale, imputazione ritenuta valida anche nei confronti del socio di minoranza; e per di più con una evidente inversione dell’onere della prova, non spettando al socio la dimostrazione di non avere percepito utili.

1.2 Con il secondo motivo di ricorso si contesta la falsa applicazione degli 2476, secondo e terzo comma, e 2495 cod. civ., dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 110 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di appello male interpretato le disposizioni sopra richiamate.

1.3 Con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, per avere la CTR erroneamente ritenuto il ricorrente responsabile in solido dei debiti sociali.

1.4 Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dal mancato deposito dei bilanci di liquidazione da parte di S.N.R.V.C. a r.l.

2. I motivi possono essere unitariamente esaminati, vertendo su circostanze connesse.

2.1 Costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello per il quale qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue – ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale – ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (Cass. S.U. n. 6070 e 6071 del 12/03/2013; conf., ex multis, Cass. n. 16362 del 30/07/2020).

2.1.1 I soci di una società di capitali a base ristretta estinta rispondono dei debiti societari pro quota, in relazione ai relativi titoli di partecipazione (Cass. n. 31904 del 05/11/2021), indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione, sicché AE ha interesse a procurarsi un titolo nei confronti dei soci della società estinta, a prescindere dall’utile partecipazione di essi alla ripartizione finale, potendo comunque residuare beni e diritti (quali, ad , utili extracontabili) che, ancorché non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione, si siano trasferiti ai soci (Cass. n. 26758 del 12/09/2022; Cass. n. 2 del 04/01/2022; Cass. n. 15035 del 16/06/2017; Cass. n. 14446 del 05/06/2018; Cass. n. 897 del 16/01/2019; Cass. n. 9094 del 07/04/2017).

2.1.2 Le questioni concernenti l’effettiva percezione degli utili da parte dei soci della società estinta non sono idonee a paralizzare il superiore interesse, sicché le stesse possono essere fatte valere dal socio solo in sede di riscossione.

2.2 Da quanto sopra precisato in punto di diritto, ne consegue l’infondatezza dei primi tre motivi proposti.

2.2.1 La circostanza che non ci sia stata distribuzione degli utili da parte della società non esclude l’interesse di AE ad accertare la responsabilità del socio, essendo risultati, all’esito dell’accertamento nei confronti della società, utili comunque distribuibili, con conseguente infondatezza del primo motivo.

2.2.2 Resta salva ogni questione sull’effettivo percepimento di detti utili, che potrà essere posta solo in sede di riscossione, con conseguente mancanza di interesse del socio a far valere, in questa sede, le questioni di ripartizione dell’onere probatorio avanzate con il secondo motivo.

2.2.3 Infine, non è vero che la CTR abbia ritenuto la responsabilità solidale dei soci, ma anzi ha correttamente precisato che il socio risponde nei limiti della quota posseduta (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata), con conseguente infondatezza del terzo motivo.

2.3 Quanto, infine, al quarto motivo, a parte la sussistenza di una doppia conforme di merito che rende la censura inammissibile in limine (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014), deve osservarsi che la CTR ha puntualmente esaminato la questione della mancata redazione del bilancio di liquidazione, sicché non è nemmeno configurabile il denunciato omesso esame.

3. In conclusione, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 337.443,75.

3.1 Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui alvd.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 7.800,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.