CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2019, n. 16827
Trattamento pensionistico – Pensione cat IOS – Cumulo dei contributi esteri e con anzianità contributiva superiore a 781 settimana – Benefici ex art. 4 L. n 140/1985
Considerato in fatto
1. A.I., titolare di pensione cat IOS con decorrenza 1/9/1975, ottenuta con il cumulo dei contributi esteri e con anzianità contributiva superiore a 781 settimana, esponeva che con l’applicazione dei benefici di cui all’art. 4 L. n 140/1985 la pensione doveva essere considerata superiore al minimo e che l’Inps l’aveva illegittimamente ridotta a L 147.366 a decorrere dall’1/2/1991. Conveniva, pertanto, l’Inps davanti al Tribunale di Lecce al fine di ottenere la condanna dell’Istituto al ripristino della pensione a decorrere dall’1/2/1991 nell’importo originario di L 570.791 in quanto prestazione superiore al trattamento minimo.
2. Il Tribunale ha accolto la domanda e la Corte d’appello di Lecce, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda. Ha rilevato, infatti, che l’I., come risultante dalla CTU, solo nel 1993 era divenuto titolare anche di pensione estera, mentre fino al 1/1/1985 la sua pensione a calcolo risultava inferiore al trattamento minimo raggiungendo tale minimo solo in virtù degli aumenti ex art. 4 L n. 140/1985.
3. Avverso la sentenza ricorre l’Ingrosso con due motivi. L’Inps ha rilasciato delega in calce al ricorso notificato.
Ritenuto in diritto
4. Il ricorrente denuncia violazione dell’art. 4 L. n. 140/1985, dell’art. 6, commi 5 e 6, del DL 463/1983 conv in L. n. 638/1983 e dell’art. 7 L. n. 407/1990.
Osserva che l’Inps a decorrere dal 1/1/85 aveva corrisposto i benefici ex art. 4 L. n. 140/1985; che in tal modo il trattamento pensionistico goduto era superiore al trattamento minimo e che l’Inps con l’entrata in vigore dell’art. 7 L. n. 407/1990 aveva applicato alla pensione le limitazioni previste da detta norma sebbene la pensione fosse superiore al minimo in virtù degli aumenti ex art. 4 L n 140/1985.
Con il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 cpc) per non aver esaminato le specifiche critiche mosse alla CTU che non aveva valutato la legittimità del provvedimento dell’Inps di revoca dell’integrazione al minimo a partire dal gennaio 1993, data di decorrenza del pro-rata svizzero.
5. Il primo motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.
La questione che si pone è se la pensione goduta dal ricorrente sia o meno integrata al minimo a seguito dell’applicazione dei benefici di cui all’art. 4 L. n 140/1985 e conseguentemente se debba o meno trovare applicazione l’art. 7 L. n. 407/1990 .
L’art. 4 L. n. 140/1985 “Miglioramenti per le pensioni acquisite con più di 780 contributi settimanali” stabilisce al primo comma che:
Con effetto dal 1 gennaio 1985, le pensioni con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1984, integrate al trattamento minimo ai sensi dell’art. 6 del decreto legge n. 463/1983, convertito, con modificazioni, nella L. n. 638/1983, aventi titolo alla maggiorazione di cui all’art. 14-quater, commi 3 e 4, del DL n 663/1979, convertito, con modificazioni, nella L. n. 33/1980, e successive modificazioni ed integrazioni, sono aumentate mensilmente come segue:
Il terzo comma della norma citata stabilisce poi che: 3. Gli aumenti di cui al comma 1 si applicano sull’importo della pensione mensile non integrata al trattamento minimo, spettante al 31 dicembre 1984, secondo i criteri di determinazione di cui all’art. 6, comma 6, del DL n. 463/1983, convertito, con modificazioni, nella L. n. 638/1983, e per le pensioni ai superstiti sono ridotti in proporzione alle aliquote di riversibilità.
6. Come già affermato da questa Corte (cfr Cass. n 12116/2009 ed anche 14681/1999 nonchè Cass. n. 10375/2015) la L. n. 140/1985 art. 4, comma 3, prevede chiaramente che gli aumenti “si applicano sull’importo della pensione mensile non integrata al trattamento minimo. “La disposizione mirava all’aumento delle prestazioni di quei lavoratori che, pur potendo far valere una consistente anzianità assicurativa, oltre 780 contributi settimanali, si trovavano tuttavia in godimento di una pensione di modesto ammontare, addirittura inferiore al minimo e quindi nella necessità della integrazione. Si tratta di un beneficio che sostituisce l’altro, che era già stato introdotto dal DL n. 663/1979 art. 14, corv. in L. n. 33/1980, e che era finalizzato ad aumentare la pensione a calcolo proprio a seguito della limitazione del diritto alla integrazione al minimo operata dalla L. n. 638/1983 art 6, ossia della disposizione che per la prima volta, ha condizionato il diritto alla integrazione al minime al possesso di redditi inferiori ad una certa soglia, e quindi determinando, la riduzione a calcolo della pensione per tutto il periodo del superamento….. Si volle quindi aumentare l’importo a calcolo di dette pensioni, per metterle in qualche modo al riparo dalla perdita della integrazione, peraltro le disposizioni a favore di questo tipo di pensioni con oltre 780 contributi proseguì nel tempo ad opera della L. 29 dicembre 1988 n 544, art. 3 e dal DPCM del 16 dicembre 1989” (così la sentenza citata).
Va, altresì, precisato che, applicando gli aumenti sull’importo a calcolo come espressamente previsto dalla norma parrebbe che la pensione rimanga sempre dello stesso ammontare in quanto l’aumento sarebbe “assorbito” dalla integrazione al minimo. ” Così non è, perché l’aumento effettivo della pensione disposto dalla norma in esame; dipende da quale è la sua misura a calcolo e nei casi in cui la maggiorazione concessa dalla legge è superiore alla parte della integrazione al minimo applicata, la pensione che l’interessato riceve verrà realmente aumentata” (cfr sentenza citata).
Appare utile a riguardo richiamare l’esempio contenuto nella citata sentenza del 2009 di questa Corte secondo cui “si consideri 100 la misura minima della pensione”(che il pensionato effettivamente riceve) che sia composta di 60 come pensione a calcolo e di 40 come integrazione. Se l’aumento previsto dalla legge sarà ad esempio 50 (superiore a 40 che è la quota di integrazione) il pensionato riceverà la nuova pensione pari a 110 (somma della pensione a calcolo di 60 cui va sommato l’aumento di 50) e quindi riceverà un effettivo vantaggio rispetto alla precedente pensione di 100.”
7. Nella fattispecie in esame non emerge dalla sentenza se la Corte d’appello abbia accertato o meno il superamento del trattamento minimo in virtù dell’applicazione del beneficio in esame, superamento che, come si è prima spiegato, non dipende semplicemente dal riconoscimento del citato beneficio che, secondo il ricorrente, dovrebbe aggiungersi all’integrazione già percepita, ma deve essere valutato in concreto avuto riguardo alla pensione a calcolo del ricorrente, così come richiede la norma, a cui deve sommarsi il beneficio salvo , ove non sia raggiunto pur con il riconoscimento di detto beneficio il trattamento minimo in precedenza goduto, continuare ad applicare in tutto o in parte l’integrazione al minimo. In sostanza qualora la somma del suddetto trattamento base e dell’importo spettante in base alla norma citata sia inferiore alla pensione integrata già in godimento, deve essere mantenuto tale trattamento senza operare alcun miglioramento (cfr Cass n. 12116/2009 e n. 10375/2015)con ogni conseguenza circa l’applicazione dell’art. 7 L. n 407/1990.
8. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cessata e la causa rinviata affinché il giudice di rinvio proceda al suddetto accertamento.
9. Il secondo motivo è infondato. Il ricorrente denuncia un vizio di motivazione che non sussiste atteso che la Corte d’appello ha, invece motivato che, a decorrere dalla percezione della pensione estera, la pensione del ricorrente era divenuta superiore al trattamento minimo con conseguente fondatezza del provvedimento dell’Inps. Va, altresì, rilevato che dall’esposizione in fatto contenuta nel ricorso (cfr pag 1) non risulta neppure che il ricorrente abbia sollevato questioni con riferimento alla decurtazione della pensione a seguito della percezione del trattamento previdenziale svizzero.
10. Per le considerazioni che precedono il primo motivo va accolto, la sentenza cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bari anche per le spese del presente giudizio.
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