CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 maggio 2018, n. 13129
Tributi – Accertamento – Concordato tributario – Adesione ai sensi degli artt. 1 e 2 del d.lgs. 218 del 1997 – Successiva istanza di rimborso – Ammissibilità – Esclusione
Fatti di causa
che il Comune di Cattolica propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, illustrati con memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna, che, in accoglimento dell’appello di C. R. T. e M. T., eredi di CG, riformava la decisione di primo grado, condannava l’ente impositore alla ripetizione, secondo i criteri meglio precisati in motivazione, di quanto indebitamente percepito a titolo di imposta comunale sugli immobili (ICI), oltre interessi legali dalla domanda al saldo, e compensava le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Il Giudice di appello, in particolare, riteneva che l’istituto dell’accertamento con adesione non precludesse al contribuente la possibilità di far valere l’errore concernente la sussistenza della pretesa impositiva, che le istanze di rimborso di quanto corrisposto a titolo di imposta per gli anni dal 1999 al 2006 erano meritevoli di accoglimento in considerazione del fatto che tutti i terreni oggetto d’imposta, salvo per una “piccola parte” ricadente in zona D12, e destinata dal PRG ad “attrezzature sportive e ricreative private”, “debbono essere considerati, sino al 11/11/2001, non edificabili ai fini ICI e debbono scontare l’imposta prevista per i terreni agricoli”, che “successivamente al 12/11/2001, data di approvazione del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), che immediatamente ha prevalso sul vigente PRG (Piano Regolatore Generale), tutti i terreni già di proprietà Cerri dovranno essere sottoposti a ICI terreni agricoli”, che altresì andava applicata e rideterminata “la sanzione per omessa dichiarazione ICI, ma solo con riguardo alla prima omissione, quella del 1998”, poiché non erano intervenute “successive modificazioni che imponessero alla contribuente di reiterare l’iniziale dichiarazione (omessa) che pertanto continuava a valere ex art. 10 d.lgs. n. 504/92, per tutti gli anni successivi”.
Gli intimati eredi dell’originaria contribuente, nelle more del giudizio di merito deceduta, resistono con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c. p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli art. 53, comma 2, e 22, comma 1, d.lgs. n. 546 del 2009, giacché la CTR, benché fosse chiaro che l’appello degli eredi Cerri era stato spedito, e quindi proposto, in data 20/9/2010, e che la costituzione in giudizio di parte appellante era avvenuta in data 21/10/2010, il trentunesimo giorno dalla proposizione del ricorso non computando il dies a quo e computando il dies a quem, dunque, tardivamente, ciò non di meno ha ritenuto ammissibile il gravame.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 4, omessa pronuncia ed error in procedendo, conseguente nullità della sentenza, violazione e falsa applicazione degli art. 53, comma 1, e 57, d.lgs. n. 546 del 2009, giacché la CTR non ha rilevato il difetto di specificità dei motivi di appello, come puntualmente eccepito nell’atto di costituzione nel giudizio di secondo grado, mancando il gravame di una effettiva confutazione delle ragioni addotte dal giudice di prime cure a fondamento della gravata decisione, sfavorevole alla contribuente.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli art. 3, d.lgs. n. 218 del 1997, 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 2009, giacché la CTR non ha considerato che gli accertamenti con adesione sottoscritti in data 11/5/2006 dalla Cerri, alla quale il Comune di Cattolica aveva notificato in data 29/12/2005 distinti avvisi di accertamento per l’imposta non corrisposta, avuto riguardo alle annualità 1999, 2000, 2001 e 2002, relativamente a terreni siti nel territorio comunale, non sono impugnabili, che la contribuente non poteva chiedere la ripetizione delle somme versate e semmai avrebbe dovuto far valere del proprie ragioni, concernenti tra l’altro la determinazione della base imponibile, impugnando, ai sensi dell’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 2009, i predetti atti impositivi.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3 e n.5, violazione e falsa applicazione degli art. 2, lett. b) e c), d.lgs. n. 504 del 1997 e 2697 c.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui afferma essere dovuta l’ICI nella misura prevista per i terreni agricoli, non essendo edificabili le aree per cui è causa, benché la stessa contribuente avesse riconosciuto una seppur limitata capacità edificatoria dei terreni per effetto dell’allora vigente P.R.G. del Comune di Cattolica, in tal modo essendo la CTR incorsa nell’errore di avere ritenuto assoggettabili all’ICI soltanto i terreni per i quali il P.R.G. prevede l’edificabilità da parte dei privati.
Con il quinto motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli art. 10, comma 4, e 14, d.lgs. n. 504 del 1992, giacché la CTR ha ritenuto sussistere una sola violazione, da parte della contribuente, dell’obbligo di presentazione della dichiarazione ICI, e dunque applicabile la sanzione
per omessa denuncia con riferimento al primo anno, e non anche per tutti gli anni successivi.
La prima censura va disattesa in quanto la tesi del ricorrente Comune non tiene conto del principio, affermato da questa Corte, secondo cui “In tema di contenzioso tributario, ai fini della costituzione in giudizio del ricorrente, il ricorso direttamente notificato con raccomandata a mezzo del servizio postale deve essere depositato nella segreteria della Commissione tributaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla ricezione da parte del destinatario e non dalla spedizione da parte del ricorrente.” (Cass. S.U. n. 13452/2017, Cass. n. 12027/2014, n. 9173/2011, n. 12185/2008).
Nel caso di specie, la copia dell’appello degli eredi Cerri, spedito per posta, è stato tempestivamente depositato nella segreteria della adita Commissione tributaria regionale, ai sensi dell’art. 22, d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto il relativo termine decorre non già dalla data di spedizione (20/9/2010), bensì, come si legge nella sentenza di secondo grado, da quella della ricezione dell’atto da parte del destinatario. La seconda censura va disattesa in quanto la “aspecificità” dei motivi di appello è oggetto di mera asserzione del ricorrente Comune, e non tiene conto del principio, affermato da questa Corte, secondo cui “L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità.” (Cass. n. 22880/2017, n. 20405/2006);
La terza censura pone alla Corte la questione se, una volta che l’accertamento del tributo sia stato definito con adesione, mediante il procedimento dettato dal D.Lgs. n. 218 del 1997, e la definizione si sia perfezionata con il versamento delle somme dovute, ai sensi degli art. 8 e 9 del D.Lgs. citato, il contribuente conservi la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccesso per un errore che avrebbe viziato (art. 1427 c.c.) la volontà manifestata con l’istanza di adesione, e la successiva sottoscrizione dell’atto (di natura negoziale).
La risposta, secondo un indirizzo giurisprudenziale ribadito da questa Corte anche di recente, non può che essere negativa in quanto, “ai sensi dell’art. 2, comma 3 (per le imposte sui redditi e sull’iva), e art. 3, comma 4 (per le altre imposte indirette, come quelle di cui alla fattispecie in esame), del D.Lgs. n. 218 del 1997, ‘l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio” (fatto salvo, limitatamente alle imposte di cui all’art. 2, l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice da parte dell’Ufficio nelle ipotesi indicate nel comma 4 di detta norma). Il fatto che avverso l’accertamento definito con adesione sia preclusa l’impugnazione (ovviamente – s’intende – per qualsiasi causa) non può che comportare la ovvia conseguenza della improponibilità di istanze di rimborso di quanto versato a perfezionamento dell’accordo, le quali non costituirebbero altro che una surrettizia forma di impugnazione di quest’ultimo, che deve ritenersi intangibile, in conformità alla ratio dell’istituto, connotata, a fronte dell’effetto premiale per il contribuente, dall’interesse pubblico alla immediata acquisizione delle somme risultanti dall’accordo, le quali, una volta versate, non possono più essere messe in discussione attraverso richieste di rimborso (con l’ulteriore effetto della deflazione del contenzioso).” (Cass. n. 20732/2010; vedi anche Cass. n. 18962 del 2005, n. 29587/2011 e n. 5744/2018);
Le ragioni dedotte dal giudice di secondo grado a sostegno dell’accoglimento nel merito dell’istanza di rimborso appaiono del tutto ininfluenti – per cui non è necessario procedere ad ulteriore vaglio delle stesse – situandosi “a monte” delle stesse la soluzione della controversia, nei termini in precedenza precisati, attesa appunto la non impugnabilità dell’atto conclusivo della procedura di accertamento, sottoscritto in data 11/5/2006 dalla Cerri, che, per quanto risulta pacifico in atti, aveva riguardato le annualità d’imposta 1999, 2000, 2001 e 2002, già oggetto degli avvisi di accertamento notificati alla contribuente.
Diversamente, non può ritenersi precluso alla contribuente il diritto di porre in discussione, ancorché attraverso la presentazione di un’istanza di rimborso, la sussistenza e la misura della obbligazione fiscale per le annualità non definite con gli accertamenti con adesione, per le quali neppure risulta essere stato emesso alcun atto impositivo immediatamente impugnabile.
In merito, infatti, alla pretesa restituzione di quanto versato a titolo di imposta per le annualità 2005 e 2006, di cui all’istanza di rimborso su cui si è formato il silenzio- diniego dell’ente impositore, va evidenziato che la contribuente, seguendo l’analitica narrazione dei fatti di causa riportata (vedi pagg. 29 e 30) nel ricorso per cassazione, aveva presentato una denuncia di variazione ICI per il 2005, con essa volontariamente adeguando “il valore dell’immobile agli importi indicati negli accertamenti per adesione”.
La CTP di Rimini, nel disattendere la domanda della Cerri, ha rilevato che, anche se le predette annualità non erano state oggetto di accertamento con adesione, il quadro giuridico interessante i terreni non era medio tempore mutato, mentre secondo la CTR, come si legge nella impugnata sentenza, per effetto delle più restrittive prescrizioni urbanistiche del PTCP, approvato in data 12/11/2001, che hanno superato quelle del PRG, le quali prevedevano, per una “modesta area destinata ad <<attrezzature sportive e ricreative private >> – zona D12 – l’unica edificabilc (restando le altre qualificabili esclusivamente come terreni agricoli)”, l’imposta non può che essere dovuta in ragione della natura agricola dei terreni medesimi.
Si legge nel controricorso che i terreni dei quali qui si discute avevano due distinte destinazioni urbanistiche di zona, segnatamente, quella ” << F9 – zona a parco fluviale >> e pertanto sottratta ad ogni effettiva edificabilità”, e quella ” << D12 – zone per attrezzature sportive ricreative provate >> ove ai sensi dell’art. 5.1.7 della N.T.A. del P.R.G. approvato nel 1999 è consentita la realizzazione di un centro sportivo”, ma che il PTCP approvato in data 12/11/2001 aveva sottoposto l’intera proprietà Cerri a vincolo (art. 22), con la conseguenza che “al privato non viene lasciata alcuna possibilità di edificazione in senso tecnico e di sfruttamento economico del proprio diritto dominicale, salva la possibilità di insediare chioschi amovibili, la quale non integra il connotato di edificabilità dell’area”.
Ciò detto, con la quarta censura il Comune fondatamente censura l’errore del giudice di appello di avere ritenuto assoggettabili all’ICI solo i terreni per i quali il PRG prevede l’edificabilità da parte dei privati, con ciò trascurando la giurisprudenza di questa Corte, successiva alla sentenza n. 25506/2006 delle Sezioni Unite, secondo cui già l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale di un immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi, o di modifiche al piano regolatore che si traducono in una diversa classificazione del suolo, posso giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione.
E’ stato anche evidenziato che dalla equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi “non inedificabili” non discende affatto che esse abbiano tutte lo stesso valore dal momento che, con la perdita della inedificabilità di un suolo (cui normalmente, ma non necessariamente, si accompagna un incremento di valore) si apre soltanto la porta alla verificabilità in concreto dello stesso, sicché “una volta convenuto sul fatto che per stabilire la natura del terreno è necessario fare riferimento al criterio della “mera potenzialità edificatoria” – e perciò alla concreta appetibilità del suolo determinata dalla vigenza del procedimento di modificazione degli strumenti urbanistici generali (quindi, durante il solo periodo di permanenza di detto procedimento di modificazione e perciò non oltre il momento della acciarata decadenza per effetto della non intervenuta approvazione regionale) – resta comunque l’esigenza di tenere concretamente conto nella determinazione della base imponibile, “della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio” (Cass. n. 12377/2016; S. U. n. 25506/2006 citata).
E la vocazione edificatoria, in tema di imposta comunale sugli immobili, non può essere riferita soltanto a quella di carattere residenziale, in quanto, come da questa Corte ulteriormente precisato, “la nozione di edificabilità non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa cosicché anche un’area classificata in forza di previsione di P.R.G. in zona F/l, come indicata dal D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, e comprendente “le parti del territorio destinate a attrezzature e impianti di interesse generale”, può considerarsi edificabile qualora il vincolo posto dalla classificazione introduca una destinazione realizzabile non necessariamente mediante interventi (o successive espropriazioni) di carattere pubblico ma anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico – privata (non importa se direttamente ovvero in seguito ad accordi di natura complessa), non essendo un tale vincolo idoneo ad escludere la vocazione edificatoria del suolo e il potenziale sfruttamento economico del diritto dominicale da parte del privato proprietario.” (Cass. n. 10247/2010).
La quinta censura è fondata in quanto l’affermazione del giudice di appello per cui la sanzione per omessa dichiarazione ICI, in seguito alla intervenuta variazione di valore dei terreni, va applicata soltanto per il primo anno in cui è stata commessa, perché “l’omissione (…) è stata unica ed unica dovrà essere la sanzione”, contrasta con l’univoco orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale l’obbligo posto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4, di denunciare il possesso ovvero di dichiarare le variazioni degli immobili già dichiarati qualora incidenti sulla determinazione della imposta, non cessa allo scadere del termine fissato dal legislatore con riferimento all’inizio del possesso, ma permane finché la dichiarazione (o denuncia) non sia presentata e determina, per ciascun anno di imposta, una autonoma violazione punibile ai sensi del citato D.Lgs, art. 14, comma 1, atteso che è errato ritenere che la violazione dell’obbligo di denuncia abbia natura istantanea, ovvero si esaurisca con la mera violazione del primo termine dettato a tal fine dal legislatore, in forza della considerazione che la disposizione in esame produce effetto (in mancanza di variazioni) anche per gli anni successivi, in quanto è ovvio che tale effetto (c.d. ultrattività della dichiarazione) possa solamente verificarsi in presenza di una dichiarazione, e non in assenza della stessa, per cui, ove detta dichiarazione (o denuncia) sia stata omessa in relazione ad una annualità di imposta, detto obbligo non viene meno in relazione alla annualità successiva, sicché la sanzione può essere evitata solo con la presentazione di una denuncia valida anche ai fini della annualità considerata (Cass. n. 14399/2017, n. 19877/2016, n. 8849/2010, n. 932/2009).
La sentenza impugnata, in conclusione, va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, ed allo stesso giudice si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12468 - In tema di imposte sui redditi, avverso l'accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d'impugnazione e, pertanto, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 novembre 2020, n. 26109 - In tema di imposte sui redditi, poiché avverso l'accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d'impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto…
- COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE ABRUZZO - Sentenza 18 giugno 2021, n. 478 - In tema di imposta sui redditi, poiché avverso l'accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d'impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 28163 depositata il 6 ottobre 2023 - Il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude - trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 25306 depositata il 25 agosto 2023 - Il potere di proporre impugnazione avverso la sentenza del giudice del lavoro non sorge in conseguenza della semplice lettura del dispositivo in udienza, ma postula che la sentenza…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 giugno 2021, n. 17476 - Le persone fisiche che hanno versato imposte per il triennio 1990-1993 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…