CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 novembre 2021, n. 37066
Tributi – TARI – Attività di bonifica delle bombole e dei serbatoi di gas – Svuotamento dai residui gassosi – Rifiuti speciali – Smaltimento tramite impresa specializzata
Rilevato che
il Comune di Siano propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello di F. S.r.L. avverso la sentenza n. 5997/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, che aveva respinto il ricorso avverso avviso di pagamento TARI 2014;
la società contribuente resiste con controricorso ed ha infine depositato memoria difensiva.
Considerato che
1.1. preliminarmente vanno respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo formulate nel controricorso;
1.2. quanto alla pretesa violazione, da parte del ricorrente, delle disposizioni contenute nel Protocollo d’intesa fra la Corte di Cassazione e il Consiglio nazionale forense circa la sinteticità degli atti di parte si osserva che ciò non può, in ogni caso, radicare, di per sé, sanzioni processuali di nullità, improcedibilità o inammissibilità che non trovino anche idonee giustificazioni nelle regole del codice di rito, ed in questo senso si è espressa l’ordinanza di questa Corte n. 10112/2018 secondo cui «l’inammissibilità del motivo, non discende, ovviamente, dalla violazione del protocollo, che è di per sé privo di efficacia normativa, ma il Protocollo testimonia un condiviso orientamento interpretativo che ha la sua base nel dato normativo, sia per quanto attiene all’esigenza di specificità, sia per quanto attiene all’esigenza di autosufficienza, sicché legittima l’interpretazione della norma in conformità al protocollo, con l’ulteriore conseguenza che la violazione delle regole del protocollo dà luogo ad inammissibilità laddove esso rifletta opzioni interpretative di quel dato»;
2.1. con il primo mezzo il Comune ricorrente denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente avendo la Commissione Tributaria Regionale accolto la tesi difensiva dell’appellante, ritenendo così provato lo smaltimento dei rifiuti speciali, dalla stessa prodotti, tramite impresa specializzata, attribuendo rilevanza alla sola perizia giurata depositata dalla contribuente, senza tener conto dell’accertamento ispettivo eseguito dal Comune sulle aree sottoposte a tassazione e dal quale sarebbero emerse aree e superfici tassabili notevolmente superiori a quelle dichiarate dalla società contribuente;
2.2. la doglianza va disattesa;
2.3. emerge evidente come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto il profilo dell’omessa pronuncia, le deduzioni del ricorrente in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi dalle sue aspettative (cfr. Cass. 20322/2005), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’assetto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass. n. 8932/2006);
2.4. invero, il giudice d’appello ha espresso una chiara ratio decidendi in relazione alle superfici, inerenti le aree ed i locali dell’azienda della ricorrente, da assoggettare a tassazione, dando atto dell’esistenza sub specie di elementi probatori (la perizia prodotta dalla società contribuente) chiaramente conducenti all’accertamento delle superfici non tassabili, al che consegue che non ricorre quell’impercettibilità del fondamento decisorio che rende solo apparente la motivazione grafica (cfr. Cass. n. 3276 del 2018, che richiama Cass. Sez. U. n. 22232 del 2016) e, seppure si volesse convenire con la ricorrente circa l’esistenza in atti di prove contrarie di cui la CTR non dà contezza e, che, quindi, potrebbero non essere state considerate, si verterebbe in ipotesi di vizio motivazionale da dedursi nei limiti di cui al novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., e comunque non così radicale da rendere la motivazione inidonea ad assolvere alla funzione cui all’art. 36 d.lgs. 546/1992 (arg. da Cass. n. 5315 del 2015 e Sez. U., n. 8053 del 2014);
2.5. va peraltro evidenziato che è denunciabile con ricorso per cassazione solamente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’assertivamente omesso a fortiori erroneo esame di determinati elementi probatori (cfr. Cass., Sez. Un., n. 8053/2014 e Cass. n. 19312/2016);
3.1. con il secondo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla mancata prova circa la consegna dei rifiuti speciali, per lo smaltimento, da parte della contribuente alle imprese specializzate, atteso che dalla prodotta documentazione emergeva unicamente il ricorso ad un’impresa specializzata per la bonifica dei serbatoi di stoccaggio con il collaudo delle bombole;
3.2. con il terzo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (artt. 183, 184 comma 3, lett. c, 188, 188 bis e 190 D.Lgs. 152/2006, artt. 2729 e 2697 c.c.) e si lamenta che la Commissione Tributaria Regionale abbia erroneamente ritenuto come rifiuto speciale, prodotto dalla contribuente, <<il residuo all’interno di ogni singola bombola …(ndr. di gas)… che, per la nuova immissione, necessita di collaudo ossia della cd. bonifica ad opera di aziende a ciò specializzate e … costituisce rifiuto speciale quello derivato dalla decantazione di precipitati chimici all’interno delle cisterne di carburante il cui strato di decantazione è allo stato semiliquido e va rimosso con idonea procedura…>>;
2.3. le doglianze, da esaminare congiuntamente, vanno disattese;
3.4. come già affermato da questa Corte, in tema di inquinamento atmosferico, gli effluenti gassosi destinati ad essere immessi nell’atmosfera al termine di attività produttive, direttamente o previa combustione, non costituiscono rifiuto e ad essi si applica la disciplina prevista dalla Parte V del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, salvo che si tratti di sostanze gassose che, ai fini dello smaltimento, siano immesse, da sole o insieme ad altra sostanza, in contenitori ovvero si tratti di effluenti gassosi che vengono stoccati e smaltiti a mezzo di impianto indipendente rispetto a quello ove sono stati generati nel corso dell’attività produttiva (cfr. Cass. Pen. n. 41582/2007);
3.5. in particolare, la Corte ha precisato che in via generale l’attività produttiva può dare origine anche a <<rifiuti>> allo stato gassoso, cioè a sostanze aeriformi che debbono essere stoccate e quindi trattate in vista di opportune forme di smaltimento, deponendo in tal senso la circostanza che gli allegati alla Direttiva 75/442/CEE ed al D.lgs. n.22 del 1997 ed il così detto <<catalogo europeo>> dei rifiuti contemplino sostanze gassose, ma ciò avviene solo con riferimento a quelle sostanze gassose che, sole o con sostanze liquide, sono immagazzinate all’interno di contenitori;
3.6. in altri termini ed a titolo di esempio, a parere della Corte un accumulo di bombole da riscaldamento che ancora contengono gas e siano destinate ad essere smaltite possono certamente considerarsi come contenitori di un <<rifiuto>> ancorché allo stato gassoso;
3.7. ne consegue che, nel caso in esame, con riguardo alla documentazione prodotta dalla contribuente, l’attività di bonifica delle bombole e dei serbatoi di gas, cioè il loro svuotamento dai residui gassosi negli stessi ancora presenti, da parte di impresa specializzata, consiste in un’attività di gestione di rifiuti ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183, comma 1, lettera n), richiedente specifica autorizzazione, diversa e ulteriore rispetto a quella relativa alla mera raccolta di rifiuti;
3.8. come correttamente affermato dalla Commissione Tributaria Regionale, deve ritenersi, pertanto, che la società appellante avesse dato idonea prova dello smaltimento dei rifiuti speciali costituiti dai residui gassosi relativi alla sua attività produttiva;
4. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va integramente respinto;
5. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in misura pari ad Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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