CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 luglio 2021, n. 21547

Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Redditometro – Indici di capacità contributiva – Incrementi patrimoniali – Prova contraria – Disponibilità di ulteriori redditi non accertati – Causalità tra il possesso del reddito ed il sostentamento della spesa

Fatti di causa

1. A seguito di richiesta di informazioni ed istaurazione del contraddittorio preventivo – nonché espletata, senza positiva definizione, la procedura di accertamento con adesione – l’Agenzia delle entrate notificava a F. L. l’avviso di accertamento n. T9D013B05303/2012, redatto in applicazione dell’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, c.d. redditometro. Il contribuente aveva dichiarato, in relazione all’anno 2007, un reddito imponibile di Euro 15.739,00, mentre l’Amministrazione finanziaria riteneva che lo stesso dovesse quantificarsi in Euro 112.120,58. L’Ente impositore, pertanto, richiedeva il pagamento di maggiori somme a titolo di Irpef nella misura di Euro 40.644,00, oltre accessori e sanzioni.

Il contribuente, che aveva acquistato un appartamento a Milano nell’anno 2010, per il prezzo complessivo di Euro 536.359,49, e disponeva di due autovetture, proponeva ricorso avverso l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano, producendo ampia documentazione.

2. La Ctp rigettava l’impugnazione, ritenendo che il ricorrente non avesse provato l’esistenza del nesso di causalità tra l’invocato possesso di ulteriori redditi ed il sostenimento della spesa per gli accertati incrementi patrimoniali.

3. F. L. spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia. Quest’ultima riteneva sussistere il difetto di specificità delle contestazioni proposte dal ricorrente, reputando che si fosse limitato a riproporre i propri argomenti difensivi, senza tener conto della motivazione della propria decisione fornita dal giudice di primo grado.

3.1. Nel merito, poi, osservava che il ricorrente aveva allegato  elementi di prova utili per affermare che disponesse di ulteriori redditi non accertati, con i quali avrebbe potuto far fronte alle spese per incrementi patrimoniali che gli venivano contestate, ma non aveva provato “che la spesa per incrementi patrimoniali sia stata sostenuta proprio con quei redditi” (sent. Ctr, p. 2). In conseguenza confermava il rigetto dell’impugnazione introdotta dal ricorrente.

4. Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dalla Ctr della Lombardia, affidandosi a due motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle entrate.

Ragioni della decisione

1. Con il suo primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere l’impugnata Ctr erroneamente affermato il difetto di specificità dei motivi di appello da lui proposti.

2. Mediante il secondo motivo d’impugnazione, anch’esso proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente censura la violazione dell’art. 38, commi 4; 5 e 6; del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’art. 2727 cod. civ., in cui è incorso il giudice  dell’appello, avendo deciso sul fondamento dell’erroneo argomento secondo cui il contribuente sottoposto ad accertamento induttivo, fondato sull’applicazione del c.d. redditometro, ha l’onere di provare che i redditi ulteriori di cui disponeva siano proprio quelli utilizzati per sostenere le spese effettuate per conseguire gli incrementi patrimoniali contestati.

3. Il ricorrente censura con il suo primo motivo d’impugnazione la decisione adottata dalla Ctr, nella parte in cui afferma che i motivi di impugnazione da lui proposti in sede di appello siano risultati non specifici. Il contribuente ha avuto cura di trascrivere, nel testo del suo ricorso per cassazione, un ampio stralcio del ricorso da lui proposto per introdurre il giudizio di appello (ric., p. 13 ss.). Dalla lettura dello stesso emerge come, ai parr. 3.1. e ss., avesse specificamente contestato l’argomento centrale nella decisione assunta dalla Ctp, secondo cui grava sul contribuente l’onere di provare “l’esistenza di causalità tra il possesso del reddito ed il sostentamento della spesa”, ed ha affermato di avere “adempiuto all’onere imposto della prova contraria”. Il contribuente non ha mancato di segnalare gli argomenti proposti e di indicare i numerosi documenti (cfr. elenco, ric., p. 3), in particolare accrediti bancari, prodotti a sostegno della propria prospettazione, secondo cui nell’anno in contestazione disponeva di cospicui fondi non tassabili, che in misura significativa gli erano stati prestati o donati da familiari. Il difetto di specificità dei motivi di impugnazione proposti in appello quindi, per quanto ancora d’interesse, non si riscontra.

Il primo motivo di ricorso risulta pertanto fondato, e deve essere accolto.

4. Mediante il secondo motivo di ricorso, F. L. critica la decisione assunta nel merito dalla Ctr, per avere il giudice di secondo grado confermato la tesi secondo cui non è sufficiente, per il contribuente il quale intenda contrastare un accertamento tributario eseguito in applicazione del redditometro, dimostrare il possesso di redditi non accertati sufficienti a finanziare le spese contestate, ma occorre pure che egli assicuri prova di aver sostenuto la spesa proprio servendosi di quei redditi. L’accoglimento del primo motivo di ricorso importa l’inammissibilità del secondo strumento d’impugnazione, mediante il quale l’impugnante propone contestazioni di merito.

4.1. Appare peraltro opportuno, per completezza e nel rispetto della funzione nomofilattica attribuita dal legislatore alla Suprema Corte, accennare anche al merito del giudizio, in relazione alla specifica questione controversa.

Il ricorrente critica la decisione assunta dalla Ctr perché fondata sull’erroneo argomento che il contribuente, anche se riesce a fornire la prova di disponibilità economiche ulteriori rispetto a quelle accertate, non evita di incorrere nel rigore dell’accertamento sintetico ove non offra la prova rigorosa che le spese per incrementi patrimoniali cui ha provveduto siano state sostenute proprio con quegli specifici redditi ulteriori, secondo un rapporto di rigida causalità. Diversamente, secondo la prospettazione del ricorrente, la prova contraria di cui è gravato il contribuente è limitata alla dimostrazione di aver avuto, nel periodo in contestazione, la (mera) disponibilità di redditi non tassabili sufficienti a coprire le spese per incrementi patrimoniali sostenute.

L’esame della contestazione non può che prendere le mosse dalle invero sintetiche osservazioni proposte dalla Ctr in materia. Il giudice dell’appello scrive che pure “nella presente sede di appello il contribuente si limita ad addurre genericamente una disponibilità di redditi senza fornire la prova della correlazione e/o del nesso eziologico tra gli stessi e le spese sostenute. In altri termini, non è sufficiente la prova della sola disponibilità di redditi, ma è indispensabile anche la  prova che la spesa per incrementi patrimoniali sia stata sostenuta proprio con quei redditi e la prova della correlazione deve essere convincente e rigorosa” (sent. Ctr., p. 2).

4.2. La decisione assunta dalla Ctr non risulta conforme al consolidato indirizzo interpretativo adottato da questa Corte di legittimità in materia, che appare condivisibile e merita pertanto di essere confermato. In proposito, infatti, si è già avuta l’occasione di chiarire che “in tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile “ratione temporis”), è onerato della prova contraria in ordine sia alla disponibilità di detti redditi che all’entità degli stessi ed alla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere. (La S.C., in applicazione del principio, ha confermato la decisione impugnata con la quale era stato rigettato il ricorso della contribuente che aveva acquistato, nell’anno di imposta, un immobile deducendo genericamente la provenienza dalla suocera delle somme necessarie)”, Cass. Sez. V, 20.1.2017, n. 1510, ed è stato pure di recente ribadito il concetto, statuendo che “in tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva da risorse di natura non reddituale di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi dell’art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile “ratione temporis”), per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva a tali ulteriori redditi, è onerato della prova contraria in ordine alla loro disponibilità, alla loro entità ed alla durata del relativo possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di accoglimento del ricorso del contribuente che aveva acquistato in favore del nipote un immobile pagandone l’anticipo ed accollandosi il restante mutuo, poi estinto con assegno circolare, deducendo la provenienza delle liquidità da operazioni di disinvestimento di titoli mobiliari e dalla disponibilità di risorse non reddituali, senza tuttavia provarne l’utilizzo per l’acquisto contestato)”, Cass. Sez. V, 4.8.2020, n. 16637. Tali principi meritano conferma, ed i sintetici rilievi proposti dalla Ctr non inducono a discostarsene. Il giudice dell’appello non ha riportato alcuna valutazione, omettendo di proporre il giudizio sul fatto che ad esso compete, in ordine all’ampia produzione documentale assicurata dal contribuente. La Ctr nulla ha rilevato circa la disponibilità, da parte del contribuente, di ulteriori redditi non tassabili, sulla loro entità e sulla durata del relativo possesso, e non si è espressa circa la presenza di elementi sintomatici che tali redditi siano stati utilizzati, o comunque abbiano potuto esserlo, per sostenere le spese contestate. A titolo di esempio merita di essere ricordato che l’Amministrazione finanziaria, nel suo controricorso, ha riproposto l’argomento secondo cui, a suo parere, “sono dirimenti le copie dei libretti al portatore prodotti da cui si evince una propensione al risparmio annua media (dal 2002 al 2007) pari ad Euro 21.281,91, il sig. L. ha dimostrato una capacità di risparmio maggiore del proprio guadagno” (controric., p. 9), il che appare di per sé indubbio, ma è compito del giudice di merito valutare se il fenomeno trovi giustificazione in un’evasione fiscale commessa dal contribuente, oppure in ulteriori redditi percepiti e non considerati dall’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento potendo, se del caso, anche trattarsi di contribuzioni fornite da familiari e documentalmente provate. Resta fermo che non è richiesto, diversamente da quanto ritenuto dal giudice dell’appello, che il contribuente assicuri la prova rigorosa dell’utilizzo proprio dei redditi ulteriori documentalmente provati al fine di finanziare le spese sostenute per conseguire gli incrementi patrimoniali contestati.

5. In definitiva il primo motivo di ricorso deve essere accolto, mentre il secondo deve essere dichiarato inammissibile. L’impugnata sentenza, pronunciata dalla Ctr di Milano, deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla stessa Ctr che, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e provvederà anche a liquidare le spese dì lite del presente ricorso per cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso proposto da F. L., dichiara inammissibile il secondo, cassa l’impugnata decisione in relazione al motivo accolto e rinvia alla Ctr della Lombardia perché proceda a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e provveda anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità.