CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 settembre 2018, n. 23276
Tributi – Accertamento – Notificazione – Verifiche fiscali – Onere della prova sul contribuente
Rilevato che
– con sentenza n. 293/28/11 depositata in data 28 settembre 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania respingeva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di G.C. avverso la sentenza n. 269/03/2008 della Commissione tributaria provinciale di Benevento, dichiarando, in conferma di quest’ultima, la illegittimità degli avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio, per gli anni di imposta 2001-2004 aveva contestato al contribuente, quale amministratore di fatto della G. di E.A. e C. s.a.s., maggior materiale imponibile, ai fini Irap e Iva;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo;
– G.C. rimane intimato;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 – bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con l’unico motivo, la ricorrente denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972 nonché degli artt. 2697, 2699 e 2727 c.c. per non avere la CTR, a fronte del “serio quadro indiziario” emerso nell’ambito dell’accertamento induttivo, fatto ricadere sul contribuente l’onere della prova contraria; 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per avere la CTR, nel confermare la decisione di primo grado, tratto irragionevolmente gli elementi di convincimento da una sentenza penale, omettendo di considerare le risultanze della verifica fiscale di cui al p.v.c. della G.d.F. di Montesarchio del novembre 2006;
– preliminarmente all’esame del motivo di ricorso, questa Corte rileva che involgendo la presente controversia la configurabilità o meno in capo al contribuente della qualità di amministratore di fatto della G. di E.A. e C. s.a.s., ai fini della pretesa tributaria dell’Ufficio, che da tale presupposto scaturisce, i due gradi di giudizio di merito avrebbero dovuto celebrarsi con la partecipazione necessaria della società e degli altri soci, anche di fatto;
– che, al riguardo, va ribadito l’indirizzo della Corte secondo cui ogni controversia che riguardi la composizione stessa del gruppo sociale comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti (Cass. n. 14387 del 2014, n. 5119 del 2004, n. 4226 del 1991) anche dei soci di fatto (Cass. 4062 del 2015); e ciò in quanto, come ha precisato la Corte, il litisconsorzio necessario sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, in tutti i casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (Cass. n. 121 del 2005);
– che per questi aspetti, dunque, la controversia in oggetto, concernendo gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, configura un caso di litisconsorzio necessario originario e relativa necessità di integrazione del contraddittorio, essendo il giudizio di merito (sia in primo che in secondo grado), celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari, affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (in termini Cass. n. 30826 del 2017, n. 14387 del 2014; conf. Cass. n. 15566 del 2016 e n. 8094 del 2017);
– che non è idonea ad impedire tale conseguenza la natura delle imposte oggetto di accertamento perché, seppur sia vero che un problema di litisconsorzio non si pone per l’IVA, ad analoga conclusione non può pervenirsi quanto all’IRAP, che è imposta pure oggetto di accertamento, posto che con riferimento a tale tributo questa Corte ha affermato che, trattandosi di imposta assimilabile all’ILOR – in forza dei suo carattere reale, della sua non deducibilità dalle imposte sui redditi e della sua proporzionalità (cfr. d.lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44) – ed essendo essa imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, al pari delle imposte sui redditi, sussiste la necessità del litisconsorzio tra società e soci (Cass. n. 10145 del 2012, n. 13767 del 2012, n. 15566 del 2016);
– che, pertanto, constatato il difetto d’integrità del contraddittorio, va disposta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla competente Commissione tributaria provinciale per la celebrazione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, provvedendo il giudice del rinvio a disporre l’integrazione del contraddittorio, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 14, e a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità dei giudizi di merito, cassa la sentenza impugnata e dispone la rimessione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Benevento, perché provveda, previa integrazione del contraddittorio, a nuovo giudizio e a regolamentare le spese del giudizio di legittimità;
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