CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 marzo 2019, n. 8667
Contratto a progetto – Nullità – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – Accertamento del licenziamento orale
Rilevato
1. Che D.S., premesso di avere lavorato alle dipendenze della P.A. s.r.l. dal gennaio 2008 sino alle dimissioni rassegnate nel settembre 2009, che il lavoro era proseguito con la E. s.r.I., società «di proprietà del P.», sulla base di un contratto formalmente configurato come «a progetto», che il rapporto si era bruscamente interrotto per iniziativa del P. che gli aveva formalmente comunicato che la sua collaborazione non era più necessaria, ha chiesto, previa declaratoria della nullità del contratto a progetto sottoscritto in data 1.10.2009, accertarsi la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la P. A. s.r.I., con decorrenza dal 1.1.2008 al 26.6.2010, e per l’effetto condannarsi entrambe le società, anche in solido, a corrispondergli, in via principale, l’importo di € 51.194,47 a titolo di differenze retributive e, previo accertamento dell’intervenuto licenziamento orale, condannarsi la P.A. s.r.l. alla reintegra ed al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 18 Legge 300 del 1970 nonché, in relazione al mese di gennaio 2008, di asserita prestazione «in nero» di attività di lavoro, condannarsi la P.A. s.r.l. al pagamento di una sanzione civile e di una sanzione amministrativa;
2. che il giudice di primo grado ha respinto la domanda con statuizione confermata dalla Corte d’appello di L’Aquila;
2.1. che, in particolare, il giudice d’appello, esclusa sulla base delle emergenze istruttorie la retrodatazione al gennaio 2008 del rapporto di lavoro formalmente instaurato con la società P. s.r.l. in data 5 febbraio 2008, osservato che il lavoratore si era dimesso per sua libera scelta e che aveva rinunziato all’inquadramento al 1° o al 2° livello, ha ritenuto che in relazione al detto rapporto non vi fosse prova del diritto alle differenze retributive reclamate a titolo di ferie e permessi non goduti e di lavoro straordinario, anche notturno. In relazione al secondo rapporto di lavoro, premesso di convenire con il giudice di prime cure in ordine alla genericità del progetto allegato al contratto stipulato ai sensi dell’art. 61 d. Igs n. 276 del 2003, ha ritenuto che la previsione di conversione in rapporto di lavoro subordinato, contemplata dall’art. 69 dlgs n. 276 del 2003, nel testo applicabile ratione temporis, fosse espressione di presunzione iuris tantum; in conseguenza, considerato che le emergenze istruttorie non avevano dato alcun riscontro istruttorio della sussistenza della subordinazione, ha respinto le domande connesse a tale accertamento e dichiarato assorbito il motivo di gravame afferente il collegamento societario tra le due società;
3. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso D.S. sulla base di sette motivi; P.A. s.r.l. in veste di società incorporante per fusione E. s.r.l. ha depositato controricorso; P.A. s.r.l. ha depositato altro controricorso;
4. che il PG ha depositato requisitoria scritta con la quale ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo con effetto di assorbimento del quarto motivo e declaratoria di inammissibilità dei rimanenti motivi;
Considerato
1. Che con il primo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che lo S. si fosse dimesso per libera scelta dal primo rapporto di lavoro e non per imposizione del P.;
2. che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo censurando la sentenza impugnata per avere escluso il diritto alle differenze retributive sulla base di errata lettura – assume- delle deposizioni testimoniali;
3. che con il terzo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 69 d. Igs n. 276 del 2003 censurando la sentenza impugnata per avere affermato che la conversione prefigurata dall’art. 69 d. Igs n. 276 del 2003, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fosse espressione di presunzione iuris tantum;
4. che con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. censurando la sentenza impugnata per non avere considerato che il rapporto instaurato con la società E. presentava le tipiche caratteristiche della subordinazione;
5. che con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod. civ. censurando, in sintesi, la valutazione della prova documentale operata dal giudice di appello con riferimento alla allegazione relativa al periodo di iniziale lavoro in nero effettuato alle dipendenze della P.A. s.r.l. ;
6. che con il sesto motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 comma 1, nn. 4 e 5 cod. proc. civ., censurando la omessa considerazione di alcuni documenti che asserisce decisivi al fine della dimostrazione che nel periodo in cui era stato formalmente assunto dalla società E. aveva, di fatto, continuato a lavorare in favore della P.A. s.r.I.;
7. che con il settimo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2104 cod. civ. censurando, in sintesi, la sentenza impugnata per non avere verificato i verbali della causa penale dai quali emergeva in maniera chiara che lo S. era stato denunziato, all’indomani dell’impugnazione del licenziamento e del progetto, per fatti occorsi nell’aprile 2010 (epoca del rapporto con la società E.) e per non avere tenuto conto che la stessa sentenza penale aveva ritenuto lo S. all’epoca dei fatti dipendente della concessionaria P.A. s.r.I.;
8. che il primo ed il secondo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente, risultano inammissibili: in primo luogo essi sono articolati con modalità non conformi al disposto dell’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis per essere la sentenza impugnata stata pubblicata in epoca successiva al 10 settembre 2012 (art. 54, comma 3, d.l. n. 22/6/2012 conv. in Legge 7/8/2012 n. 134) in base al quale il vizio motivazionale può essere dedotto solo sub specie di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, richiedendosi la specifica indicazione di tale fatto, del dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, del come e del quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso (Cass. Sez. Un. 7/4/2014 n. 8053), oneri questi non assolti dall’ odierno ricorrente; in secondo luogo occorre considerare la inammissibilità della denunzia del vizio motivazionale ex art. 348 ter, comma 5, cod. proc. civ. , in presenza di “doppia conforme” (applicabile ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv. in I. n. 134 del 2012, ai giudizi di appello, quale quello in esame, introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11 settembre 2012).
Parte ricorrente non ha, infatti, indicato, le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, come suo onere al fine di evitare la inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ. (Cass. n. 5528 del 2018, Cass. n. 19001 del 2016, n. 26774 del 2016);
9. che il terzo motivo di ricorso risulta fondato in continuità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in mancanza di progetto, programma di lavoro o fase di esso (art. 69, comma 1, d. Igs n. 276 del 2003), vi è conversione automatica del rapporto in rapporto di lavoro subordinato la quale non può essere evitata dal committente-datore di lavoro neppure provando che la prestazione lavorativa sia stata caratterizzata da una piena autonomia organizzativa ed esecutiva (Cass. n. 17636 del 2016, n. 17448 del 2016, n. 17127 del 2016, n. 9471 del 2016, n. 15922 del 2013),
10. che l’accoglimento del terzo motivo di ricorso assorbe l’esame del quarto motivo;
11. che il quinto, il sesto e il settimo motivo di ricorso sono inammissibili. Si premette che con tali motivi parte ricorrente, pur formalmente denunziando (anche) violazione di norme di diritto (quarto motivo), vizio di attività del giudice di merito (sesto motivo) e violazione di norme di diritto tout court (settimo motivo) tende, in concreto, a sollecitare una diversa ricostruzione fattuale della vicenda, sulla base di circostanze asseritamente acquisite in atti che si assumono trascurate dal giudice di merito. Valgono, quindi, le considerazioni in tema di inammissibilità della denunzia di vizio motivazionale in presenza di “doppia conforme”, già sviluppate in sede di esame dei primi due motivi di ricorso per cassazione (vedi paragrafo 8), con l’evidenziazione di un’ulteriore profilo di inammissibilità derivante dal fatto che le circostanze delle quali si denunzia l’omessa considerazione da parte della Corte di merito non sono evocate, come prescritto, nel rispetto del disposto dell’art. 366 comma 1 , n. 3 cod. proc. civ. (Cass. n. 195 del 2016, n. 26174 del 2014, n. 22607 del 2014) ;
12. che all’accoglimento del terzo motivo di ricorso segue la cassazione della decisione con rinvio al altro giudice di secondo grado al quale è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto e dichiara inammissibili gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione .
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