CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 marzo 2019, n. 8677
Professionisti – Avvocato – Tariffe professionali – Liquidazione
Rilevato che
– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato il 16 dicembre 2014 dalla avvocato F.T. nei confronti di G.L. per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce sezione distaccata di Taranto n. 211 depositata il 12 maggio 2014;
– con il provvedimento impugnato la corte territoriale ha parzialmente accolto il gravame e statuito che il calcolo delle somme dovute dal signor L. all’avvocato T. – per l’attività professionale prestata nell’ambito di un contenzioso involgente il risarcimento dei danni da emoderivati – andava rideterminato aggiungendo all’importo liquidato dal tribunale in sede di accoglimento dell’opposizione proposta dal cliente, l’ulteriore importo per l’attività stragiudiziale, effettivamente svolta e non riconosciuta dal giudice di prime cure;
– per il restante gravame, la corte aveva ritenuto di confermare la decisione impugnata che non aveva riconosciuto spese e diritti per corrispondenza informativa i facendo applicazione del prevalente orientamento giurisprudenziale che ritiene necessaria la documentazione giustificativa;
– era stata parimenti confermata l’applicazione fatta dal giudice di prime cure dell’art. 5 comma 4 della tariffa professionale (d.m. 5 ottobre 1994 n. 585) ritenendolo espressione di un principio generale, e perciò non riferito al solo soccombente ma anche al cliente, e secondo il quale in caso di identità di posizioni processuali va liquidato un onorario unico e non tanti onorari quanti sono i clienti, applicandosi tale criterio anche in caso di riunione;
– poiché nel caso di specie si trattava di interventi spiegati nel medesimo processo in favore di 33 persone, riguardante una pluralità di soggetti emofiliaci che avevano proposto azioni risarcitorie nei confronti del Ministero della Salute a causa dei virus contratto a seguito di assunzione di emoderivati infetti, correttamente il tribunale aveva liquidato gli onorari per entrambi i gradi di giudizio in conformità alla disposizione suddetta;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dalla ricorrente sulla base di un unico motivo;
– non ha svolto attività difensiva l’intimato G.L.;
Considerato che
– con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’articolo 5 del D. M. 5 ottobre 1994 n. 585 per aver applicato al caso di specie il disposto di cui al quarto comma che letteralmente dispone: “Qualora in una causa l’avvocato assista e difende da più persone aventi la stessa posizione processuale l’onorario unico può essere aumentato per ogni parte del 20% fino ad un massimo di 10 e, ove le parti siano in numero superiore, del 5% per ciascuna parte oltre le prime 10 e fino ad un massimo di 20. La stessa disposizione trova applicazione, ove più cause vengano riunite, dal momento dell’avvenuta riunione”;
– ad avviso del ricorrente la norma citata, correttamente interpretata, troverebbe il suo esclusivo ambito di applicazione nei soli casi di soccombenza giudiziale, laddove nei confronti dell’avvocato le spettanze e la misura delle competenze maturate dovrebbero essere determinate sulla scorta dei principi che governano i contratti d’opera intellettuale;
– a sostegno di tale tesi il ricorrente espone una serie di argomentazioni di natura testuale e letterale (l’art. 5 delle tariffe professionali è intitolato “criteri generali per la liquidazione” ed il termine “liquidare” andrebbe associato, secondo le leggi civili, unicamente alle spese processuali; il comma 1 del citato articolo dispone “la liquidazione degli onorari a carico del soccombente”; il comma 4 si riferisce a “più cause”, e non ai meri rapporti di clientela; lo stesso comma 4 disciplina il potere discrezionale del giudice affermando che l’onorario”può”essere maggiorato; il comma 6 si riferisce la liquidazione dell’onorario ex art. 91 del codice di procedura civile);
– il motivo appare non fondato;
– a fini di chiarezza occorre richiamare il testo normativo della disposizione che, come sopra già visto, contiene i criteri generali per la liquidazione degli onorari dovuti agli avvocati e che rappresenta la disciplina applicabile ratione temporis al caso in esame, alla quale rinvia l’articolo 2233 cod. civ. in assenza di diverso accordo tra le parti;
– la disposizione prevede:
1. Nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente deve essere tenuto conto della natura e del valore della controversia, dell’importanza e del numero delle questioni trattate, del grado dell’autorità adita, con speciale riguardo all’attività svolta dall’avvocato davanti al giudice.
2. Nelle cause di particolare importanza per le questioni giuridiche trattate, la liquidazione degli onorari a carico del soccombente può arrivare fino al doppio dei massimi stabiliti.
3. Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, oltre che dei criteri di cui ai commi precedenti, può essere tenuto conto dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non patrimoniali, conseguiti nonché dell’urgenza richiesta per il compimento di singole attività; nelle cause di straordinaria importanza la liquidazione può arrivare fino al quadruplo dei massimi stabiliti.
4. Qualora in una causa l’avvocato assista e difenda più persone aventi la stessa posizione processuale l’onorario unico può essere aumentato per ogni parte del 20% fino ad un massimo di dieci e, ove le parti siano in numero superiore, del 5% per ciascuna parte oltre le prime dieci e fino ad un massimo di venti. La stessa disposizione trova applicazione, ove più cause vengano riunite, dal momento dell’avvenuta riunione.
5. Nella ipotesi che, pur nella identità di posizione processuale dei vari clienti, la prestazione professionale comporti l’esame di loro situazioni particolari di fatto o di diritto rispetto all’oggetto della causa, l’avvocato ha diritto al compenso secondo tariffa, ridotto del 30%.
6. All’atto della decisione definitiva, la liquidazione dell’onorario prevista dall’art. 91 del codice di procedura civile deve essere fatta in relazione a tutte le prestazioni effettivamente occorse ogni volta che vi sia stata una decisione anche se espressa con ordinanza collegiale o con sentenza non definitiva;
– emerge dal testo sopra enunciato che i commi 1, 2 e 6 si riferiscono alla liquidazione giudiziale a carico del soccombente mentre il comma 3, parametro integrativo dei precedenti, riguarda la liquidazione dell’onorario a carico del cliente; i comma 4 e 5 indicano i criteri matematici per la liquidazione dell’onorario qualora l’avvocato assista e difenda una pluralità di persone con la medesima posizione processuale, da applicare sia in caso di soccombenza, sia per il cliente;
– a differenza delle altre disposizioni appena citate, infatti, per i commi 4 e 5 il legislatore non risulta avere specificamente indicato l’ambito di applicazione, poiché questi non introducono un nuovo criterio di determinazione dell’onorario, ma affermano che i criteri utilizzati per la determinazione dello stesso, nell’ipotesi in cui l’avvocato assista un solo cliente, debbono essere utilizzati in caso di una difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale, onorario che non va maggiorato in assenza di specifiche ragioni; il comma 5 prevede poi una deroga alla divisione pur in presenza di unità di posizioni processuali, allorché ricorrano situazioni particolari;
– la costante giurisprudenza di questa corte è concorde nel ritenere i parametri del D.M. 285 del 1994 di portata generale ed in quanto tali applicabili nell’ambito del rapporto avvocato cliente, ai fini della determinazione dell’onorario (cfr. Cass. 7015/2017; id. 26614/2016; id. 16153/2010; id. 1558/2010);
– deve, pertanto, ribadirsi la portata generale dell’art. 5 comma 4 delle tariffe professionali, applicabile tanto ai rapporti di soccombenza quanto ai rapporti di clientela;
– peraltro il ritenere unico il compenso liquidato per la difesa nel giudizio in questione, seppure riferito a plurime ed identiche posizioni, esclude che nella specie il giudice di merito sia incorso nella violazione dei minimi tariffari, dovendosi valutare gli stessi in riferimento all’intero e non alla frazione;
– ne deriva che il ricorso deve essere rigettato;
– nulla va disposto in ordine alle spese poiché nessun attività difensiva è stata svolta da parte intimata;
– ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002,
si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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