CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 ottobre 2020, n. 23700
Tributi – Mancata emissione dello scontrino fiscale in giorni diversi nel quinquennio – Verifica discordanza tra somme incassate, scontrini emessi e movimenti bancari – Accertamento unico – Sanzione di sospensione dell’attività – Legittimità
Rilevato che
La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze respingeva il ricorso proposto da A.B. avverso il provvedimento di sospensione di tre giorni dall’esercizio dell’attività di commercio al dettaglio di carni bovine, suine, ovine e caprine, a decorrere dal 6/9/20112, emesso dall’Agenzia delle entrate, Direzione Regionale della Toscana, a seguito di contestazione della mancata emissione, in giorni diversi, degli scontrini fiscali (per 3 volte nel 2007, 4 volte nel 2008, 18 volte nel 2009, 2 volte nel 2010), il tutto a seguito di p.v.c. della Guardia di Finanza.
Avverso tale decisione proponeva appello il contribuente, deducendo la violazione dell’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, perché la violazione avrebbe dovuto essere accertata in flagranza e non sulla rilevata discordanza tra somme incassate e scontrini emessi, nonché di segnalazioni bancarie, e perché le quattro violazioni nel quinquennio non erano state contestate in tempi diversi e successivi ma coevamente. Con sentenza n. 138/1713, depositata il 9/10/2013, la CTR della Toscana accoglieva l’appello del contribuente e, per l’effetto, annullava la sanzione irrogata, in quanto irrogata in carenza del presupposto della “definitività degli accertamenti in tempi diversi, mentre nel caso di specie le varie infrazioni hanno formato oggetto di un unico atto”.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della predetta sentenza, sulla base di un unico motivo, mentre il contribuente ha resistito con controricorso.
Considerato che
Con il motivo d’impugnazione la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 12, co. d.lgs. n. 471 del 1997, 1, co. 8, d.l. n. 262 del 2006, successivamente modificato dall’art. 1, co. 8-ter, d.l. n. 262 del 2006, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., avendo la CTR applicato il vecchio testo del citato art. 12, riferendosi le contestazioni all’anno 2011, e non essendo rilevante la circostanza che le violazioni commesse, in giorni diversi, nel quinquennio, sono state contestate al contribuente con un unico atto.
La censura è fondata e merita accoglimento.
E’ opportuno premettere che il secondo comma dell’art. 12 del d.lgs. n. 471/1997, nel testo ratione temporis applicabile, prevede che “Qualora siano state contestate ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese“.
Orbene, la disposizione non contempla affatto, tra i presupposti della sanzione accessoria, la definitività dell’accertamento dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, e per quanto concernente poi l’asserita necessità che le quattro violazioni poste a fondamento della sanzione vengano contestate con quattro separati atti, la relativa deduzione difensiva si appalesa infondata atteso che, oltre a contrastare con la lettera della norma su riportata (la quale non prescrive una tale modalità), non coglie la ratio legis della disposizione, la quale si sostanzia nel sanzionare la condotta illecita rappresentata dalla quadrupla infrazione infraquinquennale, a prescindere dalle modalità con le quali poi la stessa sia stata contestata (Cass. 739/2019).
E’ appena il caso di ricordare che, come questa Corte ha avuto modo di precisare, la sanzione prevista dall’art. 12, co. 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, avendo funzione afflittiva, soggiace al regime del “favor rei”, sicché la modifica normativa operata dall’art. 1, comma 269, della l. n. 244 del 2007 – il quale prevede che la sanzioni sia applicabile quando nel corso di un quinquennio sono contestate quattro distinte violazioni del suddetto obbligo, anziché tre – è applicabile retroattivamente ai giudizi pendenti (Cass. n. 26178/2018) e che la condotta illecita è rappresentata dalla quadruplice infrazione infraquinquennale , per cui l’illecito deve ritenersi consumato al momento della commissione della quarta di essa (Cass. n. 29388/2008).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
Le spese del giudizio di merito sono compensate in considerazione del progressivo consolidarsi della richiamata giurisprudenza, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente.
Compensa le spese processuali delle fasi di merito e condanna il contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida, in favore dell’Agenzia delle entrate, in euro 2.500,00, oltre le spese prenotate a debito.
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