CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 aprile 2022, n. 13639
Sussistenza del rapporto di lavoro subordinato – Prova – Vincolo di subordinazione e soggezione al potere direttivo e organizzativo della società
Fatti di causa
La Corte di appello di Milano con la sentenza numero 1998 del 2017 aveva confermato la decisione con cui il tribunale di Como aveva rigettato la domanda proposta da P. F. diretta al riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato nei confronti della società C. I. C. SRL. La Corte territoriale aveva ritenuto che non fosse stata provata la sussistenza di un diretto rapporto di subordinazione con la predetta società anche valutando che nessuna rilevanza poteva essere attribuita al possibile coinvolgimento nella stipulazione del contratto con la C. C. WLL, di cui il P. era dipendente a tempo determinato, della figura del signor M., direttore tecnico della società C.I. C.. Il giudice d’appello confermava la valutazione circa le prove testimoniali svolta dal tribunale, dalle quali non emergeva un vincolo di subordinazione e soggezione del P. al potere direttivo e organizzativo della società controricorrente. La Corte riteneva poi generica la allegazione e la prova circa l’esistenza di un unico centro di imputazioni di interessi tra la C. I. C. e la C.C. WLL.
Adesso detta decisione proponeva ricorso F. P. affidato a quattro motivi cui resisteva con controricorso la C.I.C. srl in liquidazione.
Ragioni della decisione
1)- Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’articolo 360 co.1 n.5 c.p.c,. è dedotto l’omesso esame di fatti decisivi pacifici e risultanti dalle testimonianze o dai documenti di causa ed oggetto di discussione; a ciò consegue l’ulteriore denuncia, ai sensi dell’articolo 360 nn. 3, 4 c.p.c., di violazione dell’articolo 132 n. 4 c.p.c., per la mancata esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
Con tale motivo il ricorrente individua una serie di fatti ritenuti decisivi ai fini della decisione, a suo dire non considerati dalla corte di appello. In sostanza è richiesta una nuova valutazione di merito non consentita in questa sede di legittimità. Il vizio rappresentato non considera infatti i principi enunciati da questa Corte secondo cui “In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa ( Cass. n.18368/2013; Cass. n. 17761/2016).
E’ stato anche specificato che “L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia” ( Cass. n.23238/2017).
La decisività del “fatto” omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poichè determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione ( non solo eventuale ma certa).
Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.
Siffatti elementi costitutivi della ipotesi del vizio denunciato non sono presenti nel motivo in esame che solo indica una serie di circostanze, asseritamente non considerate, richiedendo, in sostanza, una ri-valutazione di merito della fattispecie. Il motivo è pertanto inammissibile.
2)- Con la seconda censura, proposta ai sensi dell’articolo 360 nn. 3 e 4 c.p.c. è denunciata la violazione o falsa applicazione di norme di diritto processuale e la conseguente invalidità del procedimento in riferimento agli artt. 115, 210, 244, 253, 257, 421 e 437 c.p.c. per violazione di legge in materia istruttoria, nonché violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., per la mancata esposizione delle ragioni di rigetto delle istanze istruttorie.
Il ricorrente denuncia l’illegittimità della istruttoria e dell’escussione testimoniale; in particolare rileva che i testi (M. e Colombo) non siano stati escussi sui capitoli separatamente indicati nell’originario ricorso, ma su domande raggruppate in modo tale da non consentire che risposte generiche e generali, non soddisfacenti rispetto alle singole questioni poste. La censura evidenzia inoltre la mancata escussione di un teste di riferimento, come richiesto, ed infine l’assenza, in violazione dell’articolo 132 n. 4 c.p.c., delle ragioni di fatto e di diritto che hanno indotto la Corte a non accedere alla richiesta di esibizione dei verbali degli interrogatori svolti dinanzi al giudice di primo grado, dinanzi agli ispettori del lavoro di Como e dinanzi alla polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha chiarito che “In sede di assunzione della prova testimoniale, il giudice del merito non è un mero registratore passivo di quanto dichiarato dal testimone, ma un soggetto attivo partecipe dell’escussione, al quale l’ordinamento attribuisce il potere-dovere, non solo di sondare con zelo l’attendibilità del testimone, ma anche di acquisire da esso tutte le informazioni indispensabili per una giusta decisione…”(Cass.n. 17981/20).
Il principio evidenzia la funzione del giudice del lavoro, in sede di escussione del teste, quale effetto dei poteri a lui attribuiti dalla legge in ragione della esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale (Cass.n.11845/2018; Cass.n. 7694/2018). Nell’esercizio di tali attribuzioni il giudice valuta i mezzi di prova più utili; qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove ( Cass.n. 23194/2017; Cass.n. 9823/21). L’assenza di siffatte condizioni nel caso in esame rende inammissibile la censura.
3)- Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 co.1 nn. 3 e 4 c.p.c., la mancata pronuncia sulla domanda di accertamento di violazioni delle seguente norme: d.l. n. 317/87, d.p.r. n. 346/994 e d.m. 16 agosto 88, nonché mancata pronuncia sulla domanda di nullità del contratto stipulato fra il ricorrente P. e C.C. WLL;
violazione degli articoli 112 e 277 cpc ;violazione che falsa applicazione dell’articolo 1344 e 1418 c.c..
Il ricorrente si duole della mancata decisione, da parte del giudice di appello, circa la illegittimità del contratto da lui stipulato con la C.C. WLL, a suo dire dirimente ai fini della prova della esistenza di un rapporto di subordinazione con la C. I. C. SRL.
La Corte territoriale aveva ritenuto assorbito tale domanda a seguito dell’accertamento compiuto circa l’inesistenza del rapporto di lavoro subordinato con la C.I.C. SRL.
L’assunto risulta corretta conseguenza dell’accertamento svolto, fondato sulle risultanze istruttorie acquisite. Invero, l’eventuale accertamento della illegittimità del contratto stipulato con la C.C. WLL non avrebbe potuto avere significato alcuno ai fini della prova della sussistenza di un rapporto di lavoro alle dipendenze di altra e diversa società.
Il motivo è pertanto privo di rilievo rispetto al decisum e quindi inammissibile.
4) Con ultimo motivo, proposto ai sensi dell’articolo 360 co.1 n. 3 c.p.c., è dedotta la violazione ovvero falsa applicazione degli articoli 2727 e 2729 c.c. nonché degli articoli 2094 e 1344, 1418 c.c. il motivo, che riguarda, sotto il profilo nella carenza istruttoria, i precedenti tre profili di censura, risulta assorbito dalla inammissibilità dei precedenti motivi.
Il ricorso è pertanto inammissibile.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E.3.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
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