CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30857
Inps – Reiscrizione nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli a tempo determinato – Contribuzione
Rilevato che
con sentenza pubblicata li 11/7/2014, la Corte d’appello di Lecce ha accolto l’impugnazione proposta da M.C.P. contro la sentenza del tribunale della stessa sede e, per l’effetto, ha ordinato all’Inps di iscrivere nuovamente l’appellante nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli a tempo determinato per l’anno 2007 per ventuno giornate lavorative, accreditando la relativa contribuzione; a fondamento della decisione, per quel che rileva in questa sede, la Corte ha ritenuto non decorso il termine di cui alla disposizione di cui al D.L. n. 7 del 1970, art. 22, che impone, a pena di decadenza, alla parte che intende proporre azione giudiziaria contro i provvedimenti definitivi adottati in applicazione del detto decreto di azionare il relativo diritto nel termine di centoventi giorni dalla notifica o dalla conoscenza dei provvedimenti;
la Corte territoriale ha infatti ritenuto che il ricorso al Comitato regionale era stato proposto tempestivamente, in data 20 giugno 2008, rispetto alla data di conoscenza del provvedimento di disconoscimento del 21 maggio 2008 e che, dunque, doveva ritenersi tempestivo il ricorso giudiziario depositato il 17.2.2009; inoltre, nel merito, la Corte ha ritenuto sussistente il rapporto di lavoro controverso;
contro la sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione formulando un unico motivo, cui la lavoratrice non ha opposto difese;
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso, l’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.l. n. 7 del 1970 conv. in I. n. 83 del 1970, in ragione del fatto che, assodato lo sviluppo dei fatti accertati in sentenza, la Corte territoriale non aveva considerato che il termine di 90 giorni per la decisione del ricorso al comitato regionale era scaduto il 18 settembre 2008, per cui i successivi 120 giorni (ai fini del calcolo del termine previsto dall’art. 22 cit.) erano decorsi alla data del 16 gennaio 2009, manifestandosi tardivo il ricorso giudiziale del 17 febbraio 2009;
poste queste premesse in fatto, il ricorso proposto dall’Inps, e articolato sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, conv. con modif. nella L. n. 83 del 1970 e di altro complesso normativo, è manifestamente infondato alla luce di Cass. n. 26161/2016, seguita da Cass. n. 23703/2017, Cass. n. 21737 del 2018 alle cui motivazioni, di seguito riassunte, si rinvia in quanto interamente condivise;
il D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (pubblicato su G.U. n. 147 di 25.6.2008 – Suppl. ordinario n. 152), entrato in vigore il 25.6.2008 e convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto all’art. 24, comma 1, che “a far data dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto sono o restano abrogate le disposizioni elencate nell’Allegato “A” e salva l’applicazione dei commi 14 e 15 della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14″. Tra le disposizioni normative abrogate di cui al predetto allegato “A” risulta la L. 11 marzo 1970, n. 83, di conversione, con modificazioni, del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, recante norme in materia di collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli che all’art. 22 contemplava la causa di decadenza di cui trattasi;
la L. 6 agosto 2008, n. 133 di conversione in legge, con modificazioni, del predetto D.L. (pubblicata su G.U. n. 195 del 21.8.2008- Suppl. ordinario n. 196) ha previsto all’art. 1, comma 2, che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, modificate o non convertite in legge; l’efficacia del provvedimento è stata successivamente ripristinata con D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 4 (Pubblicato nella GU, 6 luglio 2011, n. 155), convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111, con la soppressione della voce n. 2529 dell’Allegato A al D.L. n. 112 del 2008;
quindi, dalla data del 19.12.2008 e sino alla detta reintroduzione non operava la causa di decadenza oggetto del contendere, per cui, al di là della motivazione adottata dalla Corte d’appello leccese che va qui corretta ai sensi dell’art. 384 ultimo comma c.p.c., essendo comunque il dispositivo conforme a legge, il ricorso va rigettato;
non può, invero, ritenersi che la norma speciale sulla decadenza di cui trattasi sia sempre rimasta in vigore sull’assunto che il D.L. n. 112 del 2008, art. 24, pur contemplando nell’allegato “A” l’espressa abrogazione della L. 11 marzo 1970, n. 83, fa salva l’applicazione della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, il cui comma 17 alla lett. e) espressamente statuisce che restano in vigore le disposizioni in materia previdenziale e assistenziale (qual è sicuramente il D.L. n. 7 del 1970, art. 22, conv. nella L. n. 83 del 1970);
la norma di cui al D.L. n. 112 del 2008, art. 24, nel far salva l’applicazione della L. n. 246 del 2005, art. 14, non richiama affatto la disposizione di cui dello stesso art. 14, comma 17, lett. e), bensì solo i commi 14 e 16. Orbene, i commi 14 e 15 dell’art. 14 (semplificazione della legislazione) di quest’ultima legge contengono semplicemente la delega al Governo per l’adozione dei decreti legislativi atti ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al gennaio 1970 (quindi in epoca precedente alla norma oggetto di disputa), anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, secondo i principi e i criteri direttivi che lo stesso comma 14 stabilisce (così Cass. 23703/2017);
il ricorso deve pertanto essere rigettato;
nulla va disposto sulle spese in mancanza di attività difensiva svolta da M.C.P.;
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
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