CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30957
Tributi – Imposte di registro, ipotecarie e catastali – Contratto preliminare di compravendita di immobile – Sentenza di esecuzione del contratto – Condizione sospensiva meramente potestativa – Tassabilità della sentenza sottoposta a impugnazione – Verifica del passaggio in giudicato
Rilevato che
1.- R. M., promittente venditore in un contratto preliminare di vendita di immobile, è stata soccombente in primo grado nel giudizio intentato nei suoi confronti ex art 2932 c.c. dal promissario acquirente. Dopo la sentenza di primo grado, resa dal Tribunale di Milano in data 15/4/2010, l’ufficio territoriale ha liquidato le imposte di registro ipotecaria e catastale in misura proporzionale. La contribuente ha impugnato l’avviso deducendo che l’effetto traslativo era condizionato al versamento del prezzo e contestando l’indeterminatezza della imposizione. Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso della contribuente, dando atto che la sentenza del Tribunale era stata riformata dalla Corte d’appello di Milano che ha respinto la domanda ex art 2932 c.c. sicché era venuto meno il presupposto della imposizione. L’ Agenzia ha proposto appello, che la CTR ha respinto confermando la sentenza impugnata e rilevando che . si tratta di un atto sottoposto a condizione, da tassare in misura fissa salvo conguaglio al momento dell’avverarsi della condizione, che nel caso di specie si identifica col pagamento del prezzo.
2. Avverso la predetta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 3 ottobre 2017 affidandosi a un motivo. Si è costituita con controricorso la contribuente, eccependo la decadenza ex art 327 c.p.c. La causa è stata trattata alla udienza camerale dell’8 aprile 2021.
Ritenuto che
3.- Preliminarmente sulla eccezione di decadenza. Il ricorso per cassazione è stato spedito a mezzo posta in data 3 ottobre 2017 mentre la sentenza impugnata è stata depositata in segreteria il 16 novembre 2016; il ricorrente eccepisce pertanto la decadenza posto che al giudizio si applica il termine “lungo” semestrale così ridotto dalla legge 69/2009 poiché il giudizio di primo grado è iniziato nel 2013.
L’eccezione è infondata. Secondo la tesi della controricorrente il termine sarebbe scaduto il 16 maggio 2017 e cioè sei mesi dopo la pubblicazione della sentenza d’appello. La parte non considera però che l’art.11 co. 9, del D.L. 50 del 24 aprile 2017, dispone: “Perle controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017”.
In sostanza, la sola scadenza del termine ordinario ex art.327 c.p.c. tra il 24 aprile ed il 30 settembre 2017 ne determina (per le liti definibili) il prolungamento “cumulativo” per sei mesi.
Deve dunque ritenersi corretta l’interpretazione fornita dall’amministrazione finanziaria con la Circ. n.22/E del 28 luglio 2017, secondo la quale: “La durata della sospensione è predeterminata in sei mesi, che si aggiungono al termine di scadenza calcolato secondo le ordinarie regole processuali, ivi incluse quelle relative al periodo — dal 1° al 31 agosto — di sospensione feriale.
Inoltre, la durata della sospensione resta pari a sei mesi anche nei casi in cui si sovrapponga al periodo di sospensione dei termini feriali“.
La circolare risulta corretta anche là dove esclude che al prolungamento semestrale del termine conseguente alla sospensione legale per la definizione della lite si cumuli l’ulteriore periodo di sospensione feriale, nella specie ricompreso nel semestre di sospensione.
Questa lettura della norma risulta conforme a quanto altre volte affermato da questa Corte di legittimità (sebbene con riguardo ad altre ipotesi normative di “condono”, ma sulla base di disposizioni analogamente strutturate), circa l’esclusione del cumulo feriale, salva l’ulteriore protrazione nel solo caso in cui il termine prorogato di impugnazione venga a scadere all’interno del periodo feriale stesso o successivamente: ‘In tema di definizione agevolata delle liti fiscali ex art. 39, comma 12, d.l. n. 98 del 2011, conv. in 1. n.111 de12011, il periodo di sospensione legale (dal 6 luglio 2011 al 30 giugno 2012) del termine per impugnare di cui all’art. 327 c.p.c. non si cumula col periodo di sospensione feriale (dal 1° agosto . al 15 settembre 2011), essendo quest’ultimo già interamente assorbito dalla concorrente sospensione stabilita in via eccezionale. Se, per effetto di quest’ultima sospensione, il termine effettivo d’impugnazione dovesse scadere nel periodo di sospensione feriale dal 10 agosto al 15 settembre 2012 o in data successiva a tale periodo, la scadenza del termine stesso deve essere ulteriormente spostata secondo le regole ordinarie in materia di sospensione feriale” (Cass. n: 10252/20); e così già Cass. n. 5924/10: “Ai sensi dell’art. 16, sesto comma, secondo periodo, della 1. n. 289 del 2002, nel computo del termine lungo per proporre impugnazione avverso le sentenze relative a controversie tributarie suscettibili di essere definite ai sensi dell’articolo citato, il periodo di sospensione feriale dell’anno 2003 (1 agosto -15 settembre) ricadente nella più ampia fase di sospensione stabilita in via eccezionale dalla norma in esame (1° gennaio 2003-1 0 giugno 2004), resta in essa assorbito e non deve, quindi, ulteriormente computarsi”.
Va poi considerato che il termine semestrale di sospensione legale ex art.11 co. 9 cit. — preordinato a favorire l’accesso all’istituto della definizione – viene dalla legge riconosciuto, senza distinzione alcuna, a tutte le parti della lite definibile, dunque tanto al contribuente quanto all’amministrazione finanziaria, e tanto che si tratti di impugnazione principale quanto che si verta di impugnazione incidentale; inoltre, di esso le parti si avvalgono appunto quale regime legale ed “automatico”, non già a seguito e per effetto dell’esercizio di un’opzione necessitante di dichiarazione preventiva di sorta.
Diverso regime, derogatorio alla sospensione ope legis, è espressamente previsto per la specifica ipotesi nella quale in pendenza del termine per impugnare venga richiesta la definizione della lite e tale richiesta venga respinta dall’amministrazione; nel qual caso, il (solo) contribuente è ammesso ad impugnare, unitamente al diniego di definizione, anche la pronuncia giurisdizionale nel termine di sessanta giorni dalla notifica del diniego stesso (art.11, co. 10, dl cit.).
Nel caso in esame (nel quale l’astratta definibilità della lite non è contestata) la sentenza della CTR (non notificata) è stata depositata il 16 novembre 2016, non notificata, con decorso dei sei mesi ex 327 c.p.c. fino al 16 maggio 2017; essendo quest’ultima data ricompresa tra l’entrata in vigore del D.L. 50/17 cit. ed il 30 settembre 2017, operano i sei mesi di sospensione ex art. 11, co. 9, D.L. cit. con conseguente sua scadenza al 16.11.17, in data ampiamente successiva al ricorso, che come si è detto è stato notificato in data 3 ottobre 2017.
4.- Con il primo ed unico motivo del ricorso, si lamenta la violazione falsa applicazione artt. 1353, 1355, 2932 c.c. 27, 37 e 57 del D.P.R. 131/86
L’Agenzia deduce che la sentenza ex art 2932 c.c. che produce gli effetti del trasferimento del bene a condizione del pagamento del prezzo è sottoposta ad imposta proporzionale dal momento che si tratta di una mera condizione potestativa per l’acquirente, applicandosi quindi alla fattispecie l’articolo 27 comma 3 del D.P.R. 131/ 1986.
Il motivo è fondato, posto che in materia d’imposta di registro, la sentenza ex art. 2932 c.c., che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora impugnabile, trovando applicazione il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, comma 3, alla stregua del quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano, in virtù di condizione meramente potestativa, dalla mera volontà dell’acquirente, ovvero dall’iniziativa unilaterale del prominente acquirente (Cass. n. Cass. 27902/2018; Cass. 7390/2020).
Non è rilevante la circostanza, dedotta da parte controricorrente che la sentenza, fosse ancora soggetta ad impugnazione, atteso il contenuto testuale dell’art.37 DPR n.131/1986, secondo il quale “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili, che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata ingiudicato“. (Cass. n. 12736/2014; Cass. 27902/18; Cass, 30778/2019). Questa Corte ha anche precisato il presupposto del tributo non è dato dall’efficacia esecutiva, bensì dall’esistenza di un titolo giudiziale soggetto a registrazione, tanto che è irrilevante la eventuale sospensione della efficacia esecutiva (Cass. 12480/2018).
Una volta passata in giudicato la sentenza civile, ove il presupposto impositivo sia venuto meno sorge il diritto del contribuente al rimborso (e/o al conguaglio), e può ritenersi la relativa istanza (di rimborso) “implicitamente” proposta all’ufficio già nel corso del giudizio di merito, ciò in ragione del fatto che, come si è detto, ai fini del completamento del procedimento di tassazione dell’imposta di registro, tale diritto sorge al momento della “successiva sentenza passata in giudicato” (art. 37, comma 1, T.U.R.). Inoltre, poiché il comportamento della Agenzia deve essere improntato a criteri di correttezza ed efficienza, dovrebbe essere abbandonata la procedura di riscossione di imposta della quale nelle more sono già maturati i presupposti per il rimborso.
Ciò però presuppone il passaggio in giudicato della (eventuale) sentenza di riforma della sentenza di primo grado e non semplicemente la pubblicazione della stessa. Ha quindi errato il giudice d’appello a ritenere necessario -ai fini impositivi- il prodursi dell’ effetto traslativo e cioè il passaggio in giudicato della sentenza resa ex art 2932 c.c., così come ha errato a valorizzare la riforma della sentenza di primo grado da parte della Corte d’appello di Milano senza verificare se questa seconda sentenza fosse passata in giudicato. La CTR dovrà dunque riesaminare il merito attenendosi ai principi sopra enunciati in tema di condizione sospensiva meramente potestativa, tassabilità della sentenza sottoposta a impugnazione e verificare anche se era passata in giudicato -e non semplicemente depositata – la sentenza della Corte d’appello che ha annullato la pronuncia resa ex art 2932 c.c. accertando se sussistono, pertanto, i presupposti per il rimborso.
Ne consegue in accoglimento del ricorso la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Commissione Tributaria della Lombardia in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio in esse comprese quelle del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia Commissione Tributaria della Lombardia in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio in esse comprese quelle del giudizio di legittimità
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