CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 ottobre 2020, n. 24148
Tributi – Accertamento sintetico – Redditometro – Indici di capacità contributiva – Incrementi patrimoniali
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate notificò a G.R. tre avvisi di accertamento con i quali determinò sinteticamente, ai sensi dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (cosiddetto redditometro), il reddito complessivo dello stesso contribuente per i periodi d’imposta, rispettivamente, 2004, 2005 e 2006, in relazione al contenuto induttivo, tra l’altro, della disponibilità di un’imbarcazione, acquisita in leasing, del valore di circa € 1.220.000,00;
gli avvisi di accertamento furono impugnati davanti alla Commissione tributaria provinciale di Varese (hinc anche: «CTP») che, in accoglimento del ricorso del contribuente, li annullò;
avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle Entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc anche: «CTR») e G.R. propose appello incidentale;
per quanto qui interessa, la CTR accolse parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate con la motivazione: a) quanto, in particolare, alla spesa per l’incremento patrimoniale dell’acquisizione dell’imbarcazione, che la riduzione di € 500.000,00 – affermata dalla CTP sulla considerazione che tale importo sarebbe stato «frutto di permuta con un vecchio natante>> (così la sentenza impugnata) – derivava da un «travisamento delle circostanze di fatto» in quanto la CTP «non si è era res[a] conto che la dichiarazione rilasciata dalla società venditrice del natante che confermava di aver ricevuto euro 500.000 direttamente dall’acquirente del vecchio natante di proprietà dell’appellato non poteva costituire un mezzo di prova a favore dello stesso poiché trattandosi di un bene mobile registrato la permuta/cessione del vecchio natante doveva essere giustificat[a] da idonea documentazione amministrativa (voltura presso il registro nautico) e fiscale (fatturazione) nonché in considerazione anche del fatto che non erano state fornite ulteriori notizie circa il vecchio natante oggetto di permuta/cessione su cui l’Ufficio aveva sollevato il dubbio che il “precedente natante (del contribuente) era sconosciuto all’Anagrafe Tributaria»-, b) quanto all’ulteriore prova contraria che il contribuente aveva offerto ai sensi del sesto comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, che «deve essere condiviso il punto 4) della sentenza impugnata laddove il giudice di prime cure ha sancito che non poteva ritenere assolto l’onere probatorio circa l’importo di euro 150.000 portato dalla scrittura privata data[ta] 25 dicembre 2006 […] trattandosi di negozio di donazione di non modico valore che non aveva la forma di atto pubblico prevista dall’articolo 782 CC. Ne consegue che la scrittura privata in questione poteva costituire solo un indizio della donazione a favore del coniuge del contribuente ma non era utilizzabile come mezzo di prova idoneo a giustificare la capacità di spesa» e che «deve essere confermata la legittimità della sentenza impugnata che ha sancito di non poter considerare l’importo di euro 150.000 recato dalla [stessa] scrittura privata […]. Si osserva che sulla nozione di “modico valore” della donazione di cui all’articolo 783 del c.p.c. [recte: cod. civ.] non sono state fornite prove per la valutazione del patrimonio del donante che il contribuente assume essere “un ingente patrimonio mobiliare ed immobiliare”»; c) «g) […] Il giudice di prime cure ha ritenuto erroneamente che il ricorrente avesse assolto positivamente l’onere della prova annullando gli accertamenti mentre invece tale onere […] non risulta essere stato positivamente assolto relativamente ad euro 500.000 (permuta del vecchio natante) ed euro 150.000 (donazione a favore del coniuge). Ciò significa che […] la quota relativa agli incrementi patrimoniali – 20% dell’importo delle spese sostenute non giustificate – ai sensi dell’articolo 35 co, 5 del DPR 600/73 – è di euro 130.000 (- 650.000/5) che costituisce la base di calcolo dell’imponibile del triennio»; d) «l’appello dell’Ufficio deve essere parzialmente accolto rimandando allo stesso per la ri-liquidazione delle imposte su una diversa base imponibile calcolata alla luce delle motivazioni dell’appello principale e del punto g)»;
per tali motivi, la CTR «accoglieva] parzialmente l’appello dell’Ufficio e manda [va] allo stesso per la liquidazione delle maggiori imposte accertate sull’incremento patrimoniale netto del quinquennio pari a euro 650.000» ;
avverso tale sentenza della CTR – depositata il 25 marzo 2013 e non notificata – ricorre per cassazione G.R., che affida il proprio ricorso, notificato il 7 novembre 2013, a quattro motivi;
l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 17 dicembre 2013;
G.R. ha depositato due memorie.
Considerato che
con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l’insufficiente e contraddittoria motivazione per errore di valutazione delle prove documentali prodotte in giudizio su un punto decisivo rilevato dalla parte e rilevabile d’ufficio» per avere la CTR «riconosciuto] in favore dell’Agenzia il cespite permutato per € 500.000 quale quota di incremento patrimoniale» «erroneamente valuta[ndo] i documenti prodotti in giudizio», in particolare: a) il verbale di contraddittorio del 22 dicembre 2010, dal quale emergeva che «il contribuente [aveva] esibito sia la proposta irrevocabile di acquisto (nella quale è richiamata la permuta), sia la dichiarazione della società di leasing che attesta che la somma di € 500.000 è stata versata alla detta società direttamente dall’acquirente dell’imbarcazione permutata, e [che] l’Agenzia [aveva] riconosciuto la permuta, espungendo il cespite maxirata dalle contestazioni»- b) le controdeduzioni dell’Agenzia delle entrate al ricorso introduttivo, dalle quali risultava che nel primo grado di giudizio l’amministrazione finanziaria aveva «riaffermato che il pagamento della maxirata iniziale per € 500.000,00 [era] avvenuto mediante la permuta di altro natante, e che tale natante era perfettamente conosciuto dalla stessa Agenzia» – tanto che questa parla di «acquisti ripetuti di imbarcazioni perfezionati dal contribuente» e di «acquisto, reiterato, di natanti di metratura importante» (affermazione, quest’ultima, contenuta anche nel ricorso in appello) – e aveva «confermato l’avvenuta permuta e l’eliminazione del cespite per€ 500.000,00»; c) le menzionate «proposta irrevocabile di acquisto e dichiarazione società di leasing»} d) gli «atti propri del ricorrente»;
con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l’insufficiente e contraddittoria motivazione per errore di valutazione delle prove documentali prodotte in giudizio su un punto decisivo rilevato dalla parte e rilevabile d’ufficio» per avere la CTR, «disattendendo tutte le risultanze documentali, riconosc[iuto] in favore dell’Agenzia una scrittura privata di donazione (dal suocero alla moglie del contribuente […]) che il contribuente aveva esibito in sua difesa» «ai fini della giustificazione di disponibilità economiche», incongruamente «considerandola] quale attributivi] di maggior reddito ai fini della quota di incremento patrimoniale negli avvisi di accertamento […], con il terzo motivo, il ricorrente – «qualora dovesse ritenersi di applicare al presente giudizio l’art. 360 epe modificato dall’art. 54 D.L. 22 giugno 2012, n. 83» – denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., «come modificato dall’art. 54 del D.L. nr. 83/2012», l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»;
dopo avere premesso che «le affermazioni della C.T.R., già impugnate nei precedenti primo e secondo motivo di ricorso, in quanto, palesemente, apodittiche e in nessun modo riferibili alla peculiarità della fattispecie concreta, manifestano, in realtà, l’omesso esame da parte della C.T.R. del fatto decisivo del giudizio», il ricorrente deduce che la CTR: a) «come evidenziato nel primo motivo», «ha erroneamente valutato i documenti prodotti in giudizio», in particolare:
a.1) il verbale di contraddittorio del 20 dicembre 2010, dal quale emergeva che «il contribuente [aveva] esibito sia la proposta irrevocabile di acquisto (nella quale è richiamata la permuta), sia la dichiarazione della società di leasing che attesta che la somma di € 500.000 è stata versata alla detta società direttamente dall’acquirente dell’imbarcazione permutata, e [che] l’Agenzia [aveva] riconosciuto la permuta, espungendo il cespite maxirata dalle contestazioni»-, a.2) le controdeduzioni dell’Agenzia delle entrate al ricorso introduttivo, dalle quali risultava che nel primo grado di giudizio l’amministrazione finanziaria aveva «affermato che il pagamento della maxirata iniziale per€ 500.000,00 [era] avvenuto mediante la permuta di altro natante, e che tale natante era perfettamente conosciuto dalla stessa Agenzia» – tanto che questa parla di «acquisti ripetuti di imbarcazioni perfezionati dal contribuente» e di «acquisto, reiterato, di natanti di metratura importante» – e aveva «confermato l’avvenuta permuta e l’eliminazione del cespite per € 500.000,00»; a.3) gli «atti propri del ricorrente»; b) «come evidenziato nel secondo motivo», «ha completamente errato nella valutazione delle prove offerte dal contribuente; nello specifico, ha valutato in suo danno una scrittura privata di donazione che il ricorrente aveva prodotto in sua difesa» «al fine di giustificare disponibilità economiche», incongruamente «considera[ndola] quale attributiv[a] di maggior reddito ai fini della quota di incremento patrimoniale negli avvisi di accertamento […], dovendo, semmai diminuire la contestazione»;
con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., la violazione degli artt. 3 e 53 Cost., atteso che, «[come si rileva dall’esposizione che precede, appare evidente che la decisione oggetto di ricorso viola i principi di cui agli art. 3 e 53 della Costituzione, in quanto basata esclusivamente su un’errata valutazione degli elementi probatori offerti dal contribuente», atteso che: a) ribadito «che la permuta del natante per € 500.000,00 era già stata riconosciuta nell’accertamento con adesione» e che «[tale riconoscimento […] è stato successivamente riaffermato […] nelle controdeduzioni di primo grado», «[appare evidente che riconoscere in favore dell’Agenzia un cespite che già lo stesso ufficio aveva considerato in favore del contribuente in due diversi atti sia una chiara violazione» dei suddetti principi costituzionali; b) la violazione degli stessi principi «si manifesta [anche] nel riconoscimento a favore dell’Agenzia del documento “scrittura privata di donazione” per € 150.000, che da documento prodotto a fini difensivi dal contribuente e volto alla diminuzione delle contestazioni diviene […] documento idoneo ad attribuire maggior reddito a carico del contribuente» ;
il primo e il secondo motivo sono inammissibili; essi sono stati proposti e formulati ai sensi del n. 5) del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. in una versione anteriore alla sostituzione di tale numero operata dall’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che «[l]e disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. […], si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del d.l. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito» (Cass., S.U., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054);
all’impugnata sentenza della CTR, depositata il 25 marzo 2013 (quindi dopo il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore, il 12 agosto 2012, della legge di conversione del d.l. n. 83 del 2012; art. 54, comma 3, dello stesso decreto, che regola l’applicazione nel tempo della novella di cui al suo comma 1, lett. b), si applica, pertanto, il “nuovo” n. 5) del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., il quale non prevede più, quale vizio motivazionale, la denunciata «insufficiente e contraddittoria motivazione […] su un punto decisivo rilevato dalla parte e rilevabile d’ufficio» – formulazione che, in vero, appare corrispondere alla versione del n. 5) del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. addirittura anteriore alla sostituzione di tale articolo a opera dell’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – ma «l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»;
da ciò discende l’inammissibilità dei due motivi, in quanto proposti e formulati dal ricorrente ai sensi del n. 5) del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. in una “vecchia” versione di tale numero, non applicabile al giudizio;
il terzo motivo è inammissibile;
Cass., S.U., n. 8053 e n. 8054 del 2014 hanno altresì chiarito che il “nuovo” n. 5) del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., come sostituito dall’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. n. 83 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e che, pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (nello stesso senso, successivamente, tra le tante, Cass., 27/11/2014, n. 25216, 11/04/2017, n. 9253, 29/10/2018, n. 27415);
nella specie, il ricorrente, pur denunciando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», secondo la “nuova” formulazione del n. 5) del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., lamenta, in realtà, non l’«omesso esame» di fatti storici, ma l’erronea valutazione («ha erroneamente valutato», «ha completamente errato nella valutazione»), da un lato (profilo sub a del motivo), di un atto del procedimento (il verbale di contraddittorio del 20 dicembre 2010), di un atto del processo (le controdeduzioni dell’Agenzia delle entrate al ricorso introduttivo) e degli «atti propri del ricorrente» e, dall’altro lato (profilo sub b del motivo), «delle prove offerte dal contribuente», con riguardo a due fatti storici – rispettivamente, il pagamento di parte (€ 500.000,00) del canone del leasing per l’acquisizione dell’imbarcazione mediante la «permuta» di una precedente imbarcazione (profilo sub a) e la donazione di € 150.000 alla moglie del contribuente da parte del padre di lei (profilo sub b) – che, come risulta inequivocabilmente dalla parte in fatto, la CTR aveva ampiamente preso in considerazione;
pertanto, alla luce dei ricordati principi, affermati da Cass., S.U., n. 8053 e n. 8054 del 2014 e, successivamente, tra le altre, da Cass., n. 25216 del 2014, n. 9253 del 2017 e n. 27415 del 2018, il motivo in esame, lamentando l’erronea valutazione di atti e di elementi istruttori con riguardo a fatti storici comunque presi in considerazione dal giudice – ancorché, in ipotesi, non dando conto di tutte le risultanze probatorie o valutando erroneamente le stesse – non corrisponde al paradigma delineato dall’invocato “nuovo” n. 5) del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ.;
lo stesso motivo deve, perciò, essere dichiarato inammissibile;
anche il quarto motivo di ricorso è inammissibile;
la violazione delle norme costituzionali non può infatti essere prospettata direttamente con il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato a emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (tra le tante, Cass., 17/02/2014, n. 3708, 15/06/2018, n. 15879);
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91, primo comma, cod. proc. civ., e sono liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – comma inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis del suddetto art. 13, se dovuto.
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