CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 agosto 2021, n. 23609
Attività libero professionale – Avvocato – Insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata – Mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo
Rilevato che
la Corte d’appello di Bari ha respinto l’appello dell’INPS, confermando la pronuncia di primo grado con cui era stata accolta la domanda di C.M.A. e dichiarata l’insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, legge nr. 335 del 1995, in relazione all’attività libero professionale dal medesimo svolta quale avvocato iscritto all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo;
la Corte territoriale ha ritenuto che il dato contabile della percezione, nell’anno oggetto di causa (id est: nel 2009), di un reddito di importo inferiore ai 5.000,00 euro rappresentasse «un chiaro indice della natura occasionale (rectius, non abituale) dell’attività, tanto più che l’INPS, su cui incombeva l’onere di provare il fondamento della domanda di pagamento, non (aveva) offerto alcun concreto elemento di prova a supporto della natura abituale dell’attività»;
avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; l’avvocato ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;
la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis cod.proc.civ.
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso l’INPS -ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3 cod.proc.civ.- ha dedotto violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, commi 26-31, della legge nr. 335/1995, dell’art. 18, commi 1 e 2, d.l. nr. 98/2011, conv. con mod. dalla legge nr. 111/2011, dell’art. 21, comma 8, della legge n. 247/2012, dell’art. 44, comma 2, d.l. 269/2003, conv. con mod. dalla legge 326/2003, per avere la Corte di appello ritenuto insussistente l’obbligo di versamento della contribuzione in ragione dell’ammontare del reddito conseguito dal professionista nell’anno di riferimento, inferiore al limite indicato dall’art. 44, comma 2, d.l. nr. 269 del 2003 (id est: Euro 5.000,00);
l’Istituto ha ribadito l’obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli avvocati (per i quali non sorga l’obbligo di iscrizione alla cassa forense) che svolgono in modo abituale l’attività professionale, in base al disposto dell’art. 2, comma 26, I. 335 del 1995 cit., come interpretato autenticamente dall’art. 18, comma 12, d.l. 98 del 2011 cit., non venendo in considerazione l’art. 44, comma 2, d.l. 269 del 2003 cit., che disciplina la diversa ipotesi del lavoro occasionale;
ha sostenuto che, nel caso di specie, in base al dato pacifico secondo cui l’attuale controricorrente svolgeva la professione di avvocato e in mancanza di contestazione sul requisito di abitualità, la Corte di merito avrebbe dovuto affermare il diritto dell’Istituto alla contribuzione pretesa;
il ricorso non può trovare accoglimento;
questa Corte ha affermato che l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. nr. 4419 del 2021; nr. 12419 del 2021; nr. 12358 del 2021);
dirimente, ai fini dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, deve considerarsi, secondo le sentenze richiamate, il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno;
con la precisazione che nell’accertamento in fatto del requisito di abitualità possono rilevare «le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività» oppure, in senso contrario, «la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad euro 5.000,00», senza che nessuno di tali elementi possa di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo;
nel caso di specie, la sentenza impugnata ha valorizzato, quale indice negativo di abitualità, la percezione da parte dell’avvocato nell’anno in contestazione di un reddito inferiore al limite dei 5.000,00 euro nonché l’assenza di elementi probatori di segno diverso della cui deduzione era onerato l’INPS;
il motivo di ricorso dell’INPS, che fa leva sul dato pacifico dell’esercizio della professione di avvocato della controparte e sulla mancata contestazione del requisito di abitualità, risulta anzitutto inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo trascritto il contenuto degli atti processuali da cui dovrebbe desumersi l’operare del meccanismo di non contestazione;
non solo, ma lo stesso principio di non contestazione appare invocato in modo improprio, cioè come mancata contestazione della insussistenza del requisito di abitualità. L’onere di contestazione concerne, infatti, le sole allegazioni in punto di fatto, cioè i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, ovvero i fatti materiali che integrano la pretesa sostanziale dedotta in giudizio, e non si estende alle circostanze che implicano un’attività di giudizio (Cass. nr. 11108/07; Sez. 6 nr. 6606 del 2016). In relazione al caso di specie, il requisito di abitualità, elemento costitutivo della pretesa avanzata dall’INPS, non ha una dimensione meramente fattuale ma implica un’attività di valutazione e, come tale, si sottrae all’operare del principio di non contestazione;
sotto diverso profilo, deve osservarsi come il motivo di ricorso dell’INPS sia stato prospettato in termini di violazione e/o falsa applicazione di legge mentre l’accertamento della abitualità pone una questione di fatto;
la Corte di appello, diversamente da quanto denunciato dall’INPS, ha effettuato, al riguardo, un tipico accertamento di merito, sicchè la pronuncia è conforme ai principi di diritto innanzi esposti;
i giudici, come sopra osservato, hanno considerato la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad Euro 5.000,00 e valutato detto elemento indiziario in uno alla condotta processuale dell’Ente per escludere, in concreto, che l’attività fosse stata svolta con carattere di abitualità. In presenza di tale giudizio, l’INPS avrebbe dovuto censurare il ragionamento decisorio nei termini tracciati dalla Suprema Corte in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod.proc.civ. (v. Cass., S.U. nr. 5083 del 2014);
sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va dunque complessivamente rigettato;
le spese seguono la soccombenza (v. in merito alle spese, in analoga fattispecie, Cass. nr. 7231 del 2021) e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione all’avv.to B.E.B.; sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 marzo 2020, n. 6134 - Nelle controversie di lavoro, l'onere di specifica contestazione dei fatti allegati dall'attore si riferisce ai fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, ovvero ai fatti materiali…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22055 depositata il 22 settembre 2017 - L'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni contenute negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle parti medesime e al…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 novembre 2018, n. 31090 - Licenziamento per abbandono posto di lavoro e sottrazione beni - La differenza fra l'omessa pronuncia e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia si coglie nel senso che,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 gennaio 2022, n. 1394 - Nel sistema del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 49 e segg., ed in particolare dell'art. 57 di quest'ultimo, come emendato dalla…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 novembre 2021, n. 35989 - In tema di non contestazione la mancata contestazione o la contestazione generica possono assumere rilevanza solo se siano specifiche le allegazioni dell'attore; non ne assumono se riguardino…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 marzo 2022, n. 7384 - Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall' esame dei documenti…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il giudice penale per i reati di cui al d.lgs. n.
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 44170 depositata il 3…
- E’ legittimo il licenziamento per mancata es
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30427 depositata il 2 novembre 2…
- Processo tributario: ricorso in cassazione e rispe
Ai sensi dell’art. 366 c.p.c. , come modificato dalla riforma Cartabia (le…
- In tema di IMU la qualità di pertinenza fonda sul
In tema di IMU la qualità di pertinenza fonda sul criterio fattuale e cioè sulla…
- Il giudice può disporre il dissequestro delle somm
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 40415 depositata il 4…