CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16011
Tributi – Tassa sulla pubblicità – Accertamento – Riscossione – Contenzioso tributario
Ritenuto in fatto
Avverso l’avviso di accertamento n. 332/10 emesso dalla concessionaria San M. s.p.a. la MA-PE Costruzione S.p.a. proponeva ricorso alla CTP di Milano, contestando l’infrazione di cui all’art. 1, comma 16, legge 296/96 per non avere assolto il pagamento della tassa sulla pubblicità, per l’anno 2010, relativa all’esposizione di un cartello posto in un cantiere.
Con sentenza n. 177/03/12 depositata il 5.6.2012, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano respingeva il ricorso sulla base dell’art. 6, comma 2, d.gs. 507/93, che stabiliva la solidarietà in capo a colui che vende, produce o fornisce servizi oggetto della pubblicità.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso in appello la società MA- PE, rappresentando che il cartello era esposto all’interno di un cantiere per la costruzione di un immobile dato in appalto per la pubblicità e vendita dalla società committente G. s.r.l. e che quest’ultima aveva provveduto al pagamento dell’imposta, relativa all’anno 2010, alla AIPA S.p.A., concessionaria del Comune di Corbetta, nonché alla regolare comunicazione, in data 12.10.2005, all’Ufficio della Polizia Locale del detto Comune. Chiedeva, pertanto, in riforma della sentenza impugnata, l’annullamento dell’avviso di accertamento.
La San M. s.p.a. resisteva con memoria, eccependo l’inammissibilità dell’appello ex art. 57 del d.lgs. 546/92 e, nel merito, ritenendo legittimo il suo operato.
Con sentenza del 18.7.2013, la C.T.R. Lombardia accoglieva l’appello, sulla base della seguenti considerazioni:
1) dagli atti di causa emergeva che la G. s.r.l. aveva installato il cartello per cui è causa ed aveva provveduto a presentare regolare denuncia alla Polizia Locale del Comune di Corbetta, oltre e soprattutto a corrispondere l’imposta sulla pubblicità per l’anno 2010;
2) nella fattispecie in esame, se era vero che sussisteva l’obbligo solidale ex art. 6, comma 2, del d.lgs. 507/93, era altrettanto vero che, avendo il soggetto passivo versato l’imposta, non poteva sussistere una doppia imposizione;
3) era da ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla resistente, atteso che le “mere difese” sono sempre ammesse, perché attraverso le stesse non si deducono fatti estintivi, modificativi o impeditivi rispetto a quelli dedotti dall’attore, ma consistono nella semplice negazione dei fatti costitutivi posti dall’attore a fondamento della propria pretesa;
4) d’altra parte, non si comprendeva come l’Amministrazione comunale di Vittuone pretendesse l’imposta sulla pubblicità su un cartello su cui era stato assolto l’obbligo di versamento dell’imposta, ancorché corrisposta da altro soggetto coobbligato.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la San M. s.p.a., sulla base di un unico motivo. La MA.PE. Costruzioni Edili s.r.l. non ha svolto difese.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 53 e 57 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR accolto il gravame sulla base dell’avvenuto pagamento dell’imposta di pubblicità da parte del debitore solidale, nonostante in appello fossero inammissibili domande nuove ed eccezioni non rilevabili d’ufficio.
1.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
In primo luogo, la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, il ricorso della contribuente con la quale è stato introdotto il giudizio, onde porre questa Corte nelle condizioni di verificare se già con quell’atto fosse stata o meno formulata l’eccezione di pagamento del debito tributario.
In ogni caso, nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie (recte, in senso lato) o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili (Sez. 6-5, Ordinanza n. 11223 del 31/05/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 22105 del 22/09/2017; Sez. 6-5, Ordinanza n. 31224 del 29/12/2017).
Non è revocabile in dubbio che l’eccezione di pagamento dell’imposta di pubblicità, asseritamente eseguito dalla società committente, non sia un’eccezione in senso stretto (in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale) e, come tale, potesse essere sollevata per la prima volta in grado di appello.
Invero, costituisce eccezione in senso lato, rilevabile di ufficio, quella relativa all’avvenuto pagamento del debito tributario, in quanto correlata al fatto estintivo tipico dell’obbligazione pecuniaria e non implicante la deduzione di situazioni giuridiche nuove, tanto più che le eccezioni in senso stretto sono ravvisabili solo quando vi sia un’espressa previsione di legge in tal senso e che nella materia tributaria è necessario tener conto anche della derivazione legale dell’obbligazione e del connesso principio di capacità contributiva (Sez. 5, Ordinanza n. 9610 del 13/06/2012).
In base all’ultimo comma dell’art. 384 c.p.c., essendo la sentenza qui impugnata conforme al diritto quanto al dispositivo, va corretta la motivazione, nei termini in precedenza esposti, nella parte in cui ha affermato che la deduzione avente ad oggetto l’intervenuto pagamento ad opera del condebitore solidale integrasse gli estremi di una mera difesa, laddove trattavasi di eccezione in senso lato, come tale ugualmente proponibile per la prima volta anche in appello.
Per quanto la questione non sia stata sollevata, è opportuno, infine, evidenziare che il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013; conf. Sez. 2, Ordinanza n. 27998 del 31/10/2018).
2. In definitiva, il ricorso non merita di essere accolto.
Non va adottata alcuna pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio, non avendo l’intimata svolto difese.
Ricorrono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02.