CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 luglio 2018, n. 20234
Tributi – IVA – Attività di promozione e vendita di prodotti di società estera – Fatture emesse con applicazione dell’IVA – Operazioni esenti ex art. 9 del D.P.R. 633/72 e art. 40 del D.L. 331/93 – Rimborso – Legittimità
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 95/40/10 del 24/06/2010 la CTR della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della sentenza n. 299/35/08 della CTP di Milano, che aveva a sua volta accolto l’impugnazione della C. Italia s.r.l. avverso il provvedimento di diniego di rimborso dell’IVA relativa all’anno 2003.
1.1. Il giudice di appello premetteva che: a) L’IVA di cui la società contribuente chiedeva il rimborso ai sensi dell’art. 30, terzo comma, lett. b), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 riguardava fatture emesse nei confronti della C. Europe Ltd. per l’attività di promozione e vendita di alcuni prodotti per conto di quest’ultima; b) la CTP aveva respinto il ricorso perché «riteneva il provvedimento di diniego non sufficientemente motivato e quindi lo riteneva nullo, dato che l’Ufficio richiamava soltanto la norma dello art. 30 del D.P.R. 633/72, 2° e 3° comma, senza tenere conto delle varie ipotesi richiamate in materia di rimborso» e perché il contratto tra le due società era sicuramente un contratto di agenzia, sicché «le fatture emesse dalla contribuente nei confronti della consociata estera erano da ritenersi esenti da IVA come disposto dall’art. 9 del D.P.R. 633/72 e dall’art. 40 del D.L. 331/93 convertito con modifiche nella L. 427/93», ivi comprese le prestazioni accessorie «in quanto attinenti alla prestazione principale »; c) l’Agenzia delle entrate impugnava la decisione della CTP.
1.2. Su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello con i seguenti rilievi: a) con riferimento alla motivazione del provvedimento di diniego di rimborso, «anche questa Commissione, esaminato il detto provvedimento dell’Ufficio di Monza 2-prot. n. 8803/2007, effettivamente deve constatare, così come rilevato dal primo giudice, che la comunicazione dell’Ufficio è del tutto scarna rispetto alle varie ipotesi di cui allo art. 30 del 2° e 3° comma del D.P.R. 633/72 tanto da non consentire al ricorrente di conoscere i motivi del diniego»; b) con riferimento al merito, invece, veniva esclusa la configurabilità di un «contratto di rappresentanza» e riconosciuta la sussistenza di un contratto di agenzia tra le due società, la causa tipica del quale «da inquadrarsi nella nozione di cui allo art. 1742 c.c., non viene mutata da prestazioni accessorie poste convenzionalmente a carico dell’agente»; c) da tale qualificazione deriva che «le fatture emesse dalla 3 COM Italia nei confronti della C. Europe Ltd non devono essere sottoposte ad IVA» e che analogamente «sono esenti da IVA le altre prestazioni accessorie, poste convenzionalmente a carico dell’agente, dato che nella promozione di contratti per conto del proponente rientrano molteplici attività di impulso e agevolazione, finalizzate a suscitare, sostenere incrementare e convogliare verso l’acquisto la domanda del prodotto offerto dall’impresa proponente».
2. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate proponeva tempestivo ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
3. la C. Italia s.r.l. resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce motivazione insufficiente e contraddittoria su fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. e violazione dell’art. 1363 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.1. La ricorrente si duole, in buona sostanza, della qualificazione giuridica di contratto di agenzia che è stata attribuita dalla CTR al negozio regolante i rapporti tra la C. Italia s.r.l. e la C. Europe Ltd., individuato come fatto controverso e decisivo.
2. Va prima di tutto evidenziato che il motivo censura l’unica vera ratio decidendi della sentenza della CTR e, sotto questo profilo, deve ritenersi ammissibile.
2.1. Come correttamente evidenziato dall’Agenzia delle entrate, la decisione della CTR sembra fondarsi, altresì, sul difetto di motivazione della provvedimento di diniego emesso dall’Amministrazione finanziaria.
2.2. Tuttavia, da un lato, all’osservazione che «la comunicazione dell’Ufficio è del tutto scarna rispetto alle varie ipotesi di cui allo art. 30 del 2° e 3° comma del D.P.R. 633/72 tanto da non consentire al ricorrente di conoscere i motivi del diniego», non ne seguono delle specifiche conseguenze giuridiche (i.e. l’annullamento del provvedimento); dall’altro, tali conseguenze non sono state correttamente fatte seguire dalla CTR, atteso che il provvedimento di diniego «non deve avere una motivazione simile a quella prevista da specifiche disposizioni di legge per gli atti costituenti esercizio della potestà impositiva», non avendo «neppure sostanzialmente, natura di avviso di accertamento » (Cass. n. 8998 del 18/04/2014) e che il suo eventuale annullamento non avrebbe di certo comportato il riconoscimento della pretesa della società contribuente, per il quale è comunque necessaria una pronuncia nel merito.
3. Il motivo è, comunque, infondato, atteso che una diversa qualificazione del contratto intercorso tra C. Italia s.r.l. e C. Europe Ltd. (ad es., in termini di mandato, come vorrebbe l’Agenzia delle entrate) non sarebbe per ciò sola risolutiva della questione dell’esenzione IVA riconosciuta alle operazioni di intermediazione dall’art. 40, comma 8, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella I. 29 ottobre 1993, n. 427 (nel testo applicabile ratione temporis).
3.1. Il concetto di intermediazione, di derivazione eurounitaria e fatto proprio dal legislatore nazionale, non trova riscontro nell’ambito del nostro ordinamento positivo e implica una sua interpretazione molto lata, rientrandovi tutte le figure negoziali (tra cui il mandato, la mediazione e l’agenzia), che comportino una interposizione nella circolazione dei beni e dei servizi (cfr. Cass. n. 23999 del 23/10/2013, in motivazione): ha, dunque, ben poca rilevanza la qualificazione giuridica del contratto inter partes in termini di contratto di agenzia ovvero in termini di mandato, non essendo dubbio che, ai sensi del menzionato contratto, la C. Italia s.r.l. si interpone tra la C. Europe Ltd. e l’acquirente finale nella vendita dei prodotti della prima.
3.2. Lo scopo principale del contratto, che caratterizza la comune intenzione dei contraenti, è quello di procedere alla commercializzazione dei prodotti della C. Europe Ltd., atteso che tutti gli altri servizi offerti dalla C. Italia s.r.l. sono volti al più proficuo raggiungimento dello stesso: la C, Europe Ltd. vende hardware e software, dunque è necessario, al fine di rendere appetibile il prodotto, offrire servizi di consulenza sull’utilizzo dei prodotti, di formazione del personale, di finanziamento per l’acquisto, di garanzia e di manutenzione, tutti tesi ad una migliore commercializzazione dei beni offerti alla clientela.
3.3. La circostanza che il contratto abbia, nelle intenzioni dei contraenti, un’unica finalità è comprovata anche dalla pattuizione di un unico compenso sui costi dell’attività complessivamente considerata e non già da un compenso diverso per i singoli servizi offerti, come sarebbe stato logico prevedere nel caso in cui alla C. Italia s.r.l. fossero state chieste delle prestazioni ontologicamente differenziate.
3.4. L’offerta di una pluralità di servizi, a margine del servizio principale di vendita del prodotto, non osta a che l’operazione sia unitariamente considerata a fini IVA. Invero, secondo la CGUE «in taluni casi, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti. Si tratta di un’unica operazione, in particolare, quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso. Ciò accade anche nel caso in cui una o più prestazioni costituiscono una prestazione principale, mentre la o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale.
Una prestazione dev’essere considerata accessoria e non principale quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore (sentenza del 16 aprile 2015, Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie, C-42/14, EU:C:2015:229, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Al fine di stabilire se le prestazioni fornite costituiscano più prestazioni indipendenti o una prestazione unica, occorre individuare gli elementi caratteristici dell’operazione di cui trattasi (sentenze del 17 gennaio 2013, BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 32, e del 16 aprile 2015, Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie, C-42/14, EU:C:2015:229, punto 32). Al riguardo va rilevato, da un lato, che, per determinare se un’operazione che comporta una pluralità di operazioni costituisca un’unica operazione ai fini dell’IVA, la Corte tiene conto dell’obiettivo economico di tale operazione (v., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2009, Don Bosco Onroerend Goed, C-461/08, EU:C:2009:722, punto 39; del 28 ottobre 2010, Axa UK, C-175/09, EU:C:2010:646, punto 23, e del 27 settembre 2012, Field Fisher Waterhouse, C-392/11, EU:C:2012:597, punto 23). Nella sua analisi la Corte tiene parimenti conto dell’interesse dei destinatari delle prestazioni (v., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Wojsko- wa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie, C-42/14, EU:C:2015:229, punto 35)» (così, da ultimo, Corte di giustizia 8/12/2016, in causa C-208/15, Stock ’94).
3.5. I cd. servizi amministrativi e i cd. servizi tecnici ben possono, dunque, rientrare nel concetto di servizi accessori, unico essendo l’obiettivo economico che si sono prefissati i contraenti ed unico essendo anche l’interesse dei destinatari della prestazione di hardware e software, che, secondo l’id quod plerumque accidit, non provvedono all’acquisto di tale tipologia di prodotti se non sono corredati da tutta una serie di servizi accessori quali quelli offerti da C. Italia s.r.l.
3.6. Quanto sopra dimostra che non è certo dalla diversa qualificazione del rapporto come di contratto di agenzia o come contratto di mandato che si possono effettivamente desumere le ragioni di una esenzione dell’IVA, ma va tenuto conto, da un lato, del concetto ampio di intermediazione che deriva dal diritto eurounitario e, dall’altro, di una valutazione unitaria e nel suo complesso dell’operazione economica posta in essere tra le due società e della natura accessoria delle prestazioni di servizi amministrativi e tecnici rispetto ai servizi di promozione e vendita dei prodotti, verso la quale inducono numerosi elementi indiziari acquisiti agli atti.
3.7. In quest’ottica, il contratto inter partes si atteggia come un’operazione economica unitaria avente un’unica causa concreta, essendo volto allo scopo di commercializzare i prodotti di C. Europe Ltd.; e a questo fine i servizi cd. amministrativi e cd. tecnici si pongono unicamente come prestazioni accessorie della prestazione principale, soggetti pertanto alla medesima esenzione IVA cui sono soggette le operazioni di intermediazione.
3.8. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «in tema di IVA, il contratto con il quale un soggetto italiano (nella specie, una società operante nel ramo informatico) si impegna, a fronte della pattuizione di un compenso unitariamente determinato, a commercializzare i prodotti di un altro soggetto appartenente alla UE offrendo, altresì, una serie di altri servizi, tecnici e amministrativi, costituenti il mezzo per una migliore fruizione dei prodotti commercializzati, va considerato, ai fini dell’applicazione dell’imposta, quale un’unica operazione economica, sicché non è possibile scindere i servizi di intermediazione propriamente detti dagli altri servizi offerti, da ritenersi accessori ai primi. Ne consegue che, se per i servizi di intermediazione resi da un soggetto italiano ad altro soggetto di altro Stato membro della UE trova applicazione l’esenzione da IVA di cui all’art. 40, comma 8, del di. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella I. 29 ottobre 1993, n. 427 (nel testo applicabile ratione temporis), sono esentati dall’imposta anche i servizi accessori».
4. In conclusione, il ricorso va rigettato.
5. La peculiarità delle questioni giuridiche affrontate nel presente giudizio giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.