CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 maggio 2018, n. 13976
Ordinanza ingiunzione – Disciplina del lavoro a progetto – Mancata individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso – Automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione – accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione – Esclusione
Rilevato in fatto
Che, la Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 385 del 27 marzo – 3 settembre 2012, in riforma della sentenza del Tribunale di Varese, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto da P.M. ed ha respinto l’opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione provinciale del lavoro di Varese nei confronti della S. s.r.l. e del suo legale rappresentante, recante sanzioni amministrative per varie irregolarità, riferite a diversi lavoratori a progetto ritenuti subordinati a seguito di attività ispettiva espletata all’interno della sala BINGO gestita dalla società, connesse alla mancata comunicazione al Centro per l’impiego della loro assunzione e cessazione dell’impiego ed all’Inali dei relativi corretti codici fiscali, nonché alla consegna delle buste paga ed ai dati ivi riportati per rimborsi chilometrici;
che, in particolare, la Corte territoriale, dopo aver ricordato che il primo giudice aveva dichiarato inammissibile l’opposizione proposta dalla S. s.r.l. in quanto non destinataria della notifica dell’ordinanza, rivolta personalmente al legale rappresentante P.M., ha dato atto che erano stati proposti dalla S. s.r.l. e dal M. interveniente ex art. 105 cod. proc. civ. in primo grado, separati appelli poi riuniti ed ha ritenuto parzialmente fondato l’appello della società in punto di affermata inammissibilità dell’opposizione mentre era inammissibile l’appello del M. perché non aveva opposto l’ordinanza, quanto al merito della vicenda, la Corte territoriale ha ritenuto legittima l’ordinanza ingiunzione, in quanto il frutto dell’attività ispettiva era stato regolarmente ed analiticamente riportato nei verbali notificati alla parte ed i progetti posti a fondamento delle attività di collaborazione erano del tutto generici e riferiti all’ attività istituzionale della società, con palese violazione del disposto degli artt. 61 e 69 del d.lgs. n. 276 del 2003;
che avverso tale sentenza ricorrono per cassazione S. s.r.l. e P.M. per i seguenti motivi: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 62 d.lgs. n. 276 del 2003 ed omesso esame del fatto decisivo dei contenuti specifici del progetto; b) violazione dell’art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2003 ed omesso esame dell’ eccezione di inesistenza di allegazioni avversarie ex art. 2697 cod. civ. in ordine alla riqualificazione dei rapporti di lavoro, posto che la sentenza impugnata non aveva accertato la nullità del progetto;
che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali resiste con controricorso e propone ricorso incidentale subordinato per un motivo relativo alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. perché il Ministero aveva sollevato in appello l’eccezione di inammissibilità del ricorso in opposizione proposto dalla Società senza che la sentenza impugnata avesse fornito risposta; che avverso tale ricorso incidentale, resistono i ricorrenti principali con controricorso;
Considerato in diritto
che i due motivi del ricorso principale, da trattare congiuntamente, in quanto riferiti alla corretta applicazione della disciplina del lavoro a progetto di cui agli artt. 61 e ss. d.lgs. n. 276 del 2003 e della regola di riparto dell’onere probatorio correlata alla posizione delle parti di tale rapporto, sono infondati alla luce dei seguenti principi affermati da questa Corte secondo cui: a) il contratto di lavoro a progetto, disciplinato dal d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 61, prevede una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale e determinati dal committente, ma gestiti dal collaboratore senza -soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione (cfr. Cass. 29.5.2013 n. 13394, Cass. n. 23021/2014); b) in tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (“ratione temporis” applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della 1. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (cfr. Cass. n. 17488/2016; n.17127 del 17/08/2016 n. 12820 del 21/06/2016);
che questa Corte ha pure affermato che il progetto concordato non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale ( Cass. n. 17636 del 6 settembre 2016; Cass. n. 15922 del 2013) pur non applicandosi, ratione temporis, alla fattispecie in esame l’art. 1, comma 24, legge n. 92 del 2012 (a mente del quale l’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato), risulta comunque corretta la statuizione della corte di merito, non sussistendo alcuna violazione dell’ art. 2697 cod. civ. dal momento che non si rinvengono nella sentenza affermazioni in contrasto con le regole di ripartizione degli oneri probatori di cui all’art. 2697 cod. civ. o art. 112 cod. proc. civ. , nel senso che la valutazione dei contenuti del progetto è stata effettuata attraverso il richiamo al testo acquisito durante l’attività ispettiva e non si deciso ponendo l’onere della prova a carico di una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate in materia, né la Corte ha giudicato sulla base di prove non prodotte o richieste dalle parti, attribuendo valore diverso da quello legale: al contrario, la Corte ha congruamente e esaustivamente fondato il suo giudizio su una valutazione complessiva degli elementi probatori acquisiti in giudizio, esaminando soprattutto i documenti contrattuali acquisiti dagli ispettori verbalizzanti, i quali sono stati liberamente apprezzati dal giudice, secondo gli insegnamenti di questa Corte (Cass. 6 settembre 2012, n. 14965);
che, dunque, in mancanza di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, la conversione automatica in rapporti di lavoro subordinato non può essere evitata dal committente-datore di lavoro neppure provando che la prestazione lavorativa sia stata caratterizzata da una piena autonomia organizzativa ed esecutiva come correttamente ritenuto dal giudice del gravame;
che, alla luce di quanto esposto, il ricorso va rigettato restando, dunque, preclusa da tale esito la disamina del ricorso incidentale condizionato proposto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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