CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 10094 depositata il 14 aprile 2023
Tributi – Rateizzazione delle somme dovute a titolo di IRAP – Manifestazione di acquiescenza del debito tributario – Avviso bonario – Facoltà di impugnativa – Accoglimento – giudicato – in tema di contenzioso tributario, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l’Amministrazione chiede il pagamento di un tributo – la motivazione è apparente quando «le considerazioni svolte “non disvelano il percorso logico-giudico seguito dal decidente” e “l’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata
Rilevato
1. Il contribuente avv. (…) avvocato del libero Foro, impugna la sentenza n. 1810/02/2021 resa dalla CTR per il Lazio che, previa riforma della decisione della CTP di Roma espressasi in suo favore, accoglieva l’appello promosso dall’Ufficio.
Segnatamente, il Collegio d’appello attribuiva valenza di manifestazione di acquiescenza del debito tributario alla richiesta di rateizzazione delle somme dovute a titolo di IRAP, presentata dal contribuente a seguito della notifica della comunicazione ex art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 in relazione all’anno d’imposta 2011 nonché al successivo versamento di alcune rate del tributo.
2. Insorge con ricorso il contribuente che si affida a due motivi, cui resiste l’Avvocatura dello Stato con tempestivo controricorso.
Considerato
1. Con il primo motivo la parte ricorrente avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per violazione degli artt. 36 bis d.P.R. n. 600/1973, 2, co. 2, e 3-bis, co. 1, d.lgs. n. 462/1997 e 17, co. 2 e 3, d.lgs. n. 472/1997, per violazione e falsa applicazione dell’art. 15-ter, co. 1, d.P.R. n. 602/1973, dell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 nonché dell’art. 24 Cost. e per palese contrasto con i principi espressi in materia dalla Suprema corte. In sostanza, con articolata doglianza ove richiama i principi resi da questa Corte con la sentenza S.U. n. 9451/2016, il contribuente critica la decisione del Collegio d’appello nella parte in cui ha ritenuto che il versamento di alcune rate del debito IRAP portato dalla comunicazione ex art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973, a fronte della quale lo stesso aveva avanzato richiesta di rateizzazione, potesse essere inteso come acquiescenza, non essendo l’avviso bonario incluso tra gli atti autonomamente impugnabili di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546/92.
2. In materia questa Corte ha affermato che non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine aran debeatur”, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario. (cfr. Cass. V, n. 3347/2017).
2.1 Nella fattispecie in esame il contribuente non ha prestato acquiescenza al debito tributario portato dall’avviso bonario giacché la sua autonoma impugnabilità è facoltà ma non onere. Ed infatti, in tema di contenzioso tributario, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l’Amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili. Il giudice investito dell’impugnazione non può, però, annullarli ritenendo che i predetti debbano avere gli stessi requisiti di quelli indicati nell’art. 19 cit. ed in particolare che in essi debba essere contenuta l’indicazione, prevista nel comma 2 dello stesso art. 19, del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto, della commissione tributaria competente e delle forme e dei termini per proporre ricorso, essendo tali requisiti, previsti, peraltro neppure a pena di nullità, soltanto per gli atti tipici (cfr Cass. V, n. 10987/2011).
2.2 Sul punto è intervenuta altresì questa Corte a Sezioni unite, affermando che in tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla I. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva. (Cfr. Cass. S.U. n. 18298/2021).
Donde il motivo è fondato e merita accoglimento.
3. Con il secondo motivo la parte ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111, co. 6, Cost., dell’art. 132, co. 2, n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 36, co. 2 e 4, d.lgs. n. 546/92 per motivazione apparente in parametro all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c..
3.1 In sintesi lamenta l’illegittimità della decisione impugnata per non aver la CTR approfondito gli elementi posti alla base del suo scrutinio e, in primis, la decisione assunta in favore del contribuente dalla CTP nella diversa sentenza n. 11584/2018 in relazione all’anno d’imposta 2012: ivi la CTP riteneva infatti la dichiarazione dei redditi sempre emendabile, anche in pendenza di ricorso, sicché nulla ostava all’impugnazione dell’atto impositivo. Orbene, la CTR disattendeva tale precedente posto che ivi l’oggetto contendere era l’assoggettabilità ad IRAP di una determinata attività in cui potesse essere configurata una autonoma organizzazione, ma soggiungeva che detta questione non era oggetto di scrutinio stante la prestata acquiescenza all’avviso bonario, non impugnato, e di cui era stata richiesta la rateizzazione con versamento di alcune rate.
4.Occorre premettere che la motivazione è apparente quando «le considerazioni svolte “non disvelano il percorso logico-giudico seguito dal decidente” e “l’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata» (Cfr. Cass., V, n. 11983/2021). Nella fattispecie in esame la CTR ha ben illustrato il ragionamento logico seguito, dimostrando di ritenere diverse le fattispecie concrete sottese ai due pronunciamenti. Né la parte ricorrente ha adempiuto all’onere che le competeva, ossia di trascrivere, in seno al ricorso, la sentenza citata n. 11584/2018 onde consentire a questa Corte di appurare l’identità delle fattispecie concreta, solo dedotta (cfr. pag. 16 del ricorso) ma non comprovata.
4.1 Irrilevante è altresì la circostanza che la sentenza n. 11584/2018 sia divenuta definitiva, tenuto conto che «la sentenza del giudice tributario fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi a una pluralità di periodi di imposta (ad es. le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumano carattere tendenzialmente permanente (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20029 del 30/09/2011; conf. Sez. 5, Sentenza n. 13079 del 25/07/2012, n. 6953/2015; v. Cass. n. 13152 del 16/05/2019, cit., Cass. 29401/2019)» (Cfr. Cass., VI, n. 26131/2021). Peraltro non risulta che il contribuente abbia richiesto al giudice tributario di accertare in punto di fatto l’insussistenza degli elementi costitutivi della specifica pretesa erariale, ma di aver ritenuto unilateralmente di non esservi tenuto in virtù del principio di diritto sancito da questa Corte con la sentenza S.U. n. 9451/2016.
Il motivo è pertanto infondato prima che inammissibile.
5. Conclusivamente il ricorso va accolto per le ragioni attinte al primo motivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per il Lazio, Roma, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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