Corte di Cassazione, ordinanza n. 10820 depositata il 24 aprile 2023

imposte dirette ed IVA avviso di accertamento

Rilevato che:

Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, ed accoglieva quello incidentale proposto da O.D.M. srl in liquidazione avverso la sentenza n. 45/4/14 della Commissione tributaria provinciale di Treviso, che aveva parzialmente accolto il ricorso della società contribuente contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2005.

La CTR, nella parte della sentenza impugnata che qui rileva, osservava in particolare che, nonostante che fosse pacifico che nell’annualità oggetto della verifica la società contribuente non avesse presentato dichiarazioni fiscali, tuttavia la metodologia induttiva utilizzata dall’agenzia fiscale per accertarne il reddito ai fini delle imposte dirette ed il volume d’affari ai fini IVA non era adeguata al caso di specie e che comunque l’agenzia fiscale medesima non aveva tenuto in alcun conto le giustificazioni date dalla società contribuente nella fase del contraddittorio endoprocedimentale.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

O.D.M. srl in liquidazione, M.D. e P.G. non si sono costituiti.

Considerato che:

Con il primo motivo –ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 18, 53, d.lgs 546/1992, poiché la CTR non ha rilevato l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dalla società contribuente, dichiaratamente già cancellata dal registro delle imprese.

La censura è fondata.

Basti ribadire che «La cancellazione dal registro delle imprese comporta  l’estinzione  della  società  e  la  priva  della  capacità processuale, sicché, qualora l’estinzione intervenga in pendenza di un giudizio di cui la società è parte, si produce un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ.. Ne consegue che, qualora siffatto evento non sia stato fatto constare processualmente nei modi di legge, nondimeno l’eventuale impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve, a pena d’inammissibilità, provenire dai soci o essere nei loro confronti indirizzata, posto che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può, comunque, eccedere il giudizio nel quale l’evento interruttivo è occorso e che la legittimazione processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 cod. proc. civ., per effetto della vicenda estintiva, in capo ai predetti soci, tra i quali viene in rilievo una situazione di litisconsorzio necessario, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale» (Sez. 5, Sentenza n. 23574 del 05/11/2014, Rv. 633122 – 01).

È pertanto evidente che l’appello incidentale della società contribuente doveva essere dichiarato inammissibile dal giudice tributario di appello.

Con il secondo motivo –ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 38, 39, 41, dPR 600/1973, 55, dPR 633/1972, 2697, cod. civ., poiché la CTR ha negato la legittimità dell’avviso di accertamento induttivo impugnato, pur trattandosi di un caso di omessa dichiarazione tributaria.

La censura è fondata.

Anche con riguardo a questo mezzo risulta sufficiente dare seguito al principio di diritto secondo il quale «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, il potere – dovere dell’Amministrazione è disciplinato non già dall’art. 39, bensì dall’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, ai sensi del quale, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, l’Ufficio determina il reddito complessivo del contribuente medesimo; a tal fine, esso può utilizzare qualsiasi elemento probatorio e può fare ricorso al metodo induttivo, avvalendosi anche di presunzioni cd. supersemplici – cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 38, comma 3, del d.P.R. citato -, le quali determinano un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante dalla somma algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio» (Cass., n. 14930 del 15/06/2017, Rv. 644593 – 01).

Pacifico che si verta in un caso di omessa dichiarazione tributaria, quindi evidente risultando la collisione radicale della sentenza impugnata con il citato arresto giurisprudenziale, il giudice del rinvio dovrà misurarsi con lo stesso, anche con riguardo alle contro allegazioni difensive della società contribuente.

In conclusione, accolto il ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.