CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 24351 depositata il 10 agosto 2023
Tributi – IRES – IRAP – IVA – Avviso di accertamento – Spesometro integrato – Dati contabili – Reddito societario – motivazione apparente
Rilevato che
– l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, previa riunione, aveva rigettato sia l’appello proposto dall’Ufficio che quello proposto da P. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 2253/18/2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno che aveva accolto parzialmente il ricorso della suddetta società avverso l’avviso di accertamento (…) con il quale l’Ufficio aveva contestato nei confronti di quest’ultima, ai sensi del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 32 e art. 39 comma 2, un maggior reddito d’impresa ai fini Ires, Irap e Iva, per l’anno 2012;
– in punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1) con sentenza n. 2253/18/2017, la CTP di Salerno aveva accolto parzialmente il ricorso di P. s.r.l. avverso l’avviso di accertamento n. (…) annullando la ripresa in ordine ai maggiori ricavi contestati e confermando quella concernente i costi ritenuti non documentati; 2) avverso la sentenza di primo grado avevano proposto appello, quanto alla rispettiva soccombenza, sia l’Agenzia che la società contribuente;
– in punto di diritto, la CTR, per quanto di interesse, ha affermato che: 1) infondato era l’appello dell’Ufficio che nulla aveva dedotto in ordine alla asserita mancata produzione in giudizio dello “spesometro integrato” al fine di consentire la verifica della correttezza dei dati contabili sui quali era stato fondato l’accertamento; 2) del tutto criptico e illegittimo era stato il modus procedendi dell’Ufficio che, neppure in sede giudiziale, aveva consentito alla contribuente la verifica dell’effettività dei dati contabili sui quali era stato operato, a seguito della mancata risposta alla richiesta di documenti, l’accertamento induttivo mediante utilizzo dello “spesometro integrato”;
– la società contribuente resiste con controricorso.
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., del d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 1, 2 e 36132 e art. 274 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per avere la CTR confermato l’annullamento della ripresa concernente i maggiori ricavi, con una motivazione apparente, affermando, da un lato, la mancata produzione in giudizio da parte dell’Ufficio della Banca dati Clienti e Fornitori c.d. “spesometro integrato” al fine di dimostrare la correttezza dei dati posti a fondamento dell’accertamento sebbene l’estratto informatico dello stesso fosse stato allegato all’atto di appello e l’avviso di accertamento esplicitasse le modalità di ricostruzione del reddito della società, e, dall’altro, la non intellegibilità delle modalità del procedimento di recupero inidonee a consentire alla contribuente di verificare i dati sui quali era fondato l’accertamento induttivo; ciò, ad avviso della ricorrente, con una motivazione che, essendo contraddittoria rispetto alle risultanze documentali del giudizio, era priva di argomenti a confutazione;
– il motivo è infondato;
– invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, (tra le tante: Cass., sez. 1 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., sez. 5, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, n. 28829 del 2021). Nella specie, la sentenza impugnata contiene una sufficiente esposizione delle ragioni sottese al rigetto dell’appello dell’Ufficio, avendo la CTR ritenuto che, a fronte dell’accertamento di maggiori ricavi, sulla base del metodo induttivo, a seguito della mancata risposta della società contribuente alla richiesta di documenti, l’Ufficio nulla avesse dedotto in ordine alla asserita mancata produzione in giudizio degli elementi derivanti dallo “spesometro integrato” al fine di consentire la verifica della correttezza dei dati sui quali era stato fondato l’accertamento; il giudice di appello ha poi aggiunto che la ricostruzione da parte dell’Ufficio dei maggiori ricavi con metodo induttivo attraverso l’utilizzo dello spesometro integrato – dal quale era emersa l’incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli effettivi, prendendo come riferimento le operazioni comunicate dagli operatori commerciali clienti della società – costituiva un modus procedendi del tutto criptico e illegittimo non essendo consentito alla contribuente, neppure in sede giudiziale, di verificare l’effettività dei dati contabili sui quali era stato fondato l’accertamento; trattasi, dunque, di un apparato argomentativo ben al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Cass., sez. un., n. 8053/2014; Cass., sez. 5, sentenza n. 11106 del 6/04/2022);
– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 32 e art. 39 comma 2, e art. 2697 c.c. per avere la CTR rigettato l’appello dell’Ufficio sebbene quest’ultimo avesse legittimamente, a seguito della mancata risposta da parte della contribuente all’invito di fornire dati e notizie ai sensi del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 32 fatto ricorso per la ricostruzione dei maggiori ricavi al metodo induttivo “puro” mediante l’utilizzo di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, quale il c.d. “spesometro integrato”, l’estratto del quale (“Prospetto di dettaglio delle operazioni fatturate dalla società”) era stato allegato all’atto di appello;
– il motivo è fondato;
– va, innanzitutto, premesso che l’accertamento induttivo puro svolto nella specie ai sensi del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 39 comma 2, consente all’Amministrazione finanziaria di prescindere del tutto dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili e di determinare l’imponibile sulla base di elementi meramente indiziari, ancorché inidonei ad assurgere a prova presuntiva ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c. (Cass., Sez. V, 8 marzo2019, n. 6861; Cass., sez. 5, 18 dicembre 2019, n. 33604; Cass., sez. 5, 24 luglio 2013, n. 17952), ma costituenti presunzioni “supersemplici”, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass., sez. 5, 17/7/2019, n. 19191), quando i dati in esse contenuti siano assolutamente inattendibili e tali da inficiare l’utilizzabilità anche di quelli apparentemente regolari (Cass., sez. VI, 14 novembre 2014, n. 24278; Cass., sez. 5, 30 settembre 2016, n. 19477; Cass., sez. 5, 9 giugno 2017, n. 14376), ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria, ossia di dimostrare di non avere conseguito il reddito accertato (Cass., sez. 5, 27/02/2020, n. 20793) ovvero di avere conseguito un reddito inferiore a quello indicato dall’ufficio (Cass., sez. 5, 2/07/2014, n. 15027; Cass. sez. 5, n. 12127 del 2022);
– nella specie, stante la mancata risposta da parte della P. s.r.l. all’invito dell’Ufficio, del d.p.r. n. 600 del 1973, ex art. 32 comma 1, n. 3, e del d.p.r. n. 633 del 1972, art. 51 comma 2, n. 2 di fornire documentazione contabile utile al controllo in corso per l’annualità 2012, l’Agenzia ha emesso l’avviso di accertamento in questione, ai sensi del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 39 comma 2, recuperando, per quanto ancora di interesse, maggiori ricavi, ai fini Ires, Irap e Iva, per il 2012, sulla base dei dati desunti dalla Banca dati Clenti e Fornitori c.d. “spesometro integrato” (v. stralcio della motivazione dell’avviso di cui a pag. 9 del ricorso);
– costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello per il quale “nel regime introdotto dalla l. 27 luglio 2000, n. 221, art. 7 l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento” (così Cass., n. 6914 del 25/03/2011; conf. Cass. Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017; si veda anche Cass. n. 21066 del 11/09/2017; n. 1134 del 20 gennaio 2020);
– orbene, nella sentenza impugnata, la CTR – a fronte dell’accertamento induttivo puro operato dall’Ufficio sulla base dei dati dello “spesometro integrato” – ha annullato la ripresa in quanto l’Ufficio “nulla (aveva) dedotto in ordine alla mancata produzione in giudizio degli elementi derivanti dallo spesometro integrato” per cui appariva evidente “come tale modus procedendi fosse del tutto criptico ed illegittimo non consentendo al contribuente, neppure in sede giudiziale, di verificare l’effettività dei dati contabili sui quali era stato operato l’accertamento induttivo”; con ciò la CTR, in violazione dei principi di diritto sopra richiamati, ha, in sostanza preteso l’allegazione dell’intero documento richiamato nell’avviso, laddove era sufficiente la trascrizione o allegazione della parte essenziale dello stesso, senza valutare, al riguardo, anche la portata del c.d. “prospetto di dettaglio delle operazioni fatturate dalla società”, allegato all’atto di appello (e riprodotto dall’Ufficio, in ossequio al principio di autosufficienza, nell’apposito fascicoletto), che, ad avviso dell’Agenzia, costituiva l’estratto dello spesometro medesimo;
– in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, con cassazione della sentenza impugnata – in relazione al motivo accolto – e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata – in relazione al motivo accolto – e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.